Dichiarazione del Presidente Alfio Giomi
16 Settembre 2014Dichiarazione del Presidente federale Alfio Giomi
Ho più volte affermato, nei giorni scorsi, che avrei parlato degli sviluppi della vicenda doping che riguarda Alex Schwazer solo nel momento in cui avessi avuto la possibilità di “leggere le carte”. Ovvero, per dirla con altre parole, soltanto quando il quadro della situazione fosse stato più chiaro, confortato da documenti in grado di spostare la questione al di là delle legittime attività dei Media e dell’inevitabile vocio di contorno.
Questo, innanzi tutto, per rispetto delle parti interessate: le persone coinvolte direttamente nell’indagine; i magistrati che hanno condotto l’inchiesta; gli atleti toccati (o soltanto sfiorati) dall’attività investigativa; ed infine, l’atletica leggera, che come ho già avuto modo di dire qualche giorno fa, è anche – direi soprattutto – altro, rispetto ai fatti in questione; ma che si trova indirettamente coinvolta agli occhi di un’opinione pubblica per lo più priva, stante la complessità della questione, della possibilità di valutare e distinguere.
I fatti, ad ogni modo, restano, ed appaiono oggi, seppure in un quadro non ancora completamente delineato, con contorni più netti. Ritengo dunque opportuno esprimere la posizione della Federazione Italiana di Atletica Leggera, il cui governo, intendo sottolinearlo a beneficio di coloro che non avessero chiara la scansione temporale della vicenda, è stato eletto nel corso dell’Assemblea nazionale di Milano del dicembre 2012, ed è quindi totalmente estraneo a quanto precedentemente accaduto.
1) L’atletica italiana, in questa vicenda, è da intendersi esclusivamente come parte lesa. Ho sempre pensato fosse così, ben prima della mia elezione, al punto di aver scelto, da tempo, di costituire la Federazione come parte civile nel procedimento penale conseguente.
2) Esiste, e non da oggi, fiducia assoluta nell’attività della Magistratura. Accompagnata da un auspicio, l’unico possibile in casi come questo: che emerga fino in fondo tutta la verità, evidenziando, senza riserva alcuna, le responsabilità, siano esse individuali, collettive, dirette, o indirette. Ad ogni livello esse debbano essere intraviste. L’inchiesta conferisce vigore anche alle attività antidoping del CONI, che potranno beneficiare, sempre al fine di ristabilire la verità, della superiore capacità investigativa della Magistratura.
3) La FIDAL, dall’Assemblea di Milano in poi, ha scelto, in materia di antidoping, una linea di condotta radicale. E non ha mai inteso derogare al proprio ruolo nella lotta contro il fenomeno. Prova ne sono i provvedimenti concreti varati nel corso degli ultimi mesi. Ne cito solo due, tra gli altri, che considero di primaria importanza: a) il varo della Carta Etica (delibera del C.F. n. 143, 20 dicembre 2013), documento comparso per la prima volta nel novero delle cosiddette “Carte federali”, e che dedica all’antidoping un’apposita sezione (sancendo, tra le altre cose, l’impossibilità, per chiunque incorra in sanzioni pari o superiori a 2 anni, di vestire la maglia azzurra); b) la delibera di Consiglio Federale n. 42 del 28 febbraio 2014, che stabilisce la cancellazione di ogni tipo di assistenza (sia essa economica, tecnica, o sanitaria) agli atleti che, nell’ambito del programma Whereabouts CONI e/o IAAF-WADA, incorrano in due “Missed test”.
4) Rispetto alla posizione dei 38 atleti attualmente da più parti citati come responsabili di infrazioni relative al programma Whereabouts, appare chiaro come le posizioni degli stessi siano molto diverse tra loro. Si rende necessario un approfondimento, caso per caso, che avvieremo immediatamente con il conforto degli atti d’inchiesta e con il supporto del CONI.
5) Al fine di consentire a tutti di valutare lo stato delle cose, al momento attuale (e quindi, nei diciotto mesi precedenti) sono dieci gli atleti ai quali è contestata una infrazione Missed test/Filing failure, tra programmi Whereabouts nazionale (CONI/NADO) ed internazionale (IAAF/WADA), due dei quali hanno cessato la loro attività agonistica.
La vicenda, dolorosa, messa in luce dall’inchiesta, evidenzia una serie di comportamenti quanto meno discutibili, il cui rilievo verrà valutato nelle sedi competenti, siano esse di giustizia ordinaria o di giustizia sportiva. L’atletica italiana chiede oggi una sola cosa: che emerga la verità, attribuendo le responsabilità a quanti si fossero macchiati di una condotta illecita, e restituendo a coloro che avessero invece agito in maniera corretta, la dovuta onorabilità. Nessuna copertura. Solo luce del sole, ad illuminare un movimento con oltre cento anni di storia.
Alfio Giomi
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