Il nullo di Mosca che oggi vale oro

28 Luglio 2015

di Giorgio Cimbrico

Qualche giorno fa la federazione australiana ha chiesto alla IAAF che la medaglia d’oro del salto triplo di Mosca ’80 venga assegnata a Ian Campbell, nel frattempo diventato presidente del Richmond, squadra della lega di football “aussie”. La domanda è stata inoltrata nel giorno del 35° anniversario di una gara assai controversa, non l’unica nell’Olimpiade moscovita.

Gli australiani sostengono che un filmato, sottoposto a un esame tecnicamente all’avanguardia, dimostra che Campbell saltò 17,51. Il tentativo venne dichiarato nullo perché, secondo i giudici, Ian strisciò il piede di richiamo sulla pedana durante lo step. Il titolo andò al sovietico (di etnia estone) Jaak Uudmae con 17,35, davanti al sovietico (di etnia abkazia) Viktor Saneyev che per una dozzina di centimetri non si trasformò nell’Al Oerter del triplo: quattro ori olimpici consecutivi.

Sulla competizione rimangono molte ombre, a cominciare dal numero dei nulli che vennero “fulminati” su Campbell, che finì quinto con 16,72, e soprattutto sul povero Joao Carlos de Oliveira, erede della tradizione brasiliana tracciata da Adhemar da Silva e da Nelson Prudencio: nove nulli su dodici salti. Testimoni oculari sostengono che almeno due volte de Oliveira andò vicino, forse oltre, i 18 metri, ma il suo entusiasmo venne congelato dalla bandiera rossa e il secondo bronzo olimpico non gli fu di nessuna consolazione. Cinque anni prima, a Città del Messico, Joao aveva portato il record del mondo a 17,89, una misura talmente straordinaria che, quarant’anni dopo, gli assegna l’11° posto nella lista di tutti tempi.

Da quel giorno la sua vita imboccò tornanti sempre più pericolosi: prima l’incidente stradale che causò l’amputazione della gamba destra, poi il lento scivolare nell’alcolismo e la morte a 45 anni. Nel ’92 un tecnico estone, Harry Seiberg, confessò a de Oliveira che i sospetti erano fondati ma non rese una testimonianza formale davanti al Cio.

Se c’è una morale, è che il primo dei danneggiati fu il povero brasiliano, ma la richiesta-danni arriva a favore del “canguro” oggi 58enne. Non contenti, gli australiani vogliono anche la medaglia di bronzo dei 200 donne dei Giochi di Londra 1948: il fotofinish dimostra che terza fu Shirley Strickland, non Mickey Patterson, la prima afroamericana a conquistare una medaglia. Forse un ex-aequo sarebbe meglio.



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