Una storia al giorno
30 Gennaio 201430 gennaio. Quarant’anni fa, Christchurch regalò una gran saga del mezzofondo, una svolta a cui diedero un fortissimo contributo gli africani ma che vide anche l’attiva partecipazione degli atleti di pelle bianca, sia del nostro emisfero sia di quello che sta sotto i nostri piedi. Down under, dicono loro, gli australiani e i neozelandesi. Era la decima edizione di una rassegna che ha cambiato nome almeno quattro volte: in origine, Giochi dell’Impero Britannico e, a seguire, Giochi dell’Impero e del Commonwealth britannico, Giochi del Commonwealth britannico, Giochi del Commonwealth. Dal ’78 l’etichetta non è più mutata ma qualche bello spirito anglosassone ha detto che verrà un giorno in cui rimarranno i Giochi (Games) e basta. Tutto cambia, anche gli atlanti che non sono più ricchi di quelle vaste zone in rosa carico.
Avvertenza: il 2 febbraio torneremo su Christchurch per il più grande acuto che venne lanciato giusto nell’ultimo giorno di competizioni. Oggi parleremo di un personaggio che ebbe una vita sportiva così breve e clamorosa da far nascere sul suo conto storie mirabolanti. A dar retta al dato anagrafico – che in Kenya non è sempre corretto - John Kipkurgat aveva 29 anni quando a Nairobi corse in 1’45”3. Dicono che, appena arrivato dal giardino generoso delle Nandi Hills e da perfetto neofita, si fosse lasciato alle spalle il suo primo mezzo miglio in meno di 1’50” e che alla seconda botta fosse già in grado di scendere a 1’47”. C’è poco da stupirsi: sufficiente dare un’occhiata, grazie a vecchie foto, alla struttura del giovanotto che anticipò per calligrafia ed efficacia Paul Ereng e David Rudisha.
A Christchurch sorvolò maestoso batteria e semifinale e giusto quarant’anni fa diventò campione dei popoli di lingua inglese (americani esclusi) in 1’43”91 mettendo in fila non dei tipi qualunque: Mike Boit, John Walker, Filbert Bayi. Quasi inutile sottolineare che il record mondiale era in mano a Marcello Fiasconaro con l’1’43”7 firmato all’Arena un pugno di mesi prima.
Informato di distare solo un paio di decimi da quella soglia, John decise che era il caso di provare e accettò di andare ad attaccarlo a Pointe-a-Pierre, Trinidad. Era il 23 marzo ’74, una settimana dopo il 30° compleanno. John voleva farsi un grosso regalo e così finì per esagerare: 1’13”2 ai 600, per chiudere, quasi al passo, in 1’50”. Quando Wilson Kipketer portò il mondiale a 1’41”24, transitò in 1’14”6 e il Rudisha del record reatino (1’41”01) fornì un 1’15’ alto, per scendere attorno a 1’14” per il capolavoro (1’40”91) londinese e olimpico. Con il senno di quattro decenni dopo: non fosse stato così esagerato e scriteriato, John avrebbe potuto essere il primo uomo sotto l’1'43”, forse anche sotto l’1’42”. Esaurita la scorta di polvere magica, apparve nelle liste mondiali ancora per i due anni successivi con 1’45”53 e con 1’45”9. Tra un mese e mezzo compie 70 anni. O forse qualcuno in più. Non importa.
Giorgio Cimbrico
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