Maratona, la storia continua
29 Settembre 2014di Giorgio Cimbrico
Qualche tempo fa, nel 2010, la maratona, parallelamente alla battaglia che porta lo stesso nome, ha compiuto 2500 anni. A parte le specialità organizzate in morte del povero Patroclo sulla spiaggia di Troia e il programma delle Olimpiadi classiche, che all’inizio prevedeva solo lo stadio, più o meno i 200 da correre nudi come bachi, è la specialità più antica. Eppure non ce n’è più fresca, una più in grado di rigenerarsi e, negli ultimi anni, di dar vita a una rivoluzione. E così, dopo l‘ennesimo acuto sulla solita scena di Berlino – nella città del Muro il muro è caduto sette volte con primi approdi sotto le 2h05’ e le 2h04’ – e la discesa sotto le 2h03’ di Dennis Kimetto, è stato divertente inoltrarsi nei boschi delle prestazioni e dei loro autori.
Il primo dato che viene all’occhio è che il tempo più vecchio tra le 32 migliori prestazioni ognitempo è 2h04’26” di Haile Gebrselassie risalente al 2007. La 33a è il 2h04’55” di Paul Tergat, berlinese naturalmente, che fa risalire a quel che pare un evo lontano, il 2003. Per rinvenire un tempo che appartiene al XX secolo, necessario risalire a Khalid Khannouchi, 2h05’42” nel 1999 e attualmente 80° tempo di sempre.
L’Africa Orientale ha impresso su questo scenario un monopolio totale: quest’anno, 26 kenyani e 23 etiopi nei primi 50. L’unica altra bandierina è quella fatta sventolare dal Bahrain, ma con un atleta comprato in Etiopia. Il primo non appartenente a quell’area è il giapponese Matsumura, 54° con 2h08’09”, il primo europeo è Mohamed Farah, 61° con il 2h08’21” centrato nella sua singolare apparizione sulle strade di Londra,il primo europeo continentale è il polacco Henrik Szost, 70° con 2h08’55”.
La progressione impressa al record mondiale, soprattutto grazie alla corsa che si chiude nei pressi della Porta di Brandeburgo (dal ’98, sette record mondiali) porta a una di quelle proiezioni così amate da chi si balocca con i limiti umani e a volte le spara grosse. In questo caso il calcolo è di una semplicità disarmante e di una possibilità crescente: se in sedici anni si è passati dal 2h06’05” del brasiliano Ronaldo da Costa al 2h02’57” di Dennis Kimetto, perché non ipotizzare che nel 2030 qualcuno – a occhio un kenyano – non andrà a violare l’assoluto delle 2 ore? L’ideale del 3’ a chilometro si è trasformato nella realtà del 2’55”. Scendendo intorno a 2h51” si apriranno le porte di 42 chilometri e 195 metri in 1h59’ e spiccioli. Viene in mente quel che rispondeva Robert de Castella a chi gli domandava: “Ehi, Bob, ma si può correre una maratona sotto le due ore?". “Nella vita si può fare tutto, ma poi si muore anche“. Il baffuto Bob fu primasta mondiale per tre anni, dall’81 all’84, con 2h08’18” e da Kimetto avrebbe beccato un chilometro e mezzo.
Un paio di curiosità: Baldini e l’ugandese Kiprotich che, oltre al nome di battesimo – Stefano - hanno in comune anche l’oro olimpico, sono 179° e 175° nella classifica all time, divisi dall’inezia di due secondi, 2’07’22” l’azzurro, 2h07’20” l’africano, l’uno e l’altro appartenenti al club degli uomini giusti al momento giusto. Collocato molto più in alto il vincitore di Pechino, Sammy Wanijru, 30° con 2h05’10”, scomparso in drammatiche circostanze a 24 anni e mezzo e destinato a un futuro che non ha avuto in sorte.
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