Internazionale: Gebrselassie, il re dei re
Per essere l'ultimo fine settimana di settembre, non c'è male davvero. Due record mondiali in due giorni, con i quali apriamo la consueta rassegna globale, un meeting con risultati eccezionali e, in chiusura, la doppia triste notizia della morte di due campionissimi che hanno fatto la storia dello sport, Al Oerter e Gyula Zsivotzky. Storia di una caccia Solo cinque stagioni fa Haile Gebrselassie iniziava a dialogare con quel terreno pieno di insidie e terribilmente affascinante chiamato maratona. Appena cinque anni fa, dopo aver vinto tutto quel che c'era da vincere in pista, il piccolo grande etiope decideva di cercare il nuovo livello di scontro tra l'uomo ed il proprio limite, sulla distanza che più di ogni altra evoca la corsa di lunga lena come istinto puro, sacrificio e sudore, fatica e sublimazione. Nel 2002 Gebre debuttava, e che debutto!, alla Flora London Marathon: un terzo posto coronato dal nuovo record nazionale di Etiopia, in 2:06:35. La vittoria arrise all'americano nato marocchino Khalid Khannouchi in 2:05.38, allora record mondiale, con Stefano Baldini sesto ed il povero Ian Syster quinto. Secondo fu uno straordinario Paul Tergat in 2:05.48. Sembrava, all'epoca, di aver visto già tutto o quasi. Gebrselassie decise di riaffermare e riafferrare il vecchio amore per la pista l'anno dopo, nel 2003. Arrivarono un titolo mondiale indoor a Birmingham sui 3000, poi l'argento di Parigi sui diecimila, a poco più di un secondo dalla migliore espressione della sua progenie, Kenenisa Bekele. L'anno dopo, l'anno olimpico, la definitiva consapevolezza che la pista non avrebbe potuto più dargli la giovinezza fotografata a suon di record: quinto posto ad Atene, sempre sui diecimila. Torna l'anno seguente alla maratona, il pianeta su cui cercare di nuovo il sorriso di tanti finish: ad Amsterdam in ottobre vince la prima quarantadue chilometri della carriera, in un altro record nazionale di 2:06:20. Lo scorso anno ne corre ben tre: Londra continua a voltargli le spalle, è solo nono in 2:09:05, perdendo un po' da tutti: Limo, Lel, Ramaala, ancora Khannouchi, Baldini. Saggia il percorso di Berlino in settembre. Qui Tergat ha fatto il mondiale, ed è il terreno su cui misurarsi con l'assoluto, una cosa che sta scritta nel suo DNA. Vince in 2:05:56, ancora record del suo paese, infliggendo quasi cinque minuti al secondo classificato, etiope come lui. Gloria tutta nazionale, grazie anche a Getenesh Wami che fa il primato di Etiopa nella corsa femminile. Va fino in Giappone, a Fukuoka, l'ultima grande maratona dell'anno, per vincere ancora e soprattutto divertirsi, con un tempo straordinario: 2:06:52. Siamo ad oggi, il 2007: a Londra si ritira, pagando un prezzo altissimo al cast migliore di sempre in una maratona internazionale. Le frequenze non sono assecondate dai suoi muscoli, e finisce fuori classifica. Che sia ancora Gebre lo si capisce dal 10000 di Hengelo, concluso in 26:52.81, e dal doppio mondiale di Ostrava (ora di corsa su pista e, di passaggio, sui 20000 metri). Per la corsa di Berlino si era affacciata l'ipotesi dell'attacco al mondiale. Tempo permettendo. Il cielo sopra Berlino gli ha ricambiato il sorriso, 2:04:26 su un piede extraterrestre che lo ha portato a correre abbondantemente sotto i tre minuti al chilometro. 25 volte Gebre Con 2:04:26 Gebre ha abbattuto di quasi trenta secondi il precedente limite di Paul Tergat, uno che sa dire anche "bravo" e che da gran signore 38enne fa i complimenti al piccolo grande rivale. Così grande ed umile da chiedere anche scusa per aver migliorato il limite del kenyano. L'impresa cronometrica è gigantesca ed anche il corollario: quarantamila partecipanti, 115 nazioni rappresentate. Da quel giorno di giugno 1994 (il primo record del mondo ad Hengelo sui cinquemila), di sorrisi così Gebrselassie ne ha sfoggiati venticinque, oltre a quelli riservati alle medaglie d'oro in Mondiali ed Olimpiadi. Sull'ideale podio dei giganti della corsa infinita, assieme a Zatopek e Nurmi, c'è Gebrselassie. E' il re dei re dell'era moderna, come l'uomo che a lungo dominò la società etiope, il Negus Haile Selassie, imperatore dell'Etiopia, che si faceva chiamare in quel modo. Gebre lo rivedremo a