I Mondiali 2015 dalla A alla Z
11 Agosto 2015L'alfabeto dei paesi piccoli, emergenti, sorprendenti che a Pechino possono puntare a medaglie e risultati importanti
di Giorgio Cimbrico
Di fronte a un evento multiplo e complesso come un Mondiale di atletica, non c’è di meglio che provare a offrire qualche semplice strumento di navigazione per non perdere la rotta e per capire che di sport universali ne esistono pochini. Uno, a dire il vero. A seguire, un alfabeto – alla A alla Z - dei paesi piccoli, emergenti, sorprendenti che a Pechino non vanno solo per partecipare alla cerimonia d’apertura, sfilata multietnica come poche, paragonabile solo al corteo imperiale che nell’estate del 1897 salutò i 60 anni di regno di Vittoria.
Algeria: non si vive di solo Taoufik Makhloufi, il campione olimpico dei 1500 dal viso astuto e spietato. Larbi Bourada è salito a 8311 nel decathlon
Antigua: nella finale dei Panamericani, corsa in condizioni ideali, Miguel Francis ha trovato posto nella parte delle liste stagionali con 20”05.
Bahamas: con la discesa a 44”27 Steven Gardiner può aspirare alla finale, con il 49”92 del vertice mondiale Shaune Miller può puntare al podio e anche a qualcosa di più.
Bosnia Herzegovina: un nome solo, Amel Tuka, passato dall’1’46” che un anno fa lo portò alla finale europea al Letzigrund all’1’42”51 di Montecarlo, quando ha messo in fila il meglio del mondo. Da allora, una vittoria di routine a Bellinzona e un attento avvicinamento al Nido. Dopo Andrea Benvenuti e Wilfried Bungei, Gianni Ghidini punta ad arricchire la collezione.
Botswana: più affidabile Nijel Amos, con il suo scomposto ma efficace finale, che Isaac Makwala, una specie di sosia di Didier Drogba, che infilza tempi strepitosi a La Chaux de Fonds, non altrettanto altrove. In ogni caso, i due campioni dell’antico Bechuanaland si presentano da secondo negli 800 (1’42”60) e da primo nei 400, grazie allo stordente 43”72 elvetico.
Brasile: a meno di un anno dai Giochi i fermenti spingono verso l’alto: Thiago Braz 5,92, Fabiana Murer 4,83.
Burundi: il paese di Nyongabo e di Hatungimana si riaffaccia con Antoine Gakeme, 1’44”09.
Canada: la novità è Andre de Grasse, il ragazzo che viene dal ghetto: 9”95 e 19”88. Derek Drouin è tornato in altitudine (due volte 2,37) e Shawn Barber si è spinto a 5,93. Christabel Nettey è da podio nel lungo (6,99) e Brianne Theisen signora Eaton (6809 a Gotzis) è da titolo per un’accoppiata di famiglia, ma sotto due bandiere diverse.
Cina: al solito schieramento di marciatrici e lanciatrici, si uniscono Zhang Guowei, 2,38, il Tamberi d’Oriente per le sue capacità di improvvisare show, il giavellottista, vicino ai 90, Zhao Qinggang e Su Bingtian, primo velocista della Repubblica Popolare a forzare la Grande Muraglia dei 10”00.
Danimarca: a 28 anni Sara Petersen ha scoperto di avere molta birra, e non solo perché viene dal paese della Carlsberg e della Tuborg: con 53”99 è terza al mondo, dietro soltanto a Shamer Little e Zuzana Heinova.
Dijbouti: giovane, neppure 23 anni, ma già una vecchia conoscenza e un magnifico finisseur. E’ Ayanleh Souleiman, sotto 1’43” e sotto 3’30”. Allenandosi con lui, Genzebe Dibaba ha registrato… discreti progressi.
Egitto: il gigante Ihan Abdelrahman, personale vicino ai 90, fa parte a pieno diritto della pittoresca compagnia di giro che ha riportato il giavellotto al centro della scena.
Grenada: a 23 anni da compiere Kirani James è già un veterano e un pluridecorato: campione mondiale nel 2011 e olimpico nel 2012. L’unico, con Makwala, a esser sceso sotto i 44”, ma con altra consistenza. L’isola dei Caraibi, con fitto contorno di Grenadines, schiera anche un decathleta, Kurt Felix, da 8269 punti.
India: Tintu Lukka ha uguagliato al centesimo il suo record nazionale sugli 800, 1’59”19, e a Pechino arriva agli immediati margini delle prime dieci.
Irlanda: a 80 anni abbondanti da Bob Tisdall, oro a Los Angeles ’42, un altro figlio dell’Eire, Thomas Barr, ha ridato fiato agli asfittici ostacoli bassi trovando un posto tra i primi dieci.
Israele: due interessanti emigrate dall’Ucraina: Hanna Minenko, 14,61 nel triplo, e Margaryta Dorozhon, 64,56 nel giavellotto.
Jamaica: neanche una parola su Bolt e soci e un bel fascio di riflettore sui forzuti O’Dayne Richards, 21,69 (terzo al mondo, campione del Commonwealth e panamericano), Jason Morgan, 68,19 (la scheda dice 139 chili!) e Fedrick Dacres, 66,40. La misura è stata realizzata in un luogo, Mona, che per fortuna non si trova dalle parti di Trieste.
Qatar: Mutaz Barshim, d’accordo, ma anche il ragazzino Abdalelah Haroun, 44”27, l’ottocentista Abdul Balla, 1’43”82, e il martellista Ashraf Al Saifi, 78,04.
Serbia: Asmir Kolasinac ha fatto volare le sedici libbre oltre i 21,50 ma le chances maggiori di medaglia sono affidate a Ivana Spanovic, sempre vicina a varcare la linea dei 7 metri.
Sudafrica: a vent’anni dalla vittoria mondiale e ovale degli Springboks e dalle meravigliose immagini regalate da Nelson Mandela, il paese arcobaleno voluto dal Madiba ha il suo capitano in Wayde van Niekerk, 19”94 e 43”96, il quarto della storia a scendere sotto le due barriere. Henricho Bruintjies e Akani Simbine sono affiancati a 9”97 e Anasi Jobobwana, con 20”04, è stato un effimero primatista nazionale. Zhark Visser e Rushwal Samaai si collocano ai vertici del lungo con 8,41 e 8,38 ma non sembrano campioni di costanza. Di colore bianco le speranze femminili: Sunette Viljoen (nome boero paragonabile al nostro Rossi) è la prima al mondo nel giavellotto con 66,52, e Wenda Nel, 54”37, è nelle zone alte degli ostacoli bassi.
Zambia: Kabange Mupopo, testolina quasi rasata, ha dato il meglio (50”86) nella famigerata località svizzera famosa per le fabbriche di orologi. In una situazione di grande equilibrio può reclamare un posto in finale.
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