Decathlon, vecchi fusti
09 Luglio 2020di Giorgio Cimbrico
La morte di Willi Holdorf, che vinse il decathlon a Tokyo 1964 resistendo all’assalto finale dell’estone Rein Aun (una lotta tra baltici: Holdorf era nativo dello Schleswig-Holstein), provoca la “resurrezione” di Yang Chuan-kwang che proprio in questi giorni, il 10 luglio, avrebbe compiuto 87 anni. Purtroppo quello che meritò il soprannome di “asiatico di ferro” è scomparso all’inizio del 2007 per un cancro al fegato, e riposa in California, a Ventura, dove visse a lungo, preparando i suoi exploit.
A Tokyo, Yang, che apparteneva a una delle tribù originarie di Taiwan, gli Amis, non riuscì a inserirsi nella lotta al vertice e solo con l’ottava e la nona fatica (4,60 e 68,15) si affacciò nelle zone alte per finire quinto. Nei 1500 se la prese comoda ed ebbe modo di seguire da lontano la strenua resistenza opposta da Holdorf ad Aun: perse quasi 100 punti ma salvò pelle e titolo per 49. Il primo tedesco a conquistare il titolo nell’amatissimo Zehnkampf.
Quattro anni prima, a Roma, Yang era stato il protagonista di uno dei più accesi e coinvolgenti duelli. L’avversario era un amico e un compagno di allenamento: Rafer Johnson. L’allenatore, lo stesso per entrambi, Elvin Drake.
Yang vinse sette prove su dieci, Rafer dominò i lanci, due con margini molto netti: due metri e mezzo nel peso, otto metri abbondanti nel disco. Nel giavellotto, quasi parità, un metro e mezzo per l’americano che sfiorò i 70 metri. La prima giornata era finita alle 23 e il pubblico dell’Olimpico se ne andò estasiato. La magnifica battaglia iniziò poche ore dopo, alle 9, e Rafer rischiò di chiuderla lì: urtò un ostacolo e lui, uomo da 13.9, terminò in 15.3. Yang 14.6, ma il disco segnò la fine delle speranze del taiwanese e aprì il varco finale per Johnson che quattro anni prima a Melbourne era stato medaglia d’argento.
Il verdetto romano sarebbe stato diverso se Yang fosse stato l’astista del ’63, uno dei primi adepti dell’asta in fibra vetrosa. Allenato in quel periodo da William Neufeld, all’inizio dell’anno, a Portland, concesse brevissima vita, un giorno, al record mondiale indoor che David Tork aveva fissato a 4,93 a Toronto. Tradurre 16 piedi 3 pollici e un quarto significa ottenere 4,96. Yang provò e fallì 5,00 che di lì a una settimana sarebbero stati scalati da Pentti Nikula nella prodigiosa giornata della tripletta di Pajulahti: 5,00, 5,05, 5,10 e un attacco a 5,18. Al tempo non era ancora stata istituita la regola del “primato del mondo assoluto” ma in ogni caso il finlandese rimane il primo essere umano ad essere andato al di là dei 5,00.
Yang continuò a volare su quote alte e a fine aprile a Walnut, nelle classiche Mt Sac Relays, portò il record del mondo, secondo la vecchia tabella, a 9121 punti: in realtà 9206 perché il suo 4,84 era “fuori tabella”. La nuova gli avrebbe assicurato un totale sopra gli 8000.
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