Da Monaco a Mantova la marcia di Ladany
05 Settembre 2012Sono passati quarant'anni, da quel tragico 5 settembre 1972. L'attacco alla squadra israeliana nel villaggio olimpico di Monaco 1972, e la scia di sangue che ne seguì, marchiarono per sempre lo sport e la coscienza di più di una generazione. Il professor Shaul Ladany, oggi stimato cattedratico in pensione, ma all'epoca, marciatore in forza alla delegazione con la stella di David, ebbe la ventura di essere solo sfiorato dalla morte, che ghermì invece i compagni che dormivano nelle stanze accanto alla sua. Una terribile lotteria, peraltro vinta per la seconda volta: una trentina di anni prima, inffatti, era già riuscito a lasciare, da vivo (impresa tutt'altro che comune) il campo di concentramento di Bergen Belsen, lo stesso nel quale perì, tra i tanti altri, Anna Frank. Tra i due eventi, lo studio a New York, alla Columbia University, l'esplosione della passione per l'atletica, la partecipazione, da volontario, alla guerra dei sei giorni. Un'esistenza al limite, raccontata nel libro "Cinque cerchi e una stella" (add editore, 176 pp., 14 Euro), scritto con abilità narrativa da Andrea Schiavon, eclettico giornalista di Tuttosport, ex marciatore, appassionato fino al midollo - proprio come il protagonista del libro - di atletica leggera. Sarà proprio Schiavon ad accogliere domani sera, 6 settembre, a Mantova (Chiostro del Museo Diocesano, ore 21) il professor Ladany, nell'ambito del programma di Festivalletteratura. Un modo per conoscere una vicenda umana straordinaria, e per non dimenticare eventi tra i più tragici vissuti in Europa nel XX secolo.
m.s.
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