Pastorini, il ricordo di Maurizio Damilano

13 Luglio 2024

L’addio al maestro: “Era l’amico di una vita, il suo impegno e la sua visione hanno sviluppato la marcia. È il momento di ideare un Trofeo Pietro Pastorini a livello nazionale”. Minuto di silenzio sui campi nel fine settimana

All’indomani della scomparsa di Pietro Pastorini, uno dei più grandi allenatori della marcia azzurra, ecco il ricordo di Maurizio Damilano, oro olimpico a Mosca 1980 e due volte campione mondiale della 20 chilometri.

Quando è arrivata la telefonata di Sandro che annunciava la scomparsa di Pietro Pastorini ho sentito immediatamente un vuoto enorme. Pietro è stato un tassello fondamentale del meccanismo che negli anni tra la fine dei ’70 e l’inizio degli ’80 ha riportato la marcia azzurra ai vertici mondiali. Per me è stato l’amico di una vita. Cinquant’anni di conoscenza, da quando con i miei fratelli lo incontrammo per le prime volte a Lomello in occasione di alcune gare delle categorie giovanili. Da allora l’amicizia che mi ha legato, anzi, ci ha legato come famiglia a Pietro, è stata continua e piena di affetto, stima e collaborazione. Con Sandro si è poi instaurato un rapporto tecnico che non si è più spezzato negli anni. Ricordo benissimo i tanti allenamenti a Scarnafigi in cui Pietro, partendo da Milano o dalla Lomellina, portava i suoi pupilli sul nostro percorso di allenamento a svolgere lavori speciali o tecnici. Negli anni mi ha accompagnato in tanti stage di allenamento in Italia e all’estero. Mi ha assistito in tante gare e commentato come speaker tante mie vittorie.

Pietro è stato un riferimento nel gruppo tecnico federale degli anni ’80 e ’90. Ha iniziato la sua collaborazione sotto la guida di colui che più di tutti ha il merito di aver legato passato, presente e futuro con il carisma del campione inarrivabile e la concretezza di cucire legami e visione: Pino Dordoni. Ha poi proseguito con Sandro insieme a Vittorio Visini e Antonio La Torre il suo infaticabile lavoro di tecnico ma anche di organizzatore e promotore della disciplina. Il suo pensiero è sempre stato che un grande lavoro tecnico senza un affiancamento importante dal punto di vista organizzativo e promozionale non può creare un movimento. Potrà far crescere dei campioni ma non dare respiro a un settore. Per questo non ha mai smesso di unire il lavoro di tecnico a quello di organizzazione e promozione.

È stato un marciatore appassionato, seppure abbia iniziato in non giovanissima età, mantenendo sempre un amore infinito per questa disciplina, fatta di rigore tecnico e di un mix tra le qualità fisico-atletiche e psicologiche. Ottenere grandi risultati nella marcia, come ci ripetevano i maestri di quel tempo e lui sottolineava spesso, non è solo un fatto di prestazione fisica, ma serve “testa” per saper gestire la gara e la pressione del giudizio. Avere sempre un’attenzione particolare per i principi regolamentari che oggi vediamo spesso lasciati sullo sfondo di una preparazione tutta rivolta alla performance fisica.

Dal punto di vista tecnico ha toccato il vertice con i suoi allievi più noti, Gianni Perricelli e Michele Didoni. Il primo è stato vicecampione del mondo e bronzo europeo nella 50 km, il secondo il talento che sale ai vertici conquistando l’oro ai Mondiali nella 20 km. Al femminile con Erica Alfridi, che portò alla medaglia d’argento ai Campionati Europei di Budapest. Ha lavorato poi a livello internazionale portando nell’élite le sorelle Polli negli anni in cui collaborò con la Svizzera. Ha inoltre allenato molti giovani che hanno vestito la maglia azzurra, fino all’ultimo marciatore italiano allenato, Stefano Chiesa.

Per lo sviluppo del settore ha fatto tantissime cose che ancora oggi posso definire di grande visione. Battagliò con Primo Nebiolo per l’introduzione della marcia femminile nel programma italiano prima e mondiale poi. E a questo si devono i tanti successi e medaglie vinte dalla marcia azzurra femminile a livello internazionale. Fu capace anche di precedere Primo Nebiolo organizzando il primo “criterium mondiale di marcia” nella sua Lomello, che fece da apripista all’inserimento delle gare femminili a livello internazionale. È stato una delle anime più importanti del Trofeo Frigerio, fondamentale progetto di attività per il reclutamento dei giovani. Un’iniziativa che ha portato alla marcia centinaia di giovani lombardi prima e italiani poi. In assenza di un progetto federale nazionale rivolto al reclutamento per il settore, il Trofeo Frigerio ha coperto un vuoto e contribuito alla crescita della disciplina.

Ecco, oggi forse tutto ciò meriterebbe un premio. Sarebbe il momento migliore per ideare un Trofeo Pietro Pastorini a livello nazionale. Partendo dai trofei regionali, che sulla scia del Frigerio sono nati in alcune regioni (guarda caso, tra queste la Puglia che oggi vanta i migliori marciatori azzurri), si potrebbe dare vita a una finale nazionale proprio intitolata a Pietro. Tra gli eventi che ideò per dare promozione alla marcia ricordo quello del 1981 quando mise in campo una prova promozionale a staffette unendo gli ultimi tre campioni olimpici: Dordoni, Pamich e il sottoscritto nella staffetta d’oro. Potrei ricordare tante alle altre cose del suo impegno, come il non secondario aspetto sociale che curò per anni nel complesso quartiere milanese di Quarto Oggiaro in cui viveva con l’amata moglie Maria e le figlie Paola e Claudia. Quanti giovani devono all’impegno di Pietro la possibilità di vedere le cose sotto una luce diversa con speranza e nuove prospettive.

Mi mancheranno però soprattutto le lunghe telefonate che ci facevamo ogni volta a commento dei grandi eventi mondiali o delle principali prove nazionali. Le discussioni tecniche. Le chiacchierate che portarono alla nascita di progetti come la creazione dell’Associazione Italiana della marcia. Oppure il “Pino Dordoni International” che organizzammo per alcuni anni a Piacenza a ricordo di Pino Dordoni scomparso da poco tempo. E proprio di Pino, Pietro ha sempre avuto ammirazione e stima. Ancora negli ultimi anni ricordandone la figura mi diceva: pensa che ogni volta che mi muovo per un allenamento penso a lui, a quanto aveva ragione anche se spesso non lo capivamo. Le tante arrabbiature per cose che non lo soddisfacevano a livello di considerazione della specialità o di scelte di giudizio che non condivideva.

La marcia è anche Pietro Pastorini, uno che non ha vinto un’Olimpiade o un Mondiale ma ha fatto cose così importanti per la sua amata marcia. Cose che valgono quanto un titolo olimpico o un record del mondo. Cose che evidenziano come l’amore per uno sport riempie il cuore e rimane dentro forte sempre. Da quell’amore nascono le cose che rimangono, quelle che si realizzano anche quando sembrano impossibili. Mi mancherai molto, amico caro, e non ti dimenticherò mai.

Il Presidente della FIDAL Stefano Mei invita a osservare un minuto di silenzio in occasione di tutte le manifestazioni di atletica previste nel fine settimana in ricordo del grande maestro Pietro Pastorini, venuto a mancare improvvisamente nella giornata di ieri.

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