Mennea e Molfetta, l’alba di un sogno

24 Luglio 2023

A trenta chilometri dalla sua Barletta, il grande Pietro corse due gare che ne lanciarono la carriera nel ’68 e pose le basi nel 1987 per gli ultimi Giochi. Il suo ricordo accompagnerà gli Assoluti del weekend

di Fausto Narducci

C’è un inizio e c’è una fine in ogni storia sportiva. Ebbene, il punto di partenza e il capolinea della carriera agonistica ad alto livello di Pietro Mennea in Italia possono essere considerate due gare disputate nel 1968 e nel 1987 a Molfetta, non nel nuovo impianto intitolato a Mario Saverio Cozzoli che vedrà in scena i prossimi Campionati Italiani Assoluti, ma nello storico stadio dedicato a Paolo Poli. Nel caso del più forte atleta italiano di sempre, lo stadio pugliese, a meno di 30 km di distanza dalla natìa Barletta, ha infatti ospitato sia la vittoria che ha lanciato la sua carriera sia l’ultima gara italiana in cui ha realizzato un primato stagionale, ovviamente senza considerare la successiva tournée australiana che l’ha portato a disputare la quinta Olimpiade a Seul. Ma andiamo per ordine.

La svolta del 1968
Pietro Mennea, nato il 28 giugno 1952, aveva disputato la prima gara nel settembre ’66 a 14 anni, quando in attesa di cominciare gli studi all’Istituto Tecnico Commerciale Michele Cassandro, si era aggregato agli atleti dell’Avis Barletta. In quella occasione, nella sua prima gara provinciale sugli 80 metri sulla pista dello stadio Lello Simeone, il giovane barlettano fu battuto in 10”0 da tale Barbera. Fu però nel 1967 che Pietro, scoperto dal professor Alberto Autorino, si tesserò con l’Avis Barletta e passò sotto la guida del professor Francesco Mascolo vincendo i campionati provinciali a Bari e la coppa Italia allievi a Roma per poi stabilire il record pugliese ragazzi della 4x100 (44”1) con Salvatore Pallamolla, Peppino Acquafredda e Franco Gambatesa.

Può considerarsi però il 1968 l’anno dell’avvio agonistico a livello nazionale di Mennea, ormai diciottenne. Proprio a Molfetta, sulla pista dello stadio Paolo Poli (fratello del presidente della FIDAL Giosuè che nel dicembre dello stesso anno avrebbe interceduto con Carlo Vittori per farlo convocare a Formia) che avvenne la svolta: in una riunione regionale Mennea batté infatti per la prima volta il leccese Maurizio De Giorgi, più grande di lui di un anno. Comprese le staffette, la sfida si sarebbe chiusa 4-2 per il leccese, passato alla storia come la sua prima bestia nera.

Nel libro “Io, Pietro e mio fratello” di Domenico Gambatesa (Edizioni Rotas), in cui si raccontano le vicende giovanili di Pietro Mennea e Franco Gambatesa, si evidenzia la prima volta in cui il nome del futuro primatista mondiale comparve su una rivista, il bollettino dell’Avis Barletta “Sangue e Vita”, a firma di Renato Russo. L’articolo dell’agosto 1968 si riferisce proprio alle due gare vinte da Mennea a Molfetta sabato 25 maggio con 9”3 sugli 80 metri e 38”7 sui 300. Lo stesso professor Mascolo nel 2014, in una serata organizzata dal Panathlon di Molfetta, ricordò: “È partito proprio da Molfetta il lancio di Pietro Mennea nel 1968, quando in una gara regionale in cui gareggiava l’atleta Maurizio De Giorgi di Lecce, che era riuscito sempre a vincere su Mennea, sforzai Pietro ad avere fiducia in sé stesso e a non avere paura: il risultato fu che Pietro riuscì a battere De Giorgi e da quel momento è partita la sua carriera”.

L’ultimo acuto del 1987
Chi scrive era inviato della Gazzetta il 28 settembre 1987 quando Mennea, divenuto nel frattempo campione olimpico e primatista mondiale dei 200, gareggiò per l’ultima volta a Molfetta nell’undicesima edizione del Memorial Poli. Come noto, il barlettano si era ritirato dall’attività a fine 1984 dopo la delusione dell’Olimpiade di Los Angeles ma proprio i Mondiali di Roma, dove aveva fatto da spettatore, avevano riacceso la fiammella agonistica. In realtà era stato in gennaio il presentatore Mino Damato nella trasmissione “Esplorando” a metterlo per la prima volta in contatto col dottor Scapagnini dell’Università di Catania che gli fece scattare l’idea di “esplorare” ad un’età avanzata per i velocisti di allora il rapporto fra il cervello e i muscoli. Così dopo Grosseto (21”38 il 10 agosto), Padova (20”76 il 13 settembre) e Cagliari (10”58 il 16 settembre) Mennea realizzò a Molfetta i suoi primati stagionali e l’ultima prodezza italiana della carriera.

In quell’indimenticabile pomeriggio di fine settembre, con lo stadio gremito di tifosi e sferzato dal vento, nel giro di un’ora e mezza Mennea corse i 100 in 10”44 (vento +1.9) e i 200 in 20”68 (vento +1.0). Oggi può sembrare incredibile ma, proprio sotto i nostri occhi, il barlettano chiese di correre un altro 100 (“Sono abituato alle ripetute e sono convinto di migliorarmi”) ma per regolamento non fu possibile inserire una gara extra nel programma. Per onore di cronaca, quella non fu l’ultima gara della stagione perché il 4 ottobre Mennea corse ancora in una serie extra dei 200 ai campionati italiani juniores di Grosseto senza riuscire a fare meglio di 20”96. Per ottenere il minimo olimpico con un certo anticipo, fra gennaio e marzo fu poi organizzata una tormentata tournée in Australia che si concluse con 10”2 manuale sui 100 e 20”87 (+1.8) sui 200 a Canberra, quanto bastava a Mennea per fare il portabandiera a Seul e disputare la sua quinta Olimpiade. Ripescato con il quarto posto in 21”10, il velocista che vanta più partecipazioni olimpiche rinunciò ai quarti per un leggero risentimento muscolare. Prima dell’Olimpiade da registrare sempre per amore della statistica le sue ultime tre gare italiane (10”51 e 21”16 il 28 e il 31 agosto a Rieti quindi 20”91 il 22 giugno a Potenza) ma quelle di Molfetta restano le ultime prodezze italiane del campione che, col suo ricordo, accompagnerà ogni gara dei prossimi campionati italiani.

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