La Torre: ''Un'atletica italiana viva e caparbia''
18 Luglio 2020Negli occhi c’è ancora il pomeriggio show di Savona. C’è l’atletica italiana che esulta per il 6,80 di Larissa Iapichino, oggi maggiorenne (auguri!), gode del duello-sprint tra Tortu e Jacobs nei 100, si appassiona al giro di pista di Re, ai lanci di Fabbri e in generale alle numerose prestazioni azzurre riviste al rialzo dopo il lockdown. “Tutto ciò non è casuale - afferma il direttore tecnico Antonio La Torre - ma è il frutto di un lavoro continuo e insistente, che non si è mai fermato nonostante il periodo delicato. Ogni atleta ha trovato dentro di sé i motivi per non rassegnarsi al Covid ma anzi sfidarlo, spostare più in là il confine e uscire da questo drammatico cono d’ombra”. Risultati, quelli di Savona, e non solo, che hanno concretizzato una ripartenza azzurra di sostanza e di qualità: “È un’Italia dell’atletica che definirei viva e caparbia, spumeggiante e ostinata - parola del DT - Questi risultati danno euforia a tutto l’ambiente, ma attenzione, non dobbiamo montarci la testa e anzi dobbiamo restare con i piedi per terra e consolidare questi segnali positivi”.
DT La Torre, a Savona è stato uno spettacolo. Cosa c’è dietro la rinnovata vitalità azzurra?
“Tanto lavoro. In lockdown abbiamo insistito come struttura tecnica perché non ci fossero più linee di separazione tra settore assoluto e settore giovanile, ma che esistesse un unico gruppo, capace di accogliere nel modo giusto i talenti e di accompagnarli, senza fretta, senza forzature. Le centinaia di ore di confronto tra allenatori nei webinar organizzati sulla piattaforma AtleticaViva Online sono servite e hanno trasformato una tragedia in un’opportunità. A tutti ho detto da subito - è stato il mio mantra - che non si poteva restare senza obiettivi agonistici nonostante il rinvio di Tokyo. Bisognava trovarne. E così è stato. Poi da detonatore ha fatto l’esordio da 2,25 di Tamberi e il successivo 2,30. Ha gasato gli altri. Se ci riflettiamo bene, il compito dei Gimbo, dei Tortu, dei Davide Re, è anche di ispirare una generazione”.
La generazione di Larissa Iapichino, per esempio. Qual è la strada giusta per farla crescere?
“Intanto non pensare che se alla prossima gara salterà 6,60 avrà fatto ‘soltanto’ 6,60, che è sempre misura eccellente. Bisogna lasciare che questa maturazione, così violenta, segua il suo percorso naturale. Non dobbiamo rompere l’equilibrio di questa ragazza. Lasciamo che le cose arrivino. La novità, certamente, è che Larissa è entrata tra le rockstar dell’atletica italiana, in prima fila. Le premesse ci sono tutte per aspettarci un’atleta di dimensione internazionale che possa farci divertire per molti anni. Ha beneficiato del rinvio dei Giochi ed è stata intelligente ad aver approfittato del lockdown, con il suo bravo tecnico Gianni Cecconi, per affrontare questo percorso di maturazione fisica e tecnica che si era già intravisto in inverno: più potenza, ma da gestire. Il nuovo salto con due passi e mezzo in volo, come le grandi specialiste, è un incastro di delicatissimi meccanismi di coordinazione, ritmica, tempi di applicazione dello stacco e velocità di entrata. Lei è riuscita in questo compromesso difficile quasi senza accorgersene, pensando pure di aver sbagliato gara”.
Tortu vs Jacobs, quanto ne guadagnano dalla rivalità?
“Molto. In primis loro, ma anche tutta l’atletica e lo sport italiano. Loro sono grandi amici ma in pista se le danno di santa ragione. Bravi, è il sale. Nel Filippo di Savona si è rivisto il Filippo che agguanta la finale mondiale per un millesimo. Ai talenti riescono queste cose, quando alle spalle c’è l’allenamento: lui ne ha fatto tanto, e buono, e deve ancora uscir fuori. Con Jacobs, li vogliamo entrambi sotto i 10 secondi e l’auspicio è di rivederli scoppiettanti a Padova agli Assoluti di fine agosto e poi al Golden Gala del 17 settembre. Ma per lo sprint non penso soltanto a loro: Desalu ha ritrovato il sorriso e una corsa più decontratta, Lai buonissimo alle indoor e poi 10.22, e poi Federici, e Chituru Ali, che non esce fuori dal nulla ma che seguiamo da tempo. Con una battuta, posso dire di essere contento che Filippo Di Mulo avrà problemi per scegliere il quartetto, e spero di creargliene ancora di più. Anche con le donne: Bongiorni, Siragusa e Hooper non hanno mai mollato, anche Herrera scalpita per tornare, e considero positivo l’atteggiamento di Vittoria Fontana, arrabbiata dopo Savona”.
