L’estate azzurra più bella e incredibile!
25 Dicembre 2021di Nazareno Orlandi
“Ci regalate la vostra maglia?”, chiede il collega della Giamaica, che tutto sommato di velocità se ne intende, sbigottito in tribuna allo stadio Olimpico di Tokyo. “Come dici, scusa?”. “Beh, sì, la maglia azzurra. Queste sono le vostre Olimpiadi. La vorremmo come ricordo”. I più veloci del mondo adesso siamo noi. Fulminati da Jacobs, entusiasmati da Tamberi, emozionati da Palmisano e Stano, l’Italia-mania raggiunge l’apice con il trionfo della staffetta 4x100, regno di Lorenzo Patta, mr. Jacobs, Fausto Desalu e Filippo Tortu. Il mondo ai piedi degli azzurri nell’Olimpiade più incredibile di sempre, nell’estate delle meraviglie. Ne parleremo per decenni. Cinque ori, secondo posto nel medagliere dietro agli Stati Uniti, un Paese impazzito di gioia e d’orgoglio, una marea di spettatori (sette milioni!) incollati alla tv in un rovente pomeriggio d’agosto per le imprese dell’uomo che corre più veloce e quello che salta più in alto. I social che esplodono, i tiggì e le prime pagine dei giornali straripano, l’atletica è sulla bocca di tutti. In spiaggia, all’aperitivo, dai balconi. E poi non è finita, si gode ancora per il re e la regina della marcia, le frecce della staffetta. Gli abbracci più belli dopo gli abbracci negati dal Covid. Hanno fatto un miracolo e l’hanno chiamato Tokyo.
TAMBERI LANCIA MODE - “Ho lanciato una moda… vincere le Olimpiadi!”, dirà Gimbo Tamberi dopo l’apoteosi della staffetta, quinto oro azzurro, senza precedenti. Avercene di mode così. Il primo è proprio Gimbo, in una notte da Oscar, in tredici minuti di batticuore, quanti ne passano tra la gloria infinita di Tamberi e la volata regale di Jacobs. È “Santa” domenica 1° agosto 2021. L’appuntamento con il destino. I pianeti che si allineano. Ricorderemo l’azzurro che non sbaglia mai, se non a 2,39, la cifra del record italiano. Balla sul mondo senza macchie fino al 2,37, una serie stratosferica, una misura che non baciava dalla notte terribile di Montecarlo, la serata che gli negò il sogno di Rio. Di quella sera resta il gesso, compagno fedele a bordo pedana, e quel “Road to Tokyo” scritto con un pennarello, a recitargli quanta strada ha fatto per essere qui. A 2,39 sbaglia pure Mutaz Barshim, l’amico che bussava alla porta della sua stanza d’hotel per consolarlo dopo una delusione. Il regolamento dice che si procede allo spareggio per decidere il vincitore. Ma la storia, anzi la Storia, S maiuscola, prende un’altra direzione. “Possiamo avere due ori?”. Sì, potete. Gimbo Tamberi è campione olimpico insieme a Barshim in uno degli istanti consacrati agli Dei dello sport per l’eternità, incarnazione dei valori di Olimpia, del fair play e dell’amicizia più sincera. Lo stadio Olimpico di Tokyo, desolatamente vuoto, popolato soltanto dagli addetti ai lavori e dai team, è riempito dalle urla e la gioia indescrivibile degli atleti azzurri, in estasi in tribuna. Pochi, fortunati, spettatori di una notte che entra nel mito. Uno tsunami. Tanto che probabilmente ancora non ce ne rendiamo conto. Poi, tredici minuti dopo, succede che…
JACOBS SPACCAMONDO - L’irreale. Ora che sembra tutto semplice, dobbiamo ricordarci da dove si è partiti: nessun italiano non solo non aveva mai vinto i 100 metri maschili alle Olimpiadi, non solo non era mai salito sul podio, ma nemmeno era mai entrato in finale. Dopo tre ori di sua maestà Usain Bolt, è Marcell Jacobs a spaccare il mondo con un 9.80 galattico, in finale, record europeo dopo averlo già schiantato in semifinale con 9.84. Quando piomba sul traguardo bruciando Kerley e De Grasse finisce tra le braccia di Gimbo Tamberi per offrire ai