Cross, lampi di storia azzurra
23 Novembre 2016Verso gli Europei dell’11 dicembre a Chia, la prima parte del viaggio fra i protagonisti italiani della corsa campestre: oggi le imprese di Paola Pigni, Gabriella Dorio, Aldo Tomasini, Franco Fava, Venanzio Ortis, Stefano Mei
di Giorgio Cimbrico
Al tempo sospeso sul crinale del tardo Cross delle Nazioni e del neonato Campionato dl Mondo etichettato IAAF, l’Italia aveva sempre un asso da calare: Paola Pigni. La proteiforme milanese, la versatile in possesso di una panoplia di record personali (in alcuni casi, mondiali) che vanno dai 400 alla maratona, l’attiva partecipante al movimento di liberazione delle distanze, andò a segno nel 1970 a Vichy quando ancora la corona veniva assegnata in due versioni (europea e americana) in fondo a una dura volata con la polacca Zofia Kolakowska e centrò due successi di sapore globale sia a Waregem ’73 che a Monza, ippodromo di Mirabello, nel ’74. Il successo casalingo venne dopo un duello acceso con la specialista britannica Joyce Smith e con la finlandese Nina Holmen che di li a qualche mese avrebbe conquistato a Roma il titolo europeo dei 3000, a quell’epoca la più lunga distanza concessa in pista alle ragazze.
Due anni dopo, sul duro percorso gallese di Chepstow, una giovanissima Gabriella Dorio diede vita a una decisa gara di testa, andando ad assaggiare il terzo gradino del podio alle spalle della spagnola Carmen Valero, che proprio nella corsa campestre ebbe i suoi momenti di maggior gloria, e di Tatiana Kazankina, la russa che diede una decisa svolta al mezzofondo femminile: il suo 3:52.47 sui 1500 è ancora il terzo tempo della storia. In queste edizioni la squadra femminile salì tre volte sul podio, terza nel ’70, seconda nel ’74 e nel ’76, piazzamenti che sarebbero stati conquistati anche nell’81 e nell’82.
Nel 1972, ultimo anno del Cross delle Nazioni, gli azzurrini seppero offrire quel che è ancor oggi il più coinvolgente acuto nella storia azzurra del cross: il miracolo di Cambridge, una prova di maturità offerta sui prati dell’antica università, una delle culle dell’atletica. La vittoria del trentino Aldo Tomasini e il terzo posto del ciociaro Franco Fava furono le pietre angolari per la vittoria nella classifica a squadre. Fava, inutile rimarcarlo ancora una volta, rappresenta il più convinto e continuo tra gli specialisti della corsa campestre e nel suo ricco curriculum figura il più nobile risultato di un italiano in una rassegna mondiale, il quarto posto assoluto a Dusseldorf 1977 dietro lo specialista belga Leon Schots, il portoghese Carlos Lopes e il tedesco Detlef Uhlemann.
E’ stata la categoria giovanile a regalare le gioie più forti: nel ’74, a Monza, oltre alla vittoria di Paola Pigni, venne il secondo posto di Venanzio Ortis e nell’82, ancora su un percorso italiano, quello romano dell’ippodromo delle Capannelle, il terzo di Stefano Mei, dietro gli etiopi Gelak e Lema. Entrambi, a quattro anni da quell’acuto di fine inverno, seppero mettere le mani su una corona europea in pista, l’uno e l’altro sfiorando la doppietta: primo nei 5000 e secondo nei 10000 il carnico a Praga ‘78, primo nei 10000 e secondo nei 5000 lo spezzino a Stoccarda ‘86. In quelle stagioni la squadra conquistò due secondi posti (’73 e ’82), e un terzo, nel ’74, per poi riproporsi sul terzo gradino del podio sia nell’89 che nel ’90.
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