Davide Re non ha più limiti. Dove può arrivare?
“Si impone fin d’ora tra i ‘top top’ dell’atletica italiana, i veri leader. Al primo 400, pieno di incognite perché non ha fatto lavori di resistenza alla velocità, ha mostrato quanto sappia dare del tu a questa distanza. Così irrobustisce la self-confidence e dà più sostanza all’idea di voler inseguire la finale olimpica. Una corsia nei grandi meeting internazionali la merita. Mi piace molto l’obiettivo intermedio che si è dato con la sua allenatrice Chiara Milardi di provare a superare Donato Sabia nei 500. In chiave staffetta, siamo di fronte a un gruppo che potenzialmente può infrangere il muro dei 3 minuti a Tokyo. Aceti 2 su 2 sotto i 46 secondi dopo tre anni, Scotti se registra un po’ la distribuzione ha un orizzonte non lontano dai 45 secondi. Tra le donne, fatemi citare Rebecca Borga: correre 52.98 senza riferimenti, in sesta corsia, con estrema eleganza, ha ancora più valore”.
Savona cos’altro ci ha detto? Fabbri, Randazzo, Bogliolo…
“Considero Fabbri colui che dopo Doha ha fatto il percorso più importante insieme a Larissa. Un ‘ragazzone’ che è diventato un pesista temuto dagli avversari internazionali con un lavoro preziosissimo di Paolo Dal Soglio. Nel 2019 l’obiettivo era consolidarsi intorno ai 20,50, quest’anno sui 21,50: un metro in più, un’enormità in una sola stagione. Nel lungo, Randazzo è un atleta che certamente non scopriamo adesso, da tre anni aspettiamo l’esplosione di questa gazzella, con un modo di correre così elastico che ricorda un animale della savana. Credo che finalmente inizi ad essere più consapevole di sé. Su Bogliolo posso dire che cercava giustamente il confronto con avversarie internazionali ma ora ha trovato concorrenza interna: bentornata Elisa Di Lazzaro. Qualche segnale c’era ma così tanto no, è stata una bella sorpresa. Ed è un’altra rivalità che potrà far bene a entrambe. Purtroppo, invece, nell’alto nessuna fra Vallortigara, Trost, Furlani e Pieroni ha saputo interpretare la gara: una giornata storta e mi aspetto subito una reazione da tutte, Alessia già domenica a Gavirate”.
Oggi, 30 anni fa, il record di Totò Antibo nei 5000. Mezzofondo e strada hanno sofferto più di altri in questi mesi. Come ripartire?
“Nonostante tutte le restrizioni un piccolo segnale di vita viene già da Barontini, bravo negli 800. Il dialogo costante con le istituzioni ha permesso di aggiornare con serenità il disciplinare e siamo passati dagli 800 tutti in corsia a un mezzofondo quasi normale nella maggior parte delle regioni. Gli atleti di resistenza prolungata sono stati in casa nel periodo più critico del lockdown, ma nessuno si è dato per vinto, anche quando dovevano fare attenzione ad allenarsi perché erano visti ingiustamente come diffusori di virus. La prima vera gara di Crippa potrebbe essere a Montecarlo il 14 agosto sui 5000 e lo diciamo proprio oggi nel trentennale del record italiano di Antibo, uno degli obiettivi di Yeman. Poi probabilmente Ostrava a settembre. Faniel invece è concentrato sui Mondiali di mezza maratona che al momento sono confermati per il 17 ottobre in Polonia, con l’idea di una nuova maratona entro fine anno”.
Assoluti, Golden Gala e tanto altro: fine agosto, settembre e ottobre ricchi d’atletica. E poi?
“A fine settembre tutti in garage per una vacanza, tranne mezzofondo e strada, per ricominciare nella seconda metà di ottobre verso Tokyo. Entro fine ottobre, o primi di novembre, contiamo di avere le idee chiare sulla programmazione in vista dei Giochi con le varie tappe di avvicinamento. Il mezzofondo, intanto, avrà la Festa dell’Endurance a Modena a metà ottobre, ma ci piacerebbe già organizzare a margine degli Assoluti di Padova un bel 3000 femminile con Battocletti, Zenoni e Tommasi, in una gara che non assegna il titolo. Mentre per la marcia, che per ora prosegue con le gare a distanza su Zoom e con i raduni in quota, la prima gara all’orizzonte è Podebrady il 10 ottobre. Noi stiamo pensando di organizzare una competizione che assegni i titoli italiani della 20 km e 50 km: una giornata nel mese di dicembre o a gennaio, per una gara estremamente indicativa verso Tokyo soprattutto nella ‘cinquanta’ maschile”.
Nazareno Orlandi
SEGUICI SU: Instagram @atleticaitaliana | Twitter @atleticaitalia | Facebook www.facebook.com/fidal.it
Condividi con | Tweet |
|
Seguici su: |