4 agosto, il giorno di Sara Simeoni: capolavoro 2,01

03 Agosto 2018

A Brescia, quarant'anni fa la storica impresa da record del mondo. E adesso l'olimpionica azzurra fa il tifo per Vallortigara, Trost e Rossit agli Europei di Berlino

di Giorgio Cimbrico

Il 4 agosto Sara Simeoni festeggia il quarantesimo anniversario del capolavoro di Brescia e mercoledì sarà davanti alla tv per una prima occhiata alle tre moschettiere: due sono friulane (l’udinese Desirèe Rossit, la pordenonese Alessia Trost) e una è quasi paesana. Elena Vallortigara è scledense (di Schio), provincia di Vicenza, appena più a est dopo aver solcato quella di Verona. Con l’eccezione di Maria Antonietta Di Martino, campana, e di Antonella Bevilacqua, foggiana, la storia del salto italiano si svolge tra Adige e Tagliamento. Sembra una poesia di Ungaretti: I fiumi.

Parabole disegnate dal tempo che passa: con il 2,01 che sta per tagliare la maturità piena dei suoi primi quarant’anni (e che venne ripetuto 27 giorni dopo nella Praga magica del Golem e della prima di Don Giovanni), Sara diventò primatista mondiale scavalcando, oltre che un’asticella, i 2,00 berlinesi di Rosemarie Ackermann che un anno prima erano sembrati prodigiosi, una tappa storica, un caposaldo. Il record tenne quattro anni, sino alla finale europea di Atene 1982: Ulrike Meyfarth, ex-bambina prodigio, 2,02, Sara terza, stessa misura, 1,97, della seconda, Tamara Bichova, bella e dagli occhi eternamente tristi.

VIDEO | LO STORICO VOLO DI SARA SIMEONI A 2,01

Dopo il 2,02 di ADM (Torino 8 giugno 2007) e quello di Elena V (Londra 22 luglio 2018), quel 2,01 diventato simbolo di un’atletica azzurra fiorente quanto il 19.72 di Pietro Mennea, è oggi primato della provincia di Verona e record su suolo bresciano. E’ rimpicciolirlo? Per carità, no. Semmai il contrario. Sara saltava 2,01 almeno cinque generazioni sportive or sono. Con una misura del genere all’Olympiastadion, il 10 agosto, sarà medaglia certa, solida.

A questo punto non resta che usare la macchina del tempo inventata da Herbert G. Wells e tornare a Brescia, campo di via Morosini, oggi intitolato a Sandro Calvesi, maestro degli ostacoli: per lunghi anni è stato detto che quel record appartiene ancora alla sfera dell’emozione provata dall’autore (in questo caso, dall’autrice) e da chi era lì, ed erano in tanti (c’è chi giura su 5.000) e che finì per affidarsi al racconto pubblico e privato, alla tradizione orale. Di certo c’è che per quell’Italia-Polonia femminile la Rai non c’era. E così trent’anni sono stati necessari per riesumare le immagini girate da Giuliano Vivarelli per Brescia Telenord. Il commento era di Calvesi.

Nove salti, tre sbagliati, la solitudine in pedana da 1,89 quando erano andate fuori Urszula Kielan, Sandra Dini e Danuta Bulkowska, per trasformarsi in spettatrici. 2,01 venne alla seconda, molto pulito, molto netto. Non un tremore dell’asticella. Sara non andò avanti: due record italiani (il primo a 1,98) e un record mondiale potevano bastare.

Quel giorno, ricorda Gianni Romeo, Franco Carraro venne eletto presidente del Coni e la notizia finì di taglio. Era il quarto record del mondo di un’italiana, ma quelli di Ondina Valla e Claudia Testoni erano annebbiati dal tempo e i 1500 erano ai primi vagiti quando Paola Pigni galoppò verso il primato. Qui c’era l’alto, qualcosa di assoluto, e venne naturale smontare pagine, le prime, e ricomporle. Meno di un mese dopo, venne Praga e ancora una volta Sara portò lo scompiglio.

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