La sfida delle sfide: Kipchoge vs Bekele a Londra
29 Settembre 2020di Giorgio Cimbrico
Domenica nell’ottantesimo anniversario del blitz tedesco, Londra celebra la sua resistenza alla Luftwaffe e al virus che sta sconvolgendo il mondo, spazzando il continente delle grandi adunate di massa, del grande rito della corsa, dei 42 chilometri attraverso le metropoli. Una dopo l’altra si sono arrese tutte. Londra, al 40° appuntamento con la sua prova, no. Ma per sopravvivere, è costretta a cambiare coordinate, rotta, formato, partecipazione.
Domenica resteranno a casa i 45.000 che erano riusciti a strappare un pettorale (ma tutti sono invitati a correre i 42,195 km per proprio conto e per continuare nella formidabile tradizione di raccolta di fondi benefici) e nessuna linea di partenza verrà tracciata a Greenwich. Tutto andrà in scena nel cuore della città, attorno al parco di St. James, il più piccolo e il più amato, dalla superba popolazione di uccelli acquatici: 19 giri di 2150 metri e una breve e finale appendice di 1345 metri sul Mall: almeno le battute conclusive intendono rispettare la tradizione. Una maxi-pista piatta, dove sviluppare alte velocità, sollecitate da una pattuglia di lepri guidata da sir Mo Farah, fresco di record mondiale dell’ora.
Una gara che è un distillato di classe pura, di nomi già ben attestati nella storia dell’atletica, un elenco che deve essere costato molto caro tra ingaggi, premi e bonus agli organizzatori, una struttura al cui vertice siede Hugh Brasher, figlio di Chris, uno dei padri fondatori della prova londinese, olimpionico nelle siepi a Melbourne ’56, uno degli scanditori di ritmo – l’altro era Chris Chataway – che diedero una mano a Roger Bannister per passare le colonne d’Ercole dei 4 minuti nel miglio.
Brasher ha una sorta di esclusiva su Eliud Kipchoge (quattro vittorie e un record della corsa portato a 2h02:37 l’anno scorso) e dopo lo stordente tempo berlinese di Kenenisa Bekele, 2h01:41, a due secondi dal record mondiale di Eliud, ha iniziato a cullare il progetto di mettere uno di fronte all’altro i due veterani - l’etiope Kipchoge ha 38 anni, il keniano Bekele fra poco ne festeggerà 36 – in un duello definitivo. E li ha convinti a tenere fermo il loro impegno anche di fronte a un lungo rinvio: da fine aprile ad inizio ottobre.
Nel frattempo Brasher non ha fatto che arricchire il cast ingaggiando gli etiopi Mosinet Geremew che l’anno scorso riuscì a resistere alle progressive accelerazioni di Kipchoge per cedere solo nel finale, finire a 18 secondi e diventare in 2h02:55 il quarto di sempre, Mule Wasihun, terzo nella stessa occasione in 2h03:16 (ottavo all-time), Sisay Lemma 2h03:36 a Berlino, Tamirat Tola 2h04:06 e Shura Kitata 2h04:49, ma anche i keniani Marius Kepserem 2h04:11, Vincent Kipchumba 2h05:09 e Gideon Kipketer 2h05:51, il norvegese Sondre Moen 2h05:48, punto di riferimento per la pattuglia europea di cui fa parte l’azzurro Daniele Meucci.
Della stessa qualità la prova femminile con Brigid Kosgei che l’anno scorso a Chicago ha dato una scossa al record mondiale chiudendo in 2h14:04, la campionessa mondiale in carica Ruth Chepngetich, 2h17:08, la piccola veterana Vivian Cheruiyot, a segno a Londra due anni fa in 2h18:31. Il terzetto delle keniane verrà sfidato dalle etiopi Roza Dereje, 2h18:30, e Ashete Bekere, 2h20:14. Nel rispetto delle restrizioni sanitarie, Brasher e i suoi hanno allestito una “bolla” fuori città: un albergo in campagna con prati attorno per gli ultimi “ritocchi”, test all’arrivo e nell’imminenza del via, un percorso ermeticamente chiuso per tutti. Il prima, il durante e il dopo in un’interminabile diretta della BBC.
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