fotografi e alla storia dello sport lo scatto più leggendario. Il weekend di Speedy Jacobs era partito dal record italiano di 9.94 in batteria, primo squillo, chiaro avvertimento alla concorrenza. E la sua estate, smaltito l’infortunio di Rieti, era già passata attraverso prestazioni granitiche come il 10.01 controvento di Rovereto (-1.0), il secondo posto in Diamond League a Stoccolma e il 9.99 di Montecarlo (terzo in Diamond). Altro che sconosciuto, l’azzurro campione europeo indoor e migliore al mondo del 2021 nei 60. L’incubo maggiore compare in semifinale ai Giochi, ha gli occhi a mandorla del cinese Su Bingtian, proiettile da 9.83 che pizzica una partenza mai vista. Lo start della semifinale non è il più preciso per Jacobs che però vola nel lanciato e firma il record continentale. Mancano poco più di due ore alla prima finale di sempre di un azzurro nella gara regina. In quelle due ore gli scorre dinanzi la vita, gli infortuni, le delusioni, la scelta di abbandonare il lungo per dedicarsi alla velocità. Racconterà di sentirsi svuotato, di volerla chiudere lì: “Ho dato tutto, mi fermo”. Poi un respiro, profondo. Di nuovo sui blocchi. È finale. Nella corsia accanto, il britannico Hughes incappa nella falsa partenza. Jacobs è in terza, non si scompone, anzi sorride, sembra rilassato. Ha ritrovato energia mentale e convinzione. Il secondo start è quello buono: stavolta Su non scappa via, Kerley si affianca ma l’uomo dei sogni è imprendibile. Brividi ovunque.
STANO DA INCHINO - Una vittoria da inchino.
Voce del verbo prepararsi: aveva studiato il giapponese per intuire le conversazioni dei marciatori più forti, in primis il campione del mondo Yamanishi. Era stato in Giappone per ambientarsi e carpire ogni segreto del clima nipponico. Del resto, dopo la nottataccia dei Mondiali di Doha, Massimo Stano l’aveva promesso: “Adesso mi tocca vincere le Olimpiadi”. Detto, fatto. Dopo due ori colossali come quelli di Gimbo e Marcell, l’effetto pancia piena poteva farsi sentire. Macché. Presidente Mei e DT La Torre riuniscono la squadra dopo la sbornia di felicità del 1° agosto e chiariscono subito: l’Olimpiade comincia oggi. Il 5 agosto è il giorno di Massimo Stano eroe di Sapporo nella 20 km di marcia. “Sono il più forte”, continua a ripetersi, mentre mette alla frusta tutti gli avversari. L’ultima resistenza è proprio quella dei giapponesi padroni di casa, Ikeda e Yamanishi. Il gioco di squadra non spaventa il pugliese che negli ultimi tre chilometri si libera di entrambi (1h21:05) e festeggia col pollice in bocca, come dedica per la figlioletta Sophie.
PALMISANO INCANTO - “Se ha vinto Massimo, devo farlo anch’io”. Stuzzicante rivalità tutta pugliese e tutta costruita a Castelporziano, ciondolando su e giù per la pineta del litorale romano. Passano ventiquattr’ore esatte e l’Italia esplode di felicità per la regina della marcia, un’incantevole Antonella Palmisano campionessa olimpica della 20 km. È la medaglia che porta a quattro i (momentanei) trionfi azzurri, segnando vette mai raggiunte nella storia olimpica dell’atletica azzurra, che al massimo si era “fermata” a tre medaglie d’oro nella stessa edizione. È la scossa che inaugura un 6 agosto tutto d’oro. Con il fiore tra i capelli, con il fuoco nelle gambe e con la tranquillità nell’animo, Palmisano si porta al comando dal primo metro e via via corrode le sicurezze dell’armata cinese, pronta ad afferrare oro, argento e bronzo. E invece le cinesi si arrendono alla superiorità non smaccata, sempre umile, dimostrata nei fatti, della marciatrice azzurra, in passerella negli ultimi tre chilometri, in solitaria, memorabili, verso il traguardo che vale una carriera (1h29:12).
