11 agosto 2020: l'atletica riparte da Nurmi
16 Maggio 2020di Giorgio Cimbrico
Osservando il calendario steso qualche giorno fa da World Athletics per riportare fasci di luce nelle tenebre fatte calare dalla pandemia può essere significativo - e commovente - annotare che la prima tappa di questa resurrezione sia affidata al meeting che l’11 agosto la natia Turku dedica a Paavo Nurmi. Pochi giorni dopo, a partire dal 17, ricorre il centenario dell’ingresso sulla scena olimpica dell’uomo dal viso di pietra, del giovanotto dalla fronte ossuta che aveva assestato una scossa elettrica ai suoi superiori: con fucile, cartucciera e zaino pieno di sabbia aveva lasciato i commilitoni a distanze siderali in fondo a una “campestre” militare di 20 chilometri.
Nello stadio di Anversa, l’età - che qualcuno chiama era - di Nurmi inizia con una sconfitta. Qualcuno ha azzardato che la vittoria sui 5000 del piccolo francese Joseph Guillemot, accanito fumatore di Gauloises e con il muscolo cardiaco attestato sulla destra, sia da considerare un regolamento di conti tra gallici e finnici: otto anni prima, a Stoccolma, testa a testa tra Hannes Kolehmainen e Jean Bouin, il piccolo Ercole di Marsiglia che, portaordini, cadrà 26enne nel primo autunno di guerra. La vittoria, per il soffio lungo un decimo, è di Hannes, il primo grande figlio di Suomi e l’emozione è cristallizzata in un’immagine che ha passato il secolo ed è freschissima. La storia del record del mondo dei 5000 inizia con quella gara: 14.36.6 contro 14.36.7. Il muro dei 15 minuti sbriciolato.
Paavo non ha esperienza: prova ad attaccare a tre giri dalla fine, Guillemot lo segue, lo attacca ai 200 finali e vince con quattro secondi di margine. “Butta giù questo e sarai imbattibile” aveva detto l’allenatore a Joseph prima del via. Nessun eccitante: acqua, zucchero e rhum. Nurmi è una sfinge: una ricerca iconografica ha fatto scoprire una foto in cui, forse, accenna un sorriso, ma se è un sorriso è incerto. Fece di meglio, anni dopo, l’enigmatica Greta Garbo.
Tre giorni dopo, la finale dei 10.000 metri: Paavo lascia fare a lungo al meccanico scozzese James Wilson prima di prendere la testa i due giri finali. Guillemot lo attacca, Paavo risponde, vince senza strafare e si ritrova i preziosi piedi inondati dal contenuto dello stomaco di Joseph. La finale era stata anticipata di tre ore perché il re dei Belgi aveva assunto impegni anche con un’esposizione d’arte e Guillemot si era concesso un pasto di parecchie portate e di abbondanti bevute. La bocca di Paavo si atteggia appena a sdegno, prima di infilare la porta che lo conduce agli spogliatoi.
Ancora tre giorni prima della “bella” tra i due: il terreno è la campestre di 8 chilometri. Ma la disfida non ha luogo: Guillemot ficca un piede in un buco, ne esce con una caviglia dolorante e si ritira. Nurmi controlla, permette allo svedese Erik Backman di entrare primo nello stadio e lo brucia con disarmante facilità. Un oro che vale doppio: Heikki Liimatainen e Teodor Koskenniemi sono terzo e sesto e la vittoria a squadre è cosa fatta. Tre medaglie d’oro e una d’argento: come esordio non è male. Il capolavoro di Parigi - 1500 e 5000 in meno di due ore - dista quattro anni.
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