Amarcord Coppa Europa: una lunga storia azzurra

21 Giugno 2023

L’intuizione di Bruno Zauli, l’atletica che diventa sport di squadra. Da Stoccarda 1965 a Chorzow 2023: la doppia falsa di Fiasconaro, il carisma di Scartezzini, le 5 vittorie di Lambruschini e Mori, il secondo posto di due anni fa

di Fausto Narducci

Campionato europeo a squadre o Coppa Europa: comunque vogliamo chiamarlo possiamo dire che, fin dalla sua prima apparizione nel lontano 1965 a Stoccarda, la formula ci ha stregati. L’idea di trasformare lo sport individuale per eccellenza, l’atletica, in uno sport di squadra attraverso una graduatoria a punti per nazioni poteva sembrare un azzardo e invece nel tempo si è rivelata vincente. Certo i puristi continueranno a vedere l’atletica solo come sport individuale ma basterà rileggere le imprese dei protagonisti azzurri in questi dieci “magic moments” disseminati in quasi sessant’anni di storia per dire grazie all’inventore Bruno Zauli.

1: la volata di Arese (Stoccolma 1970)
La prima presenza dell’Italia fra le migliori sette d’Europa mai come in questo caso si identifica con un uomo solo, Franco Arese. Il piemontese a 26 anni si mette la coppa sulle spalle. È merito di una sua doppietta (1500 e 5000) se nelle semifinali di Sarajevo l’Italia si guadagna il secondo posto utile per superare il turno. Ed è di Arese, diventato capitano, l’unica vittoria nella finale di Stoccolma dove gli azzurri finiranno settimi e ultimi. La prima vittoria internazionale dell’uomo che l’anno dopo sbancherà gli Europei di Helsinki è favorita dall’aria scandinava che evidentemente gli fa bene. Ai 700 metri parte il francese Jean Wadoux che poche settimane prima allo stadio Colombes di Parigi ha stabilito uno straordinario record europeo in 3:34.0 ma Arese mostra il suo biglietto da visita: tiene il francese e lo sorpassa con un 100 metri finale di estrema facilità. 

2: lo scandalo Fiasconaro (Oslo 1973)
Una pagina nera ma certo non per colpa di Marcello Fiasconaro che martedì festeggerà i 50 anni dello storico record di 1:43.7 stabilito il 27 giugno 1973 all’Arena di Milano e che ancora resiste come record italiano. Riavvolgendo il nastro fa impressione pensare che è passato poco più di un mese da quell’impresa quando il più celebre oriundo della nostra atletica con una doppia falsa partenza negli 800 è protagonista in negativo a Oslo dove l’Italia manca per 8 punti la qualificazione alla finale di Edimburgo. Negli 800 fa già notizia una falsa partenza, figuriamoci una squalifica per doppia “falsa”: succede che al primo via viene attribuito a Marcello il movimento anticipato che invece è del sovietico Arzhanov, quindi nella confusione generale arriva la follia del controstarter. Scene che fanno scalpore fissate nella memoria di ogni appassionato atletica che in qualche modo hanno segnato la carriera dell’amatissimo “March” poi fermato dagli infortuni. 

3: il sorpasso di Mennea (Nizza 1975)
Un segno del destino che la carriera di Pietro Mennea in Coppa Europa si fosse aperta proprio nei giorni della squalifica di Fiasconaro a Oslo il 4 e 5 agosto: primo nei 200 e nella 4x100, secondo nei 100. Ma è il ’75 il suo anno d’oro in Coppa Europa. Nella semifinale di Coppa il 12 e 13 luglio a Torino il 23enne velocista mostra le due volate stilisticamente più belle della carriera: con 10.20 e 20.23 realizza anche i primi record elettrici della cronologia italiana dei 100 e 200 completandoli con la vittoria nella 4x100. Ma è a Nizza in finale che Mennea realizza il suo vero capolavoro. Dopo aver mancato per una manciata di centesimi la vittoria nei 100 (10.40 per entrambi) al sesto tentativo riesce a battere il mito Borzov nei 200: 20.42 a 20.61. Cade così il tabù in un confronto che si concluderà per 6-3 in favore del sovietico ma segnerà un altro punto a favore dell’azzurro (secondo dietro a Ray ma davanti a Borzov nei 100) nella coppa Europa ’77 a Helsinki.

