Olimpiadi, storica Grenot: è in finale!

15 Agosto 2016

La campionessa europea dei 400 corre in 50.60 e centra l'appuntamento con l'attesa qualificazione. Bolt trionfa nei 100 (9.81), Wayde Van Niekerk riscrive la storia del giro di pista: il suo 43.03 è record del mondo.

Nella serata speciale di Libania Grenot (qualificata alla finale dei 400 metri di domani sera, con un ottimo 50.60) i Giochi olimpici di Rio de Janeiro continuano a proporre gare formidabili sul piano tecnico ed emotivamente avvincenti. Il record del mondo dei 400 metri, il 43.03 siglato dal sudafricano Wayde Van Niekerk (cancellato il 43.18 di Michael Johnson, stabilito a Siviglia quasi 17 anni fa, il 26 agosto del 1999), è probabilmente il punto più alto della serata. La vittoria di Usain Bolt nei 100 metri (9.81), la terza dopo quelle di Pechino e Londra, primato assoluto nello sprint, è invece certamente la notizia dal maggior impatto globale, avvio della caccia alla tripla tripletta (con 200 metri e 4x100) da parte del superman giamaicano; sconfitto lo statunitense Justin Gatlin (9.89), accolto da una valanga di fischi all'ingresso per la finale. Il terzo e ultimo titolo, quello del triplo donne, va alla colombiana Caterine Iabrguen, atterrata ai 15,17 della miglior prestazione mondiale del 2016.

di Marco Sicari

FOCUS AZZURRO

400m donne - semifinale
Alla fine, al terzo tentativo in carriera, Libania Grenot ce la fa. A Pechino (decima) e Londra (prima delle escluse) la finale le era sfuggita di poco; a Rio, l'appuntamente con l'ultimo turno del giro di pista non sfugge. L'azzurra è strepitosa. Inserita nella terza semifinale, la più difficile del lotto (con la statunitense Allyson Felix, 49.67 al traguardo, e la bahamense Shaunae Miller, 49.91), recita al meglio la sua parte, cogliendo il terzo posto in 50.60, e passando al turno per le medaglie come migliore delle ripescate. Domani sera, nella finale dei 400 metri, nel gruppo delle otto più forti al mondo, ci sarà anche lei, con la sua maglia azzurra, impresa mai riuscita ad una italiana nelle 14 edizioni dei Giochi in cui si è corsa la distanza (da Tokyo 1964). Bella fin dall'avvio, la "panterita". Partenza decisa, e rettilineo a distendere le lunghe leve, in una progressione efficace; la situazione al comando appare subito chiara: l'italiana a fare da lepre, e le due avversarie, Felix e Miller, in caccia, alle sue spalle. All'ingresso sul rettilineo conclusivo, il sorpasso, ma la giamaicana Christine Day, pericolosa quasi come le altre, è lontana, già battuta. La Grenot, nel finale, lascia qualcosa alle prime, ma è normale, e la sensazione che ce l'abbia fatta a correre al di sotto del 50.75 dell'ucraina Olha Zemlyak (fino a quel momento la migliore delle possibili ripescate) è immediata. Il tabellone dice 50.60, e a quel punto è davvero fatta. "Sono felice, molto felice - racconta, raggiante, Libania - ma ero sicura di farcela anche prima del via. La mia sicurezza è il lavoro, quel lavoro che da 23 anni porto avanti tutti i giorni, e che oggi è come se si fosse compiuto. Sono cresciuta in questi anni, sono una donna, più sicura di me stessa, delle mie potenzialità; ho vissuto delle esperienze anche più dfifficili di quelle delle mie avversarie. Non ho niente in meno rispetto a loro, anzi, credo di avere mezzi fisici straordinari, cervello, esperienza, e allora perché non pensare di farcela?". Domani sera la finale olimpica: "Saremo tutte stanche, anzi, siamo tutte stanche.

Ma io ho lavorato per superare i turni, tante sedute di allenamento, tante ripetute, e allora non temo niente. Si riparte da zero, e ci sarò anche io. Perché io non ho paura". Appuntamento a domani sera, anzi, a domani notte (per l'Italia): si correrà alle 22:45, le 3:45 italiane.

Alto uomini - qualificazione
Finisce a quota 2,22 il sogno olimpico di Silvano Chesani. Il saltatore trentino, superstite della pattuglia di high jumpers azzurri (dopo le defezioni per infortunio di Marco Fassinotti e Gianmarco Tamberi) si arrende a 2,26, misura che in altri momenti (anche di quest'anno) non avrebbe rappresentato un ostacolo insormontabile. Chesani, invece, reduce da un periodo di stop per problemi fisici, con la convocazione olimpica acciuffata in extremis, paga una preparazione inevitabilmente imperfetta, non riuscendo quasi mai a mettere in campo l'azione efficace di cui in tante occasioni è stato capace. L'azzurro supera 2,17 al primo tentativo, 2,22 al terzo, e spende poi tutti e tre i salti a disposizione a 2,26, senza riuscire a valicare l'asticella. Passano alla fine tutti quelli riusciti a superare i 2,26 al primo tentativo.

