Leggende Metropolitane – La rilevazione del vento – La larghezza della fossa dei salti in estensione
Periodicamente, quando non si raggiungono i risultati previsti o sperati, si tenta di addebitare deficienze o inefficienze agli strumenti di rilevazione dei tempi o del vento. Si sente parlare di anemometri “starati” o di differenze tra anemometri con ipotesi di variazioni progressive in funzione del valore rilevato.
Si tratta, come è facile immaginare, di supposizioni prive di qualunque fondamento e per di più indimostrabili.
La rilevazione del vento è fatta da taluno inumidendo il dito indice ed esponendolo al vento, pensando in tal modo non solo di identificarne la direzione ma anche l’intensità.
Altri si inumidiscono la punta del naso e ottengono, a sentir loro, le medesime indicazioni; i velisti, che misurano il vento in nodi, espongono il mostravento e stimano l’intensità con dichiarati ampi margini di errore.
In atletica il vento si rileva esclusivamente con l’anemometro.
Il RTI fissa le caratteristiche degli anemometri alla Regola 163.8, e nel successivo punto 163.9 stabilisce in quali manifestazioni debbono essere obbligatoriamente utilizzati gli anemometri non meccanici.
Successivamente fissa in maniera tassativa la posizione e l’altezza dell’anemometro e le modalità d’uso.
Per i salti in estensione il relativo riferimento è collocato nella Regola 184 ai punti 10,11 e 12.
Non esistono quindi per nessuno margini discrezionali in relazione all’utilizzo dell’anemometro e alle funzionalità dello stesso.
Nelle recenti gare svoltesi ad Oristano i soliti supercompetenti hanno fatto rilevare ipotetiche differenze tra il vento indicato dall’anemometro utilizzato per la gara di salto triplo e l’anemometro utilizzato per rilevare il vento nelle prove di velocità. Orbene gli anemometri erano allocati in posizioni diverse ed avevano tempi di rilevazione diversi e non coincidenti. Contrariamente a quanto sostenuto da taluno e poi diffuso come verità certa dai soliti noti, anche nelle rilevazioni relative al salto triplo si sono evidenziati salti di vento e punte ancor più elevate di quelle rilevate nelle gare di velocità. Il disappunto per il vento oltre la norma non può trasformarsi in un’idiota accusa di malfunzionamento del sistema.
Il mostravento previsto per le gare di salto dalla Regola 180.4.(b) nella nuova formulazione del RTI, ammesso che sia conforme e risponda alle caratteristiche indicate nel citato articolo, può anche apparire fermo in una immagine fotografica anche se l’anemometro segnala la presenza e rileva l’intensità del vento.
L’immagine fotografia ha una esposizione media di 1/100 di secondo; la rilevazione dell’anemometro dura 5 secondi per i salti in estensione e almeno 10 secondi per le gare di velocità. E comunque la manica a vento ha per definizione il compito di indicare approssimativamente la direzione e la forza del vento.
Il confronto tra anemometri, in locali chiusi, può anche evidenziare differenze; l’anemometro omologato IAAF in uso alla FIDAL Sardegna indica il risultato dopo la virgola già arrotondato al decimo immediatamente superiore; quello in uso al Campo di Oristano indica tali valori in centesimi e basta un centesimo per creare la differenza. Lo spostamento anche minimo di una persona, ad esempio di quella che fa partire manualmente l’anemometro, crea differenze superiori certamente al centesimo, e per via dell’arrotondamento automatico è conseguente arrivare al decimo. Senza con ciò diffondere e propalare informazioni circa supposte acclarate inefficienze di un sistema che è omologato e certificato, sino a dimostrazione contraria.
A margine di quanto esposto deve confermarsi che qualora il vento non sia stato rilevato i risultati saranno considerati ventosi e quindi non saranno validi per il conseguimento dei minimi, con l’unica eccezione dei risultati della categoria cadetti che possono essere ottenuti sia con tempo elettrico che manuale ma anche con vento superiore ai 2m/s o senza anemometro.
Non sono ipotizzabili, in caso di improvviso guasto dell’anemometro, attribuzioni di valori di vento nella media delle precedenti gare o dei precedenti salti; si tratterebbe di falsificazione di dati, con conseguente mancata omologazione della gara e deferimento dei responsabili.
Nel salto in lungo la zona di caduta deve avere una larghezza minima di m. 2.75 ed una massima di 3 m. . Quando l’asse della pedana di rincorsa non coincide con la linea mediana della zona di caduta, un nastro, o due se necessario, debbono essere messi lungo la zona di caduta in modo da realizzare la delimitazione della zona stessa.
Questa è la precisa indicazione del RTI (regola 184.6) e qualora tale regola, che può anche non piacere, non venga osservata, i risultati ottenuti non saranno omologabili.
Forse è meglio rispettare la regola piuttosto che osteggiarla.
Giuseppe Spanedda Fiduciario Regionale GGG Sardegna
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