Bannister un Miglio nella storia

06 Maggio 2014

Sessant'anni fa, il 6 maggio del 1954, il mezzofondista britannico abbatteva per la prima volta, in 3:59.4, il muro dei 4 minuti sulla distanza dei 1609,35 metri

di Giorgio Cimbrico

Se Elisabetta II ha festeggiato due anni fa il Giubileo di Diamanti del suo interminabile regno, allo stesso traguardo giunge oggi (6 maggio) sir Roger Bannister, primo uomo a percorrere un miglio al di sotto dei quattro minuti, come ricorda, con l’asciuttezza degna delle grandi imprese, la targa che è stata posta a Iffley Road, Oxford, dove avvenne quel che molti ritennero un prodigio o una stupefacente acquisizione umana. Il tempo – 3’59”4 - non figura, è secondario. Conta l’impresa, il confine superato.

Nella sua lunga storia, Britannia ha saputo abilmente celebrare - sino a renderli leggendari - fatti che altrove sarebbero stati sbrigati con poche righe: la carica dei Seicento a Balaklava, la fuga da Kabul in una notte da tregenda, la resistenza del drappello guidato dai tenenti Chard e Broomhead davanti alle orde zulù, il sacrificio di Gordon di Khartoum, la saga di Lawrence e dei suoi irregolari arabi. E così l’impero ebbe eroi che finirono su stampe che, in ogni casa vittoriana, edoardiana e più tardi sotto il regno di Giorgio V, finirono appese sopra i caminetti e ne segnarono l’apogeo, il momento più alto di espansione, quando un quarto del mondo sugli atlanti del tempo era colorato in rosa carico. Anche l’impero avviato al meriggio, vicino alla liquidazione e alla dissoluzione, ebbe un volto, trasfigurato nello sforzo, quello di Roger Bannister che – come i protagonisti di Chariots of Fire – nel momento più alto, nel nitore assoluto della condizione, pose fine alla giovinezza e entrò nel’età adulta, quella delle consapevolezze, degli obblighi, delle missioni. Altri tempi, altri campioni: oggi l’età agonistica viene trascinata sino all’estremo o, se interrotta, sfocia in un ripensamento, in un ritorno spesso impietoso.

A 25 anni Bannister diventò l’esploratore di un mondo nuovo, come un anno prima era toccato a Edmund Hillary nella sua ascesa verso il cielo assoluto degli 8832 metri, piegò l’aussie John Landy, che aveva concesso solo 46 giorni di vita al record, nel formidabile scontro ai Giochi del Commonwealth di Vancouver (un gruppo in bronzo è stato fuso per ricordare quel match sui quattro giri), conquistò il titolo europeo sulla pista del Wankdorf di Berna. Chiuse lì, dedicandosi alla professione medica, specializzandosi in neurologia, dedicandosi alla ricerca. “Sono stati quei quarant’anni i momenti più alti della mia vita”, ripete ancora oggi nel cottage di Oxford, non lontano dal teatro del suo capolavoro, dove e quando demolì di due secondi il record dello svedese Gunder Haegg e andò oltre quella soglia che qualcuno aveva paragonato alle Colonne d’Ercole.

Di quel pomeriggio ventoso di un’agra primavera, rimangono i ricordi di Roger che allontanò i fantasmi del dubbio, la mano prestata da due amici - Chris Brasher e Chris Chataway -, l’ultimo quarto di miglio corso sotto il minuto, il suo tormento e la sua estasi documentati da un fotografo rimasto anonimo e il meraviglioso annuncio dello speaker Norris McWhirter: “Signore e signori, questo è il risultato della gara numero 9, il miglio: primo, il numero 41, Roger G. Bannister dell’Amateur Athletic Association e già studente dei college Exeter e Merton, con un tempo che rappresenta un nuovo record della pista e del meeting e che, dopo esser stato sottoposto a ratifica, sarà un nuovo record inglese, britannico, su suolo britannico, europeo, dell’Impero britannico e del mondo. Il tempo è 3’…” Il ruggito della folla coprì il numero dei secondi e dei decimi, disperse per un lungo attimo l’ufficialità di quel 3’59”4. “Tre” significava l’atterraggio nel mondo nuovo, il piede posato su un pianeta proibito. Il giorno dopo la notizia uscì in prima pagina su Times. Su una colonna. La moderazione è la misura di tutte le cose. In tempi di isteria diffusa, una lezione che ormai nessuno può intendere.

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Roger Bannister stringe la mano al connazionale Christopher Chataway, pacemaker nella sua impresa sul Miglio



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