Atletica, storie di famiglia
24 Giugno 2014di Giorgio Cimbrico
Affari di famiglia, legami cromosomici, miracoli dell’ereditarietà. Con un dato certo, solido: Matti Nurmi non valeva suo padre. L’11 luglio 1957, a Turku, nel giorno della saga degli Olavi (Salsola 3’40”2, Salonen 3’40”2, Vuorisalo 3’40”3, tutti e tre sotto il 3’40”8 mondiale dell’ungherese Istvan Roszavolgyi) il figlio di Paavo finì nono, in 3’54”8, a due secondi abbondanti dal record mondiale firmato dal Grande Silenzioso 33 anni prima.
Gianni Del Buono, Federica Del Buono e Rossella Gramola (foto Colombo e archivio FIDAL)
Una morale prima ancora di cominciare: si può nascere con geni di qualità extra e non rinverdire la tradizione di famiglia, il repertorio che proprio in questo periodo viene offerto da Federica Del Buono, figlia di Gianni e di Rossella Gramola, dotata di forte personalità (dal titolo mediterraneo under 23 all’europeo per nazioni il passo è stato rapidissimo) e già in grado di strappare a mamma i record di famiglia su 800 e 1500. Un particolare non di poco conto a favore di Fede: per lei, padre e madre cresciuti nella corsa, rimasti in questo nostro mondo, allenatori. La madre di Matti non aveva alcun interesse per l’atletica e fece di tutto perché il figlio si dedicasse ad altro e lo stesso giovanotto confessò che del padre ammirava soprattutto le capacità affaristiche. C’è qualcosa di legato alla Finlandia anche nella vita in pista di Del Buono: quando nel ’72 diede una violentissima scossa al record italiano dei 5000 (dal 13’40” di Francesco Arese a un 13’22”4 di dimensione assoluta: il record del mondo era 13’16”4 di Lasse Viren) si lasciò alle spalle Juha Vaatainen, il basettuto che con due stordenti volate aveva messo le mani sui titoli europei di 5000 e 10000 assestando una svolta a una certa monotonia che a quel tempo gravava sulle distanze lunghe.
Eddy e Laurent Ottoz (foto Colombo e archivio FIDAL)
Non c’è dubbio che se in campo italiano il più grande trasmettitore di doti legate alla stirpe sia stato Eddy Ottoz (per merito suo e di Laurent il record italiano dei 110hs è stato in mano per 38 anni alla famiglia valdostana che poteva contare anche su Patrick e Pilar), il primato in campo mondiale va attribuito a Yuri Sedykh. Primo matrimonio con la bella Liudmila Kondratieva, russa d’Oriente, oro nei 100 a Mosca ’80, i Giochi che Yuri aveva preso a martellate con il secondo dei suoi cinque record del mondo. Nell’85 nacque Oksana che, con il nome della madre, appare al settimo posto, con 77,13, nella lista all time del lancio amato da papà. Dopo il divorzio, secondo matrimonio, ancora con una campionessa olimpica ma di altra stazza, Natalya Lisovskaya, originaria della repubblica di Bashkiria. Dopo il trasferimento in Francia della coppia, nasce Alexia che tra il peso lanciato dalla madre e quello legato a un filo preferito da papà, ha scelto il secondo. Con il titolo olimpico giovanile conquistato a Singapore nel 2010. Yuri, di radice ucraina, e Natalya costituiscono l’unica coppia di primatisti mondiali con record ancora in corso legale. Anche Sergei Litvinov, spesso frettolosamente etichettato come eterno secondo, non scherza. Il figlio (Sergei anche lui: scarsa fantasia…) ha seguito le stesse orme senza però riuscire a metter le mani sul record di famiglia che rimane con 86,04 a Litvinov senior. Ma anche Litvinov junior non è male: 80.98.
Un esempio di legame a un esercizio così assoluto da trasformarsi in una sorta di culto è concesso dalla famiglia Lusis: Janis, sovietico ma profondamente lettone, campione olimpico, primatista mondiale, quattro volte campione europeo e Elvira Ozolina, campionessa olimpica e europea e primatista mondiale, hanno messo al mondo Voldemars che non vale i genitori, quest’anno entrambi approdati al 75° compleanno, ma è comunque riuscito a piantare la “lancia” a 84,19.
Non si conosce il retroterra atletico del signor Dibaba ma è certo che, con l’alleanza dell’ambiente (Bekoji, altopiano dell’Etiopia, ben al di sopra dei 2000 metri), qualcosa deve aver trasmesso alla sua numerosa figliolanza. In scena, quest’inverno, è violentemente salita Genzebe, sottraendo a Tirunesh il primato di famiglia dei 3000 indoor dopo essersi impadronita di quello dei 1500. Per i 5000 (14’11”15) la faccenda sembra piuttosto dura. La prima a farsi conoscere fu Eyegayenu, argento olimpico, e se si allargano i confini, sullo sfondo appare una cugina speciale, Derartu Tulu. Pare che le novità non siano esaurite: in un tal gineceo si sta facendo largo il maschio di famiglia, Dejene, promessa degli 800.
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Derartu Tulu, Tirunesh e Genzebe Dibaba (foto Colombo/FIDAL)
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