STAFFETTA STRATOSFERICA - Increduli di fronte a tanta grazia, ci si concede una battuta in tribuna a Tokyo: “Su, su, sono già due ore che non vinciamo un oro olimpico…”. Neanche il tempo di scherzarci e la staffetta delle meraviglie disintegra definitivamente le corde vocali degli italiani, già compromesse da giornate a toni altissimi. Battuta la Gran Bretagna, come l’Inghilterra a Wembley. La rimonta alla Mennea di Filippo Tortu è il capolavoro finale di un meccanismo perfetto, la preghiera che va recitata tutta d’un fiato, mandata a memoria pure da chi d’atletica non ne sapeva nulla fino al giorno prima (e questo è il bello delle Olimpiadi): Lorenzo-Patta-Marcell-Jacobs-Fausto-Desalu-Filippo-Tortu. Nei battiti di milioni di fan pulsa la partenza di Patta, ventun anni e complessivamente venti secondi di Olimpiadi (tra batteria e finale) per conquistare l’oro; la frazione superlativa di Jacobs, il cambio stratosferico, folle, con Desalu, la curva azzannata, e poi la fiammata conclusiva del bolide Tortu, la volata che impressiona, beffa la Gran Bretagna di un centesimo e si bagna delle lacrime più intense, più vere. Quinta prestazione della storia (37.50), la seconda d’Europa, il record italiano preso a schiaffi dopo il 37.95 della batteria. È la vittoria che suggella l’ascesa di un intero movimento, il totale che è maggiore della somma delle parti. Un’impresa tra le più inattese e rocambolesche dello sport italiano. “Siamo la nuova Giamaica? No, siamo l’Italia”.
RECORD E FINALI - Non solo ori. Un fiume di risultati, tante sorprese, altrettante conferme e certezze per il futuro. L’Olimpiade azzurra regala molti altri guizzi. Zane Weir, il lanciatore venuto dal Sudafrica e orgogliosissimo d’indossare l’azzurro, si supera e strappa il quinto posto nel peso, con un superbo 21,41 poi strattonato negli eventi di fine stagione sino a 21,66. Nadia Battocletti non smette di entusiasmare, settima tra le big dei 5000 metri a soli ventun anni con un mirabolante 14:46.29. Settima pure la staffetta 4x400 con Davide Re, Vladimir Aceti, Edoardo Scotti e Alessandro Sibilio che sgretola per due volte in due giorni il record italiano intatto da trentacinque anni (fino a 2:58.81). Ottavo un commovente Ale Sibilio nella finale delle finali, quella dell’iperbolico record del mondo di Karsten Warholm nei 400 ostacoli (dopo il 47.93 dell’azzurro in semifinale). Stessa piazza per Filippo Randazzo nel lungo, ormai stabilmente tra i primi della classe. E che dire dei primati italiani della 4x100 femminile (Irene Siragusa, Gloria Hooper, Anna Bongiorni, Vittoria Fontana, 42.84), di Luminosa Bogliolo nei 100hs dopo tre anni di assalti (12.75), di Daisy Osakue in finale pareggiando Agnese Maffeis con 63,66 dopo venticinque anni, della staffetta 4x400 mista composta da Edoardo Scotti, Alice Mangione, Rebecca Borga e Vladimir Aceti (3:13.51).
Di Tokyo resteranno anche le finali dei siepisti Ala Zoghlami e Ahmed Abdelwahed, dei triplisti Andrea Dallavalle ed Emmanuel Ihemeje, della martellista Sara Fantini. Il coraggio di Gaia Sabbatini, 4:02.25 nei 1500. E in generale un’onda azzurra mai così travolgente.
TAMBERI DIAMANTE - In un’estate così, ogni limite è superato. Anche quello di una vittoria del trofeo in Diamond League, fin qui un tabù per gli atleti italiani. Ad aprire la strada è Gimbo Tamberi nella finale di Zurigo: stavolta a fargli compagnia in pedana non c’è il gesso ma l’oro olimpico meritato a Tokyo. Lo stadio Letzigrund, tempio dei palati fini, si lascia rapire dallo show dell’azzurro, mattatore tra le star mondiali. Il 2,34 del marchigiano certifica il primo posto e mette il punto esclamativo su una stagione fenomenale. La risalita dall’inferno. Non solo: quarto Tobia Bocchi nel triplo, quinto Paolo Dal Molin negli ostacoli (da record italiano agli Assoluti di Rovereto, 13.27), sesto Zane Weir nel peso, settimo Filippo Randazzo nel lungo, ottavi Davide Re (400) e Ahmed Abdelwahed (3000 siepi). Tanta Italia, mai così presente e attiva in Diamond League. E l’altro lampo di fine estate arriva dal Kenya, dai 1800 metri di Nairobi: è il 20.11 di Filippo Tortu nei 200 metri, secondo soltanto al mito Pietro Mennea, antipasto di quanto il brianzolo potrà mostrare nei prossimi anni su questa distanza.
