Maratona azzurra sulle strade del Giappone
27 Febbraio 2015La storia degli italiani protagonisti sui 42,195 km nel Paese del Sol Levante: Cindolo, Poli, Pizzolato e Leone. Il 1° marzo ad Otsu sarà la volta del campione europeo Daniele Meucci.
di Giorgio Cimbrico
C’è sushi per le gru, traduzione giapponese del nostro “c’è trippa per i gatti”. Capita a chi va a calpestare l’asfalto delle maratone nipponiche che nella loro storia, che possiamo far cominciare 80 anni fa, hanno fornito, alla cronologia del record del mondo, sette capitoli: Suzuki, Ikenaka, il forzatamente naturalizzato Kitei-son (vero nome coreano, Song-kee Chung), Sua Maestà Bikila, Tarasawa, gli australiani Clayton e de Castella. I primi quattro a Tokyo, il quinto a Beppu, gli ultimi due a Fukuoka.
Per anni Fukuoka, capolinea sud del treno-proiettile, è stato un punto di riferimento, un modello organizzativo, una tappa gradita ai grandi (a volo d’uccello sull’albo d’oro si scorgono Shorter, Thugwane, quel buonanma di Wanjiru, Gebrselassie, Abera, Gharib, Kebede) e il primo italiano ad andare ad assaggiarla è stato Pippo Cindolo che ha lasciato parole che meritano di essere riportate. “Sono anni che corro dappertutto ma nella lista di partenza mi sono ritrovato sotto il nome di Gondola”. Pippo Gondola il basettuto naviga forte e, nel giorno della prima volta del canadese Jerome Drayton, finisce in 2h11’45”, record italiano. Sei anni dopo, stesse strade, Gianni Poli, bresciano seguito da un manipolo di fans entusiasti tra cui uno studioso e uno storico della distanza come Ottavo Castellini, trova la giornata giusta, scandita dal ritmo infernale di Robert de Castella che in 2h08’18” ritocca di 15” il record mondiale del suo connazionale Derek Clayton. Gianni, allenato da Gabriele Rosa, è quarto in 2h11’09”.
Nell’aprile dell’85 sarà Hiroshima a regalare un altro progresso cronometrico e una giornata memorabile: Orlando Pizzolato sesto in 2h10’23” (con Massimo Magnani nono in 2h11’02”, anche lui sotto il limite di Poli, e Gelindo Bordin 12° in 2h11”29) e la vittoria nella Coppa del Mondo femminile. Limitiamo al massimo questo capitolo perché tra poco sarà oggetto di un assai più esteso ricordo in occasione del trentesimo anniversario che cade a metà aprile.
Il ruggito del Leone, nel senso di Giacomo, arriva il 4 marzo 2001 a Otsu. Il pugliese (in quegli anni allenato da Massimo Magnani) aveva già assaggiato il Giappone nel ’98, due anni dopo la sua vittoria New York, finendo quarto a Tokyo appena sotto le 2h10’. Nella città della prefettura di Shiga, sul lago Biwa, il più grande dell’arcipelago, dà vita a un testa a testa con lo spagnolo Antonio Pena (gli iberici là hanno vinto sei vole, con il tris di Fitz e la doppietta di Rios) e ne esce battuto per 18”, 2h07’34” a 2h07’52”, diventando il primo italiano a scendere sotto le 2h08’ e estirpando 27” al record che Gelindo Bordin aveva portato a 2h08’19”, vincendo a Boston nel 1990 da campione olimpico in carica. Il secondo al di là di quel muro sarebbe stato, trenta secondi più veloce, Stefano Baldini.
Toccando e afferrando le bacchette (di legno), ora tocca al campione europeo, l’ingegner Daniele Meucci, che ha scelto proprio Otsu e quel percorso filante attorno al lago. La lista mondiale di stagione, al momento, vede in testa l’etiope Lemi Berhanu, 2h05’28”. Il decimo è un altro etiope, Sisay Lemma, 2h07’06”.
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