BOLT, UN LAMPO SU RIO: SUO IL TERZO ORO OLIMPICO DEI 100 METRI
La gara dei 100 metri è quella dove in otto corrono, e poi alla fine vince Usain Bolt. Parafrasando un celebre detto calcistico, quando il giamaicano si mette sui blocchi, e c'è un titolo olimpico in palio, non ce n'è davvero per nessuno. Il suo successo è la certezza che l'atletica mondiale cercava, e della quale, dicono in molti, più ha bisogno. Copione già visto mille altre volte: avvio con qualche difficoltà rispetto agli avversari, a cominciare da Justin Gatlin (accolto da bordate di fischi all'ingresso in campo); recupero e aggancio nella fase centrale; e poi, il solito lanciato da brividi, a staccare tutti. Senza nessuna possibilità. Il re non cede la sua corona, il 9.81 conclusivo è un centesimo superiore al miglior crono mondiale dell'anno (il 9.80 firmato ai Trials da Gatlin), ma questo, naturalmente, non conta nulla; lo statunitense è superato, il 9.89 che gli viene attribuito (comunque grande tempo), vale sì l'argento, ma non mette paura al sovrano. Il bronzo va invece al canadese De Grasse, che aveva occupato la stessa piazza nei mondiali di dodici mesi fa, a Pechino. Estasi per il pubblico brasiliano, che ha un rapporto quasi simbiotico con Bolt, uno di loro, "uno di noi", come è apparso chiaro sulle tribune dell'Engenhao, finalmente pieno come un uovo. Sorrisi, abbracci, e giallo giamaica ovunque. La tripletta è servita: mai nessuno era riuscito a vincere l'oro dei 100 metri per tre edizioni dei Giochi Olimpici: un dominio iniziato a Pechino, otto anni fa, e che non sembra prossimo ad esaurirsi.

Ora ci sono i 200 metri, poi la staffetta: la caccia alla tripla-tripletta, un primato che non ha eguali nella storia dello sport (non se la prendano gli appassionati di altre discipline, qui la storia abbraccia tre secoli, e riguarda il globo intero), è ufficialmente aperta. 

IMMENSO VAN NIEKERK, VOLA SUI 400 METRI: 43.03, RECORD DEL MONDO!
Nella serata in cui il programma aveva posto a pochi minuti di distanza le finali olimpiche dei 100 e dei 400 metri, i protagonisti del giro avevano solo un modo per scombinare i piani di chi aveva preparato una festa monocolore per Usain Bolt: fare qualcosa di spaziale. Cosa perfettamente riuscita a Wayde Van Niekerk, la nuova stella della specialità, che in un colpo solo conquista l'oro olimpico, e, correndo in 43.03, abbatte il record del mondo, sottraendolo, a quasi 17 anni di distanza, all'immortale Michael Johnson (43.18, Siviglia, 26 agosto 1999). Una gara fantastica, quella del 24enne sudafricano, già oro mondiale a Pechino lo scorso anno: partito all'esterno, in ottava corsia, corre solo contro se stesso, senza mai riuscire a vedere gli avversari. E producendo un rettilineo finale ancora più bello, sintesi incredibile di leggerezza e potenza, dei tre quarti di gara precedenti. L'argento è di Kirani James, il campione uscente, sconfitto nonostante un superbo 43.76, mentre il bronzo va a LaShawn Merrit, lo statunitense che potrà raccontare di essere arrivato "solo" (si fa per dire) terzo pur avendo corso in 43.85; sorte toccata anche al povero trinidegno Machel Cedenio, quarto con 44.01. Tutti e otto i partecipanti finiscono (abbondantemente) al di sotto dei 45 secondi: il britannico Hudson-Smith è ottavo con 44.61. Numeri che certificano il fatto che sia stata la più grande gara di sempre sul giro di pista.  

CATERINE IBARGUEN: TRE SALTI NELL'ORO
Se quella di sabato era stata la serata delle sorprese (a parte Mo Farah, abbonato al successo), quella di domenica è stata una sequenza di conferme di tutti i pronostici. Nel triplo donne, la 32enne colombiana Caterine Ibarguen, bicampionessa mondiale e argento olimpico a Londra, sceglie di planare lontano, lontanissimo, per mettere al collo il suo primo oro a cinque cerchi. Il 15,17 (+0.4) che chiude la partita, miglior prestazione mondiale 2016, arriva al quarto tentativo, e ricaccia indietro la venezuelana Rojas (14,98) e la kazaka Rypakova (14,74), degne compagne sul podio della vincitrice. Vera e propria superstar dello sport sudamericano.

RISULTATI/Results - FOTO/Photos

OLIMPIADI RIO 2016: LA GUIDA ALLE GARE

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Usain Bolt (foto Colombo/FIDAL)


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