Jebet e la rivoluzione dei 3000 siepi
28 Agosto 2016di Giorgio Cimbrico
Lo stordente record del mondo dei 3000 siepi (8:52.78 a Parigi) dell'ex keniana Ruth Jebet – che sull’ultima edizione dell’Almanacco mondiale figura ancora come Chebet – ha regalato un grande primato al Bahrain dopo che, da ormai dodici anni, il Qatar conserva il record maschile, 7:53.63 di Saif Saaeed Shaheen, alias Stephen Cherono, nato a Keiyo, uno dei luoghi più prodighi della Rift Valley.
Ora è il tempo di Ruth che deve ancora compiere 20 anni – sarà il 17 novembre – e che dal 2013 corre per il paese del Golfo Persico che mostra grande generosità per chi lo sceglie. Chebet/Jebet corre per il Bahrain da tre anni, e cioè da quando era un’adolescente: nel 2013 vince i Campionati Arabi in 9:52.47, un minuto tondo più di quel che ha centrato a St Denis, poche settimane dopo conquista anche il titolo asiatico in 9:40.84. L’anno dopo mette le mani anche sul titolo mondiale juniores lasciandosi alle spalle due keniane di maglia e al meeting di Zurigo migliora in maniera violenta: 9:20.55.
Dopo un anno di transizione, offre la prima gran botta al meeting Diamond League di Eugene: 8:59.97, seconda di sempre a forzare la barriera dei 9 minuti dopo Gulnara Galkina-Samitova, russa della Repubblica del Tatarstan, campionessa olimpica a Pechino con record del mondo portato a 8:58.81. Anche Ruth ha l’occasione di emulare Gulnara – oro e record – ma la sua avventura solitaria a Rio la conduce a migliorare solo di qualche spicciolo: 8:59.75. Ma al primo appuntamento post-Giochi non fallisce e demolisce: un progresso di 7 secondi sul limite personale e di 6 sul precedente record del mondo le offre spazio tra le grandi rivoluzionarie.
“Sapevo di valere il record, ma non credevo di poterlo abbassare in modo così netto”. Una rapida e sommaria scomposizione della gara offre tre chilometri in 2:56, 2:58 e 2:59, un superamento delle barriere ancora da migliorare (specie con la pencolante gamba di richiamo) e una buona tecnica sull’ostacolo con acqua, altrimenti detto riviera: con bello slancio, Ruth, piccola ma di gamba lunga, non affonda e vola giusto dove il fossato lascia spazio alla gomma.
Per gli amanti dei raffronti tra i due sessi – e sottolineando la diversa altezza delle barriere – il primo record maschile andato a libro è 8:49.6 dell’ungherese Sandor Rozsnyoi, agli Europei di Berna 1954.
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