Cross azzurro, il successo della concretezza
E' il successo degli uomini silenziosi dell'atletica italiana. Di quelli che non tirano mai parole al vento, o sputano sentenze prima di qualsiasi requisitoria. Umberto Pusterla è il leader di questo movimento, che da tanto tempo fornisce sostanza al mezzofondo azzurro, grazie alla concretezza di De Nard, l'animo "sudista" di Maurizio Leone, l'eleganza di Michele Gamba. Certo, è inutile negarlo: in pista, questo gruppo non sempre riesce a tenere il passo dei migliori. Ma va indicato ad esempio per come vive le gare internazionali e la maglia azzurra, per l'indirizzo che fornisce ai giovani che approcciano la nazionale. E' da anni che la truppa della campestre gira dalle parti del podio, raccattando solo secchiate di sfortuna. Tra scarpe perse (Gamba a Edimburgo) e chilometri corsi con 20 centimetri di legno attaccati ad un chiodo, a fare da pattino (Pusterla a Thun), negli ultimi anni se ne erano viste di tutti i colori, compreso lo sprint infinito di De Nard a Thun, superato da una maglia rossa della Spagna per quella medaglia individuale che ancora ci sfugge. Questa volta, però, a Heringsdorf, le cose sembravano diverse: lo si poteva leggere negli occhi di ognuno di loro, compresi quelli talvolta distaccati di Giuliano Battocletti (che ha perso gli atteggiamenti da guascone di un tempo) o quelli da bravo ragazzo di Luciano Di Pardo, uno che ha attraversato momenti difficili, atleticamente parlando. Lo si vedeva: stavolta, non si torna senza medaglie, era il messaggio mai rivelato. Un messaggio chiaro, scritto nello sguardo di ognuno, reiterato all'infinito. La gara è stata la trasposizione del concetto. Michele Gamba, quello che meglio degli altri si trova sui ritmi veloci, ha messo subito la testa davanti, fin dai primi metri. Con Lebid e De La Ossa ai fianchi, a voler mettere in chiaro le cose, soprattutto con i favoritissimi spagnoli. De Nard lo ha raggiunto quando i chilometri sono diventati tanti nelle gambe, e la gara a due è diventata più facile, accessibile. Poi, come segugi, dalle retrovie sono emersi prima Leone, che oggi probabilmente avrebbe azzannato chiunque avesse provato a tagliargli la strada, e poi il "ragionatore" Pusterla. Il capitano - che da tempo si consiglia sulle tematiche d'allenamento con Francesco Panetta - è partito piano, addirittura nelle retrovie. Ma poi, ha ingoiato fango e chilometri, prima di addentare anche gli avversari. L'episodio della chiamata di Pusterla alla truppa, sull'ultima salita, è il bell'aneddoto raccontato da Maurizio Leone. Come un allenatore in campo, l'Umberto ha dato la scossa ai suoi, indicando il momento chiave per l'attacco, e portandoli poi al traguardo, a prendersi l'argento. All'arrivo, grande entusiasmo, con il presidente Arese addirittura mischiatosi ai fotografi nella tribunetta frontale all'arrivo, per vedere meglio, da punti proibiti, e poi scioltosi con il resto della compagnia in un urlo liberatorio, e in un abbraccio agli atleti appena arrivati. Bel clima, belle sensazioni, per il gruppo dei silenziosi. Il gruppo che non polemizza se la tuta è stretta o larga, o se l'albergo non è di qualità adeguata, o se il viaggio è scomodo, o se il cibo dell'albergo meriterebbe la visita dei Nas. Ma che guarda alla gara, agli avversari, al nocciolo dell'atletica. E' un grande gruppo, quello del cross azzurro. Un gruppo bello da vivere, e la cui vicinanza farebbe bene a quegli atleti che ancora oggi, ahinoi, certe volte si chiedono - e chiedono - se abbia senso stare in nazionale. La risposta, è in quell'abbraccio collettivo, a fine gara, uomini, donne, giovani, anziani, con gli junior che vogliono farsi la foto con i più grandi, medagliati, e pendono dalle loro labbra quando raccontano la gara. Scene che valgono da sole tante risposte. E che sono il giusto premio per chi mangia, ogni giorno della vita, pane, chilometri, fatica. Marco Sicari
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