Dubai, il 18 gennaio, ad inaugurare l'anno di Pechino nel suo nome. Con 2:06:51, che sembra piccola cosa ma in realtà è la trentesima performance di tutti i tempi, sale nell'Olimpo anche Abel Kirui, 25 anni, che si migliora di tantissimo. La Wami rivince la maratona femminile in 2:23:17, e sorprende la tedesca ex-bielorussa Mikitenko, seconda con 2:24:51. Il ritorno di Paula Radcliffe L'americana Goucher, bronzo mondiale sui 10000, le ha rovinato in parte la festa, ma Paula Radcliffe c'è ancora ed è capace di esprimersi in 1:07:53. La Goucher ha vinto la mezza maratona di Newcastle in 1:06:57, al debutto sulla distanza, al culmine di una stagione che ha definito il suo passaggio ad una categoria tecnica decisamente superiore. Martin Lel, grazie ad un finale assassino, ha vinto la mezza maschile in 1:00:10, dando otto secondi al tre volte primatista mondiale della distanza Samuel Wanjiru. Altre maratone Nella maratona di Toronto 2:09:30 di John Ekiru Kelai, kenyano già quarto ad Ottawa quest'anno. Daniel Rono gli finisce a cinque secondi, terzo è l'etiope Adilo in 2:10:20. Etiope anche la vincitrice della maratone delle donne, la nota Asha Gigi in 2:33:16. A Saragozza tripletta kenyana tra gli uomini: passa in archivio solo il 2:12:31 del vincitore Peter Korir. Mondiale anche per Kanaykin Nell'ultimo appuntamento del Challenge IAAF riservato alla marcia, il russo Vladimir Kanaykin ha migliorato a Saransk il primato del mondo dei venti chilometri di marcia, esprimendosi in 1:17:16. Kanaykin aveva deluso ad Osaka, ritirandosi nella gara dei cinquanta chilometri, piegato dal caldo e dall'umidità. Il russo aveva già nelle sue mani il mondiale stagionale sulla distanza, l'1:17:36 con cui aveva vinto il titolo nazionale in giugno. Passato in 38:28 a metà percorso, Kanaykin ha ottenuto il mondiale nella città natale, di fronte a circa trentamila spettatori. Spettacolare anche l'esito della gara femminile, dove l'iridata Kaniskina ha portato il mondiale stagionale a 1:26:47, precedendo la campionessa europea junior Kornikova, al debutto con le grandi in un magnifico 1:28:00. Shanghai: Robles vince a casa Liu Venerdì scorso, dalla Cina, un meeting con prestazioni notevolissime: l'idolo nazionale Liu Xiang (13.21) è stato sconfitto sui 110 ostacoli dal cubano Robles, autore di un altro fantastico 13.01, e dall'americano Moore (13.20). Il Robles del dopo-Osaka è stato imbattibile, correndo sei volte in una media cronometrica fantascientifica di 13.068. Asafa Powell ha scelto i 200, dai quali Tyson Gay è emigrato per correre i 100 (come vedremo tra poco). Per il giamaicano 20.00, oltre mezzo secondo meglio del precedente primato stagionale. Altre grandi prestazioni per Jeremy Wariner (44.02), Linus Thornblad (2.31, miglior risultato dell'anno all'aperto per lo svedese), e Kenenisa Bekele, che ha perso sui 1500 da Daniel Kipchirchir Komen (3:31.75), ma ha sfoderato un 3:32.35 che gli è valso il primato personale sulla distanza. Veronica, un jet Con 10.90 la giamaicana Veronica Campbell ha sfiorato di un solo centesimo il proprio mondiale stagionale a Shanghai, portando per la prima volta in carriera Sanya Richards al di sotto degli undici secondi (10.97). La Richards aveva potenzialità inesplorate sulla distanza più breve della velocità. A Stoccolma era scesa ad 11.05 (aveva 11.28). Nel salto in alto nuova strepitosa gara di Blanka Vlasic: la croata ha vinto in 2.02 (undici gare all'aperto a 2.02 o più), sull'ucraina Palamar (2.00, primato stagionale). Nelle altre gare delle donne sono da segnalare il 4.83 della Isinbayeva, il 12.65 di Michelle Perry sugli ostacoli e la solita volata della Defar sui cinquemila, vinti in 14:49.06. L'uomo del giorno dopo Per la seconda stagione consecutiva, Wallace Spearmon offre il meglio di sé nei meeting conclusivi del calendario internazionale. Nel 2006 infilò tre sub-20 consecutivi sui 200 metri (con una punta di 19.65 a Daegu). Dopo Osaka (bronzo sui 200), è tornato sotto i venti secondi a Bruxelles, per poi stupire sui cento a Shanghai, con un inatteso 9.96 (con vento nullo) che gli ha dato anche il successo sul rientrante Gay (10.02). Molto bene anche il giamaicano Frater (10.07) ed il britannico Fifton, al personale con 10.16. Yokohama