Addio a Rino Tommasi

08 Gennaio 2025

È scomparso oggi il celebre giornalista sportivo. Tennis e boxe i suoi terreni preferiti, l'atletica sport di famiglia (il padre Virgilio fu primatista italiano del lungo)

È morto questa mattina, all'età di 90 anni, Rino Tommasi, uno dei più celebri giornalisti sportivi italiani. E' stato a lungo "prima firma" della Gazzetta dello Sport per la boxe e per il tennis, ma è in TV che ha trovato la definitiva consacrazione, tra le reti Mediaset e l'esperienza pay, prima a Tele+, poi a Sky Sport, dove ha segnato, con la sua voce, innumerevoli eventi. Indimenticabili le telecronache in coppia con Gianni Clerici, la sua "spalla" al commento nelle lunghe dirette di tennis. Alla famiglia Tommasi vanno le più sentite condoglianze del presidente FIDAL Stefano Mei, del Consiglio federale e di tutta l’atletica.

Di seguito pubblichiamo un ricordo firmato da Nicola Roggero, giornalista di Sky Sport.

Ha innovato il linguaggio della televisione, regalando definizioni entrate nella storia, dal “Circoletto Rosso” per un punto particolarmente bello e importante nel tennis al “Personalissimo cartellino” nella boxe. Ma se Rino Tommasi è passato alla storia come voce di queste due discipline, in realtà adorava e capiva tutti gli sport, a cominciare proprio dall’atletica, respirata sin da bambino: il papà Virgilio è stato il primatista italiano del lungo prima della grande epopea del leggendario Arturo Maffei, lo zio Angelo pluricampione italiano di salto in alto. Anche per questo l’Olimpiade era la sua Disneyland, presenza costante da Roma 1960 sino a Pechino 2008, provando a non perdersi nulla saltando da un’arena all’altra: occhio di riguardo, oltre che per boxe e tennis, proprio a quanto avveniva in pista e sulle pedane, sempre armato di un taccuino su cui annotare tempi e misure e tante altre cose.

Dotato di una memoria da computer che gli consentiva di elencare risultati, dati, informazioni che rendevano inutile la consultazione degli annali e una volta, in sala stampa, un cronista straniero gli chiese quando era nato un certo tennista, lui non se lo ricordava. “Se non lo ricordi tu, vuol dire che quel tennista non è mai nato”, concluse l’interlocutore. Citava sempre Howard Cosell, il più grande telecronista sportivo della storia degli Stati Uniti e l’autobiografia che cominciava così: “Metà degli americani mi odia, l’altra metà mi vorrebbe veder morto”. Un’esagerazione per spiegare che, quando si formulano giudizi, è inevitabile ricevere dissenso. Rino, in tal senso, non si è mai tirato indietro, potevi non condividere la sua opinione critica, non il magistero tecnico da cui era scaturita, e in 9 casi su 10 aveva ragione lui.

Ti spiegava che il tifo è una malattia, invito a non essere di parte, e a usare correttamente i termini: detestava “Finalissima” (“definizione da sagra di paese, nello sport c’è la finale”) e quando si utilizzava “matematico” al posto di “aritmetico”, e aveva ragione anche qui. Con Gianni Clerici formò un doppio, mai termine fu più corretto, che è il massimo esempio di telecronaca a due voci nello sport, e sarà ragionevolmente difficile far meglio di due così bene assortiti, la precisione aritmetica (appunto) sommata alla poesia. Ciao Rino, campione immenso del microfono. Una carriera da circoletto rosso.

Nicola Roggero



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