Mondiali, Bolt illumina la notte di Pechino

27 Agosto 2015

Dopo l'oro nei 100 metri, il giamaicano si impone anche nei 200 metri (19.55). Taylor (USA) sfiora nel triplo, con 18,21, il record di Edwards, mentre la polacca Wlodarczyk trionfa nel martello con 80,85

di Marco Sicari

Adesso qualcuno penserà di essere stato preso in giro per mesi, tra risultati di medio livello (rispetto allo standard, s’intende) e assenze più o meno annunciate nei grandi meeting. Bolt è di nuovo lui, l’imbattibile. Il Bird’s Nest fa da teatro ad una nuova impresa, una vittoria (la decima in carriera ai Mondiali, dodicesima medaglia) che racconta di un uomo che ha bisogno di straordinarie motivazioni, oggi - oltre che di un po’ di salute - per tornare a vestire i panni del supereroe. La rincorsa olimpica, la sfida con un avversario finalmente vicino al suo livello, hanno prodotto il concentrato di emozioni di questi giorni pechinesi, contrassegnati prima dalla vittoria nei 100 metri, e poi da questa, fragorosa, nei 200. Bolt trionfa in 19.55 (vento -0.1), miglior prestazione mondiale dell’anno, e costringe Justin Gatlin a due metri secchi di divario (19.74), oltre che altri due avversari (il sudafricano Jobodwana e il panamense Edward) a buttarsi sul filo e chiudere entrambi in 19.87 (bronzo all’africano). E’ una gara epica, ancora una volta, che restituisce un Bolt sorridente, anche se non il gigione di anni fa. Il giusto preludio alla rincorsa olimpica, che ora può davvero cominciare, tagliando il nastro degli ultimi dodici mesi che ci separano da Rio de Janeiro, da quella che, annunci a parte, potrebbe essere la scena dell’ultima recita del 29enne (pochi giorni fa) Usain Bolt. L'uomo di ogni record.

L’altro lampo della serata, è lo straordinario salto dello statunitesne Christian Taylor a 18m21 (+0.2). Un triplo balzo con atterraggio ad un passo dalla storia. Anzi, a soli otto centimetri da quello spartiacque che è il record del mondo di Jonathan Edwards, il 18,29 di Goteborg '95 che ha da poco compiuto vent’anni. L'americano, campione olimpico di Londra 2012, stampa la misura monstre nell’ultimo salto a disposizione, lasciando parecchia luce sull’asse di battuta, e chiudendo di fatto la competizione (era comunque già al comando con 17,68). Battuto l’uomo nuovo, il dominatore della stagione, colui che tutti avevano pronosticato come sicuro campione del mondo, il cubano Pedro Pablo Pichardo, secondo con 17,73 (anche in questo caso, misura realizzata nell’ultima prova). Al terzo posto, il portoghese Nelson Evora, che qui a Pechino, nel 2008, aveva colto l’alloro massimo, il trionfo olimpico, ed oggi è di bronzo con 17,52.

Il giro di pista al femminile è di livello eccelso, anche se il confronto con la prova maschile toglie ovviamente qualcosa alla gara. Vince Allyson Felix (Stati Uniti), come da pronostico, ed il suo crono, 49.26, è il migliore al mondo dell’anno, oltre che il personale (aveva 49.59, realizzato ai Mondiali di Daegu 2011, quando era stata d’argento). Altre due atlete la accompagnano al di sotto dei 50 secondi: la bahamense Shaunae Miller (49.67) e la giamaicana Shericka Jackson (49.99). Strana condotta di gara, quella della vincitrice: partenza fotonica, rallentamento tra i 150 e i 250 metri, nuova accelerazione, e tenuta fino al traguardo. Anche così, niente da fare per le avversarie, separate dalla vincitrice, oltre che dal resto, da un abisso di talento. Fa sensazione notare il filotto di “50 bassi”, tutti giamaicani, che va dal quarto al sesto posto. Il quartetto del miglio giamaicano potrebbe riscrivere la storia della specialità, domenica sera.

Il martello di Anita Wlodarczyk vola lontano, come ha fatto, del resto, per tutto l’arco della stagione. L’oro mondiale è suo (fa coppia con quello conquistato dal connazionale Fajdek tra gli uomini), e brilla in una stagione che l’ha vista vincere sempre (10 gare, inclusa la qualificazione di Pechino) e soprattutto arrivare anche al record del mondo, l’81,08 del primo agosto scorso. Al Bird’s Nest la polacca pianta la bandierina a 80,85 (con un altro lancio oltre gli 80 metri, 80,27), doppiando, in questa sua stagione d’oro, il titolo mondiale già conquistato sei anni fa a Berlino. E con il primato lasciato ad appena 23 centimetri. Nei lanci migliori, la velocità di rotazione è pazzesca, così come la sensibilità nel rilascio dell’attrezzo: martellate all’ennesima potenza, prestativa e tecnico-stilistica. L’argento va alla cinese Wexiu Zhang (76,33), il bronzo alla francese Alexandra Tavernier (74,02).

Nelle semifinali dei 110hs nessuna clamorosa sorpresa: tutti i favoriti accedono al turno conclusivo. Il migliore è lo statunitense Aries Merrit: il suo 13.08 (-0.2) è il miglior crono del round, seguito dal 13.09 del russo Shubenkov, la seconda gamba più veloce del west. Più distante David Oliver (13.17, -0.1) superato nella terza semifinale anche dal francese Bascou (13.16). L’ultimo tempo di ripescaggio è il 13.25 del francese Garfield Darien (sono tre i transalpini in finale, con Martinot-Lagarde). Si va forte, anzi, fortissimo, nelle semifinali degli 800 metri donne. La gara sale in un’altra dimensione, a Pechino: in tre vanno sotto l’1:58, altre otto con tempi tra 1:58 e 1:59, solo sette (su 24!) vanno al di sopra dei due minuti. La migliore è la canadese Melissa Bishop, che supera nei centimetri finali la keniana Eunice Sum e fissa il record nazionale a 1:57.52; altre due atlete nello spazio di quattro centesimi: la bielorussa Arzamasova (1:57.54) e la Sum (1:57.56). Sifan Hassan, con 1:58.50, non si qualifica per la finale, a riprova della incredibile consistenza della gara. 

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