4: il cuore di Scartezzini (Torino 1979)
Come non parlare della prima finale di Coppa Europa approdata in Italia, a Torino, che segna anche la prima volta dell’Italia presente in entrambi i settori, maschile e femminile. Mennea (1° nei 100 e 2° nei 200) a parte, vale la pena celebrare l’altra vittoria azzurra della rassegna realizzata da Mariano Scartezzini in quei 3000 siepi che diventeranno la gara più “azzurra” della coppa. Il barbuto trentino, sempre capace di gettare il cuore oltre l’ostacolo, legherà il suo nome proprio alla Coppa Europa e alla successiva Coppa del Mondo, anche perché il boicottaggio dei militari gli impedirà di partecipare all’Olimpiade di Mosca ’80. Al Comunale torinese Mariano è capace di precedere in 8:22.74 il tedesco ovest (Karst) e il sovietico (Dimov) di turno e sarà terzo nella Coppa del Mondo di Montreal per poi ripetersi nella successiva finale del 1981 a Zagabria dove si mette alle spalle niente meno che il futuro argento iridato Boguslaw Maminski con un 8:13.32 che sarà secondo tempo stagionale mondiale dietro al tedesco ovest Patriz Ilg (8:12.13).

5: il quartetto record (Zagabria 1981)
Nello splendido quinto posto (miglior piazzamento fino ad allora) ottenuto dall’Italia nella finale di coppa di Zagabria dietro ai quattro colossi insuperabili dell’epoca (nell’ordine Germania Est, Urss, Gran Bretagna e Germania Ovest) spicca anche una seconda vittoria che possiamo definire storica perché ottenuta nella 4x400 considerata la massima espressione della potenza atletica di una nazione. Certo l’Italia veniva dal bronzo di Mosca conquistato da Malinverni, Zuliani, Tozzi e il “prestato” campione olimpico dei 200 Pietro Mennea ma lì in fondo ci avevano battuti due squadre europee (Urss e Germania Est) e il primato italiano lo avevamo realizzato in batteria nella stessa formazione con 3:03.5. La vittoria di Zagabria col nuovo record italiano polverizzato in 3:01.42 davanti a Urss e Gran Bretagna resta perciò una pietra miliare perché resisterà cinque anni fino agli Europei di Stoccarda ’86. Della formazione olimpica resistono Malinverni e Zuliani ma si rivelano decisivi gli innesti del napoletano Alfonso Di Guida e del pugliese-veneto Roberto Ribaud che insieme a Zuliani manterrà il posto anche a Stoccarda. 

6: il sacrificio di Cova (Mosca 1985)
È il momento d’oro di Alberto Cova, il ragioniere brianzolo che infila titolo europeo (’82), mondiale (’83) e olimpico (’84) dei 10.000. Quindi, tanto per gradire, nell’anno senza manifestazioni titolate ci consegna la doppietta 5000-10.000 a Mosca ’85 anche se stavolta non mancano le polemiche. Alla fine della prima giornata l’Italia, reduce dai trionfi olimpici di Los Angeles, è sull’orlo della retrocessione nonostante la vittoria sui 10.000 dell’allievo di Rondelli che ha percorso braccia al cielo il rettilineo finale inseguito dal solito tedesco est Schildhauer (nella riedizione del duello mancato solo a Los Angeles per il boicottaggio). Per questo il presidente Nebiolo chiede il sacrificio del “doppiaggio” poco gradito a Cova che ha programmato di correre i 5000 a Zurigo ma si convince. Finisce con l’ennesima volata vincente a spese del tedesco ovest Wessinghage (che pure viene dai 1500!) per Cova che è il quinto di sempre a realizzare una doppietta individuale in coppa. L’Italia maschile è salva (sesta) ma retrocede quella femminile.

7: la prima volta di Lambruschini (Gateshead 1989)
L’Italia è diventata un Paese di mezzofondisti e la conferma arriva da Gateshead 1989 dove lo storico quarto posto azzurro (Francia battuta per numero di vittorie) è frutto dei successi di Antibo (5000), Panetta (10.000) e Lambruschini (3000 siepi). Soffermiamoci sul toscano che diventerà il primatista di coppa alla pari con Fabrizio Mori con cinque successi nelle amatissime siepi (1989, 1991, 1994, 1995 e 1998) ma anche due secondi posti (5000 nel ’93 e siepi nel ’97) e un terzo (3000 nel ’96). Proprio questa prima vittoria in Inghilterra è però la più significativa perché Alessandro si mette alle spalle il tedesco est Hagen Melzer che ricorderemo come indomito avversario di Panetta: oro agli Europei di Stoccarda ’86 e argento ai Mondiali di Roma ’87 con le fughe del calabrese che ebbero esito alterno. Plurimedagliato a Olimpiadi, Mondiali ed Europei il più elegante specialista delle siepi che la specialità ha conosciuto prima dell’avvento degli africani, consumerà proprio in coppa Europa la sua fame agonistica ma soprattutto affinerà lo spirito di squadra poi messo in mostra con Panetta agli Europei di Helsinki ’94.

