Il cuore azzurro del pesista Zane Weir
12 Agosto 2021di Nazareno Orlandi
Nonno Mario se n’è andato due giorni prima degli Assoluti di Rovereto, alla fine di giugno, una manciata di settimane dai Giochi Olimpici di Tokyo: “Non ricordo un solo momento, quand’ero ragazzino, che non stesse guardando lo sport in tv, o ascoltandolo alla radio. È lui che mi ha trasmesso la passione. Ho lasciato il Sudafrica e raggiunto l’Italia per onorarlo. E in questo mi sentirò per sempre connesso con lui: abbiamo fatto la stessa scelta di vita, trasferirci dal nostro Paese per affrontare nuove sfide”. Era triestino l’uomo che ha ispirato Zane Weir. Negli Anni ’50 Mario Gherbavaz fece i bagagli e si trasferì in Rhodesia (l’attuale Zimbabwe) per lavorare come ferroviere e inseguire la propria felicità: è lì che conobbe la sua futura moglie e insieme scelsero il Sudafrica, proprio dove è nato e cresciuto Weir, il lanciatore che ha regalato all’Italia un quinto posto olimpico inatteso e meritato nel peso.
YOUTUBE - In questa storia, che è un manifesto di impegno, cuore e serietà, di ispiratore ce n’è anche un altro. “Ci siamo sentiti per la prima volta via whatsapp alla fine del 2019”, racconta Paolo Dal Soglio, colonna del peso azzurro (quarto ai Giochi di Atlanta ’96 pochi mesi dopo l’oro europeo indoor di Stoccolma), il tecnico che in un anno e mezzo l’ha portato da 19,09 a 21,41. “Fino a quel momento il suo allenatore era… YouTube. Nel senso che aveva cominciato a giochicchiare con il peso a scuola, poi all’università, ma totalmente da autodidatta. Finché non ha chiesto un consiglio al lanciatore Orazio Cremona che l’ha indirizzato verso di me. E lì è cominciata la nostra avventura. Quando andammo in Sudafrica per il raduno invernale con Leo Fabbri, nel gennaio 2020, Zane entrò a far parte del gruppo e mi impressionò fin da subito, non tanto per il gesto tecnico bensì per la spaventosa esplosività di piedi e gambe: mai vista!”.
20,70 - Compiendo a ritroso il percorso di nonno Mario, dal Sudafrica all’Italia, Zane Weir si è trasferito nel nostro Paese - con la doppia cittadinanza già in tasca come sua mamma e sua sorella - all’inizio di marzo del 2020. Una data che vi dice qualcosa? “Nove giorni dopo è iniziato il lockdown - ricorda Weir - Paolo e la sua famiglia sono stati esemplari nell’accogliermi in casa loro, a Schio.
Ma ero preoccupato di lasciare i miei familiari in un momento così delicato, con il virus che imperversava. Sono così, metto la famiglia sopra ogni altra cosa. Poi ho trasformato questo timore nella dedizione verso gli allenamenti. Con miglioramenti continui”. Proprio durante il lockdown, sulla pedana del giardino di casa Dal Soglio, Weir ha cominciato ad affinare la tecnica, abbandonando quella che non valorizzava le sue caratteristiche. Racconta Paolone: “Un giorno, nella spaziosa taverna in cui lo ospitavo, ho trovato un foglio di carta con su scritta una misura. Era 20,70. Ecco, è esattamente la misura che ha raggiunto pochi mesi dopo, alla fine di quell’anno”.
CONFIDENCE - A credere in lui è stata la Federazione, che ha avviato l’iter per l’eleggibilità (cioè per poter vestire la maglia della Nazionale) e lo ha coinvolto progressivamente nei raduni, ma è stata anche l’Enterprise Sport&Service, la società campana che ha sposato il progetto e gli ha dato sostegno. Progresso dopo progresso, “studiando” dal compagno d’allenamento Leo Fabbri e dal mentore Dal Soglio, nel febbraio di quest’anno è arrivato il primo exploit (21,11) e pochi giorni dopo il via libera per indossare l’azzurro, lasciapassare per il debutto in Nazionale a Spalato, in Coppa Europa, nel mese di maggio. Quindi il sogno olimpico di Tokyo: “Lo volevo da quando ero bambino - le parole del 25enne che sta migliorando il proprio italiano grazie all’associazione trentina Il gioco degli specchi - Avendo iniziato la mia carriera professionale soltanto nel 2019 dopo la laurea in Finanza, ho dovuto recuperare tanto e in fretta. Apprendere la tecnica rotatoria e le sue mille componenti, in soli 18 mesi”. Alle Olimpiadi ha superato la qualificazione con 21,25, quattordici centimetri in più del personale, nel momento che conta. E in finale si è migliorato per altre due volte, prima con 21,40, poi con 21,41. Quinto posto. Primo degli europei. Battuto soltanto dagli statunitensi Crouser (23,30) e Kovacs (22,65), dal neozelandese Walsh (22,47), dal brasiliano Romani (21,88). “Avvertivo un ‘sense of confidence’. Nei primi tre lanci mi sono divertito, nel quarto ho trovato la performance della vita. E mi ha dato ancora più motivazioni per il quinto lancio, il 21,41”. Nonno Mario l’avrebbe seguito e ammirato in tv. Il suo bambino tra i giganti del pianeta.
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