Arese, "Soddisfatti senza dimenticare i problemi"
Soddisfazione, ma anche la piena consapevolezza di dover ancora lavorare sodo per rimettere in corsa la macchina azzurra. Il presidente federale Franco Arese traccia un bilancio in positivo della partecipazione italiana al Mondiale di Osaka, senza però abbandonarsi agli entusiasmi né dimenticando errori o controprestazioni. “A Helsinki, due anni fa – le sue parole – feci un intervento duro al termine del Mondiale, perché ritenevo opportuno sottolineare gli aspetti negativi di quella spedizione. Oggi dico che a Osaka abbiamo fatto il nostro dovere: nulla di eccezionale, nessun bilancio a sensazione, ma ciò che doveva essere ottenuto è stato ottenuto. Ecco, questo è l’aspetto che più mi piace: gli atleti indicati alla vigilia come in grado di lottare per le medaglie le hanno centrate. Tutti. Segno che i tecnici hanno preparato l’appuntamento nella maniera migliore, e questo mi fa ben sperare per l'Olimpiade del prossimo anno”. Le gare di Howe, Schwazer e Di Martino rappresentano il punto più alto della rassegna iridata in chiave italiana. “Howe è stato fantastico. Dopo il suo salto finale, non pensavo che Saladino riuscisse a batterlo, ma Andrew ha fatto davvero tutto ciò che poteva. Di Schwazer dico che ha solo 22 anni, e questo non dobbiamo dimenticarlo: si è confermato sul podio mondiale, dimostrando, con l’arrabbiatura conclusiva, di avere dentro le motivazioni per crescere ancora. E che dire della Di Martino? Solo quando si hanno dentro dei valori, si può riuscire a raddrizzare una carriera come ha fatto lei”. Non sono mancate però alcune “stecche”: “E’ vero, ci sono state delle controprestazioni, risultati negativi che non erano assolutamente nelle attese. Dovremo analizzare tutti i dettagli per capire le ragioni che li hanno determinati. Ma devo anche dire che complessivamente la squadra si è ben comportata, mostrando sul campo l’atteggiamento combattivo che avevo richiesto. Niente illusioni, comunque: l’atletica è sempre più difficile, dovremo in futuro essere bravi a proseguire su questa strada, ovvero a portare le cosiddette “punte” in forma al momento opportuno, oltre che proseguire nel lavoro con i giovani”. La serietà, la dedizione al lavoro sono elementi costanti nel discorso di Arese: “Faccio l’esempio della Weissteiner: l’abbiamo portata perché eravamo convinti che avrebbe fatto bene anche qui, così come già accaduto nel corso di tutta la stagione. Perché è una ragazza seria, che si allena duramente. Voglio sottolineare la prestazione della Cusma, mentre da altri, tipo le pesiste Rosa e Legnante mi aspetto qualcosa in più. Per il futuro dovremo seguire quasi giornalmente gli atleti migliori, e tra questi metto la Claretti, Rubino (che con Schwazer, vista la giovane età, può garantirci il futuro), e mi piace anche sottolineare il recupero della Martinez, atleta di grande classe che ha superato i problemi accusati negli ultimi due anni. Dobbiamo invece fare il massimo per recuperare Brugnetti, non possiamo abbandonarlo o considerarlo un atleta finito: non riesco ancora a spiegarmi come abbia potuto commettere simili errori di impostazione tattica”. L’Italia non ride, l’Europa altrettanto: “Avete visto che nei 10000 metri non c’era un europeo? E’ evidente che i problemi sono comuni. La Russia, anche al femminile, doveva fare sfracelli, e invece ha sofferto, così come è accaduto a Germania e Francia, che non hanno raccolto ciò che probabilmente speravano. L’Europa ha un po’ perso la voglia di sacrificarsi, e allora, forse, bisogna fare delle scelte: quelle per esempio della Svezia, di cui abbiamo già parlato, e che concentra i propri sforzi verso quelle discipline che per tanti motivi sono più vicine alla sua cultura sportiva”. Inevitabilmente, il discorso finisce sul nuoto, altra disciplina olimpica di massimo rango, che in Italia sembra aver trovato la vena giusta: “Complimenti a loro. Nei nostri confronti però il nuoto, a mio parere, ha un vantaggio: le mamme spingono i propri figli ad imparare presto a nuotare, per stare più tranquille quando vanno al mare. E il bacino di utenza, nel quale pescare campioni, diventa immenso. Poi, loro possono concretamente autofinanziarsi con i corsi, cosa che nell’atletica è sempre difficile”. Passaggio, obbligato, sulla scuola. “Tutti vorrebbero entrarci, le Federazioni fanno a gara per proporre progetti ed inziative, ma la questione è davvero complessa, non è semplice oggi riuscire a dialogare con la scuola. Noi abbiamo intenzione di proporre qualcosa di nuovo, coinvolgendo le Regioni, e lanciando un nostro Trofeo sulla falsariga dei Giochi della Gioventù”. Invitato ad esprimersi sull’altro grande tema della questione atletica leggera in Italia (ovvero: i tecnici), Arese dice la sua: “E’ vero, il punto è che i tecnici, oggi, non riescono a vivere di e con l’atletica, e scelgono strade diverse. Faccio un esempio su tutti: il mio amico Gaudino, che da tecnico di primo piano nell'atletica, è diventato con gli anni preparatore di primissimo piano nel calcio. E come lui, tanti altri. Cosa possiamo fare? Delle cose le facciamo già, come assegnare premi, incentivi, ai più meritevoli; ma è chiaro che non esiste un bilancio tale da essere utilizzato per fronteggiare il problema”. Il futuro di Arese passa ancora per la FIDAL: “Non ho deciso se candidarmi o meno per il prossimo quadriennio, ma la mia idea di fondo è che in quattro anni non si possono realizzare dei progetti. Vorrei farne altri quattro, proprio per questo, e poi basta, andare oltre non avrebbe senso: si perdono slancio, entusiasmo, a danno del lavoro. L’impegno quotidiano però, sia chiaro, non è facile. Specie per chi è impegnato nel mondo del lavoro, ha una sua propria attività. Noi, l'attuale gruppo dirigente, stiamo cominciando adesso a raccogliere i primi frutti, anche se abbiamo perso il primo anno a parlare di cose senza senso: poi, mi sono imposto. Ora si parla solo di atleti, tecnici, società”. Anche Nicola Silvaggi, il Direttore tecnico azzurro, esprime la sua soddisfazione, aggiungendo però un concetto: “Sono contento per la programmazione: abbiamo calcolato bene i tempi ed i carichi di lavoro degli atleti, portandoli a fare risultato nell'occasione più importante. Questo mi fa ben sperare per il prossimo anno, per i Giochi di Pechino. Su questo, mi preme dire che io ho sempre considerato Osaka un appuntamento certamente importante, ma soprattutto una tappa sulla strada che porta all’Olimpiade. Giochi ai quali ci presenteremo con una squadra di numeri simili a questi, senza andare oltre: gli Europei sono un impegno certamente alla portata di molti nostri atleti del livello medio-alto, ma Mondiali e Olimpiadi sono davvero un’altra cosa. Ne sono convinto”. Marco Sicari
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