8: il talento di Di Napoli (Monaco ’97)
Esaltato dalle competizioni indoor (3 ori fra Europei e Mondiali), forse talento inespresso all’aperto dove meritava più dell’unico argento europeo a Spalato ’90, anche Genny Di Napoli è uno di quegli atleti che va a nozze nelle competizioni di squadra. La Coppa Europa gli consegna ben quattro vittorie: Villeneuve d’Ascq ’95,  Madrid ’96, Monaco ’97 e Parigi ’99 sempre nei 5000. Stranamente la vittoria gli manca nei “suoi” 1500 dove colleziona due terzi posti (Gateshead ’89 e Francoforte ’91) e un secondo posto a Monaco ’97. Soffermiamoci sulla “quasi doppietta” tedesca dove contribuisce non poco al quarto posto anche perché in quel momento Fermin Cacho, oro e argento olimpico, è praticamente imbattibile e il napoletano-milanese gli finisce a 2 soli centesimi in 3:37.81. Un altro spagnolo meno quotato (Anacleto Jimenez) gli si inchina nei 5000 dove occorre 13:38.33 per vincere. La campagna di Coppa Europa di Genny si conclude col quarto posto a Gateshead 2000 nei 5000 quando la carriera si avvia a spegnersi ma il poker d’oro gli vale l’incoronazione.

9: la cinquina di Mori (Annecy 2002)
Leggi Coppa Europa e ti torna in mente Fabrizio Mori. Processo inevitabile perché nessuno come il campione mondiale ’99 ha identificato il suo nome (anche) con la competizione a squadre. Pensare che il toscano l’abbia percorsa dall’89 al 2003 ha dell’incredibile anche per gli avversari che si è messo alle spalle e poi lo hanno guardato in tv. Nei 400hs Mori comincia a salire sul podio con il terzo posto a Francoforte ’91 e conclude la sua avventura in Coppa Europa con il sesto a Firenze 2003 quasi in casa dove in 50.18 ottiene comunque il miglior tempo del penultimo anno di attività. Le sue vittorie a Madrid ’96, Monaco ’97, Parigi ’99, Brema 2001 e Annecy 2002 ma senza scendere dal podio a San Pietroburgo ’98 (secondo) e Gateshead 2000 (terzo). Per celebrarlo scegliamo l’ultima vittoria (48.41) ad Annecy in casa del francese Diagana suo eterno rivale. Non vi basta? Conteggiamo anche le cinque presenze in staffetta e i due podi che portano il totale delle “medaglie” in Coppa Europa a dieci. 

10: la grinta di Gaia & Nadia (Chorzow 2021)
Per il nuovo Campionato Europeo a squadre un omaggio al settore femminile, che abbiamo trascurato finora perché lontano dai vertici nella Coppa Europa tradizionale. La rassegna unificata per nazioni, nata nel 2009, ci regala uno storico secondo posto a Chorzow 2021 come antipasto dei successi olimpici. L’assenza in extremis di Tamberi (non sostituito) ci fa rimpiangere i 2,5 punti che alla fine ci separano dalla Polonia ma gli otto successi sono un piatto ricchissimo. Spicca la doppietta di Alessandro Sibilio, che abbina ostacoli e staffetta, ma è giusto celebrare la doppia vittoria del mezzofondo femminile che sembra riallacciarsi alla tradizione maschile. La grinta di Gaia Sabbatini e Nadia Battocletti, primedonne anche per temperamento, ci riportano alle parole del d.t. La Torre che, esaltato per il piazzamento, chiosa così: “Negli occhi mi restano le immagini di Nadia e Gaia per come hanno saputo interpretare questa competizione”. Il testimone rimane in Polonia e sognare la prima vittoria non è utopia. 


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