EUROPEI U23 - In mezzo alla Nazionale campione d’Europa a Wembley. Insieme a Berrettini finalista a Wimbledon. A Palazzo Chigi, colorati d’azzurro, nella celebrazione di una domenica da antologia (11 luglio 2021) c’è spazio per l’atletica e per le sue giovani promesse, incoronate dal presidente del Consiglio Mario Draghi. L’estate azzurra è anche la monumentale edizione degli Europei under 23 di Tallinn, con l’Italia per la prima volta in vetta al medagliere, in virtù di sei medaglie d’oro e di prestazioni effervescenti, in gran parte confermate dalle Olimpiadi di Tokyo. In particolare, l’11 luglio è il giorno “wow” dei quattro titoli europei, tre dei quali in rapida successione, nel pomeriggio, tutti dal mezzofondo con Gaia Sabbatini nei 1500, Simone Barontini negli 800 e Nadia Battocletti nei 5000. In mattinata il triplo balzo d’oro l’aveva centrato Andrea Dallavalle, e già le giornate precedenti erano placcate d’oro con Alessandro Sibilio (400hs) e Dalia Kaddari (200). Una super campagna d’Europa, impreziosita anche dalle altre medaglie (5 argenti e 2 bronzi), con i secondi posti di Manuel Lando (alto), 4x400 maschile (Alessandro Moscardi, Edoardo Scotti, Riccardo Meli, Alessandro Sibilio), Eloisa Coiro (800), Marta Zenoni (1500) e Anna Arnaudo (10.000), e i terzi posti di Scotti (400) e Andrea Cosi (20 km marcia). Mai così forti.
MONDIALI E EUROPEI U20 - Il bottino è ghiotto anche nelle due rassegne under 20, prima gli Europei di Tallinn e poi i Mondiali di Nairobi, nello spazio di un mese. In Kenya mette le ali Massimiliano Luiu, argento nel salto in alto, ispirato da Tamberi e Barshim. Le staffettiste della 4x400 bissano il bronzo già vinto a Tallinn, ma stavolta è un metallo mondiale: onore ad Alessandra Iezzi, Federica Pansini, Angelica Ghergo e Alexandra Almici. Dall’Estonia si era tornati a casa senza ori ma con il doppio argento di Lorenzo Benati, nei 400 e con la 4x400 insieme a Stefano Grendene, Tommaso Boninti, Francesco Pernici, e con i bronzi di Matteo Melluzzo (100), Federico Guglielmi (200), Lorenzo Simonelli (110 ostacoli), Cesare Caiani (3000 siepi), la 4x100 maschile (Angelo Ulisse, Filippo Cappelletti insieme a Guglielmi e Melluzzo) e appunto la 4x400 femminile. Per finire, doppio colpo a Oderzo nell’incontro under 20 giovanile su strada: Italia pigliatutto con Nicolò Gallo e Aurora Bado.
IL TRIO MAGICO - Su quella pista, su quello stesso rettilineo che andrebbe esposto in un museo, si resta senza parole anche per la favola di Ambra Sabatini, Martina Caironi e Monica Contrafatto, più forti di ogni sventura, esempio di tenacia e volontà che sposta le montagne. E se diluvia su Tokyo, piovono tre medaglie lucenti, una per colore, nei 100 metri delle Paralimpiadi. Monopolio azzurro per una delle storie più significative e iconiche dell’anno. Caironi è anche d’argento nel lungo, due volte d’argento Assunta Legnante (peso e disco), doppio bronzo per Oney Tapia (peso e disco), bronzo anche per il mezzofondista Ndiaga Dieng nei 1500. Ora la festa è completa, ora che conosciamo il gusto del successo. È un’abitudine a cui nessuno vuole rinunciare, dopo un’estate così.
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