sotto la pioggia Il maltempo ha guastato buona parte delle prestazioni del meeting giapponese di domenica scorsa. Asafa Powell si è ritirato per infortunio sui 200 ed ha lasciato via libera a J.J. Johnson (20.64). Sui 100 affermazione di Gay in 10.23. Magre figure per alcuni freschi iridati di Osaka: Clement ha corso il peggior 400 ostacoli dell'anno (50.74, quinto), e Donald Thomas non è andato più su di un 2.15 nell'alto. Bene invece Sanya Richards, 50.27 in una pista simile ad una pozzanghera. Ritorno a Nairobi Janeth Jepkosgei ha onorato quello che è stato l'ultimo impegno della sua meravigliosa stagione: sabato a Nairobi ha vinto gli 800 in 1:59.0 (crono manuale, come in tutte le specialità di corsa). Dopo il Golden gala non ha più fallito una gara ed ha realizzato anche due primati nazionali ad Osaka, prima nella semifinale poi nella finale. Tornerà a casa oggi, e riprenderà la preparazione in dicembre. Nelle altre gare 1:44.8 di Mulaudzi su Richard Kiplagat (1:45.1), e 10.0 di Tom Musinde sui 100 metri. Inversione di tendenza Gerd Kanter si era imposto sul lituano Alekna solo una volta in 41 scontri diretti nel corso della carriera, per di più nel 2004. Ora l'estone ci ha preso gusto, e dopo aver battuto Alekna ad Osaka, ha vinto altre due volte, prima a Stoccarda nelle World Athletics Final, e poi a Tallinn, giovedì scorso, con un lancio di 67.14. Per Alekna solo 65.26, preceduto in classifica anche dal tedesco Harting (66.47), argento mondiale nella finale giapponese. Il miglio della quinta strada A New York ritorno alla vittoria per Alan Webb, nella classicissima corsa su strada, piuttosto veloce quest'anno. Webb ha vinto in 3:52.7 precedendo il canadese Sullivan (3:52.9) ed il connazionale Rankin (3:53.3). Nel miglio femminile seconda affermazione per la canadese Carmen Douma-Hussar in 4:22.8 sulle altre statunitensi Mortimer (4:23.6) e Hall (4:24.1). Records per la cronologia Sono stati omologati il primato del mondo dei cento metri di Asafa Powell (9.74 a Rieti), ed il mondiale junior della kenyana Ruth Bisibori Nyangau nei tremila siepi (9:25.25). Si attende ora l'ufficializzazione delle straordinarie prestazioni dello scorso week-end per Gabrselassie e Kanaykin. Italiani all'estero Nel meeting sloveno di Celje (13 settembre) diverse presenze italiane: terzo posto di Marco Lingua nel martello con 74.68 (vince Pars con 79.42 su Kozmus, secondo con 79.12). Secondo Camossi nel triplo con 16.20 (+1.1), dietro lo sloveno Batagelj. Nei 110 ostacoli terzo Casarsa in 14.52 (-1.3). Oerter, Zsivotzky, addio Nelle ultime ore sono scomparsi due olimpionici di Messico '68, una delle edizioni più ricordate dei giochi Olimpici. In un caso, quello di Al Oerter, parliamo del più grande discobolo di tutti i tempi. L'altro lutto dell'atletica mondiale riguarda Gyula Zsivotzky, campione olimpico del lancio del martello e padre del noto decatleta Attila. Entrambi ci hanno lasciato a settantuno anni: Zsivotzky era da tempo malato, mentre Oerter soffriva di cuore. Al Oerter vinse quattro ori olimpici in altrettante edizioni consecutive, dal 1956 al 1968. Era davvero l'uomo di Olimpia, nel senso più autentico del significato. Outsider alla prima esperienza olimpica, mai favorito nelle tre edizioni successive visto l'andamento di quelle stagioni olimpiche; c'era sempre qualcuno che lo sopravanzava nei favori del pronostico. Una volta era Gordien, un'altra volta Danek, alla fine vinceva sempre Oerter. Realizzò l'ultimo primato personale (69.46) nel 1980, a 44 anni. L'ultima gara a 47 anni, nel 1983. Zsivotzky fu argento a Roma '60 ed a Tokyo '64, e fu autore di due record del mondo e sette primati europei, oltre che di diciassette limiti nazionali. In Ungheria era stato votato come miglior atleta ungherese del ventesimo secolo. Fu il primo specialista europeo a superare i 70 metri nel martello. Il terzo lutto riguarda Rodney Lockhart, statunitense ventenne, membro della 4x400 campione mondiale junior a Pechino 2006 (fu schierato nella batteria ma non nella finale), che è stavo trovato morto nel suo appartamento di Oxford. La vicenda, dai primi rilievi eseguiti dal coroner della contea, ha assunto i contorni dell'omicidio. Marco Buccellato
Condividi con | Tweet |
|
Seguici su: |