Mondiali, Galvan si arrende, Bolt fa jogging



Easy, very easy. Usain Bolt Non spreca energie. La sua semifinale dei 200, di metri ne dura poco meno di 120, ovvero all'incirca la lunghezza della curva. Entrato in retta, il giamaicano scala almeno un paio di marce, prima di rilassarsi nel jogging degli ultimi 50 diventato ormai un marchio di fabbrica. Il cronometro dice 20.08 (vento nullo) e fa impressione, perché la sensazione è davvero quella di una passeggiata al parco. Dietro di lui, continua a far bene il non ancora 20enne di Panama Alonso Edwards, secondo in 20.22 davanti a Shawn Crawford (20.35). Domanda: può il fenomeno correre in meno di 19.30, ovvero nel record del mondo? Chissà, ciò che è certo è che Bolt sta distribuendo le energie in maniera straordinariamente intelligente. Domani, in finale, se ne troverà probabilmente ancora molte. E l'effetto, combinato all'attenzione globale, potrebbe divenire devastante. Gli contenderà il passo (si fa per dire, viste le premesse) soprattutto lo statunitense Wallace Spearmon, vincitore della seconda semifinale in 20.14; dietro di lui, al quarto posto (e quindi in finale) l'azero Ramil Guliyev, il campione europeo junior di Novi Sad, macchia bianca da 20.29 nella marea coloured. Ultima notazione: con 20.45 si approda alla finale mondiale di sua maestà Usain primo. Il cui dominio comincia a produrre effetti simili a quelli vissuti nel mezzofondo, ormai terreno di caccia dei soli corridori africani. Qualche americano sembra comunque aver imparato almeno qualche pezzo di lezione. Nel primo turno dei 200 donne, Alyson Felix corre la batteria in un sereno 22.88, e chiude solo con il settimo tempo del turno (prima piazza per il 22.51 della connazionale Hooker). Ma certo non conta. Da domani, in semifinale, si comincia a fare sul serio.

La finale dei 1500 metri è stata bella e intensa, come si addice ad una corsa mondiale della gara delle gare, il miglio metrico. L'ha vinta il più forte del lotto, ma anche il più elegante, Yusuf Kamel, maglia del Bahrain e cuore keniota, il cui nome nella prima vita africana era Gregory Koncellah, figlio di quel Billy che illuminò gli 800 di Roma 1987 e di Tokyo '91. Il suo rettilineo finale non lascia spazio ad equivoci, e stende le ambizioni dell'etiope Deresse Mekonnen e del campione uscente, Bernard Lagat, bronzo. Il crono di 3:35.93 del vincitore dice tutto, tranne che della disperata rincorsa - a vuoto - del francese Mehdi Baala, partito troppo da lontano (oltre dieci metri alla campana), e quindi fuori causa nel momento decisivo; per lui, settimo posto e ritorno a casa a mani vuote. Esattamente come i grandi battuti, i kenioti (rimasti a gareggiare per la madre patria) Asbel Kiprop e Augustine Choge, quarto e quinto al traguardo.

Gli ostacoli alti al femminile incoronano Brigitte Foster, portando la bandiera giamaicana ancora una volta sul podio (con il terzo posto della Ennis-London, per due volte). Per lei, 35 anni e una vita passata dalle parti del vertice (ma mai con l'oro al collo), finalmente la consacrazione. La statunitense Dawn Harper pasticcia subito con le barriere, mentre la Felicien deve fare i conti con una struttura sempre meno efficiente; resta da battere la Lopez Schliep, l'armadio canadese, che si impegna al massimo. Alla fine, tre soli centesimi separano la Foster dalla rivale (12.51 contro 12.54, vento -0.2), quanto basta per far esplodere la gioia giamaicana. Fantastica anche la finale del disco maschile, dominata per lunga parte, fino all'ultimo lancio, dal polacco Malachowski, capace di migliorare per due volte il suo record nazionale (prima 68,77 e poi 69,15). Con l'ultima pallottola ancora in canna, il tedesco Robert Harting, fino a quel momento secondo, inventa il capolavoro della vita, lanciando a 69,43 e facendo letteralmente esplodere di goia l'Olympiastadion. Con l'ultimo lancio ancora da spendere, il polacco non va oltre i 67,33, aprendo la festa per il pubblico e per lo scatenato Harting; maglietta distrutta, mascotte ribaltata, e via così, in un crescendo di emozioni. Terzo posto per l'estone Gerd Kanter, con 66,88.

Finita la benzina per Matteo Galvan
Non c'era da aspettarsi molto altro dal bravo Matteo Galvan, l'altro azzurro in gara oggi, dopo il bel passaggio del turno di ieri (con personale portato a 45.86). Il vicentino non ha sovvertito il pronostico, correndo il giro senza particolare vitalità. Partito accorto, esattamente come in batteria, non ha poi prodotto la stessa progressione nella seconda curva che lo aveva promosso. Rettilineo abbastanza in apnea, e finale in un 46.87 privo di particolare significato (ottavo posto). Merita in ogni caso degli elogi, sia per essersi migliorato nell'occasione più importante dell'anno, sia per aver centrato la semifinale all'esordio in una grande rassegna assoluta all'aperto. A Barcellona, in parecchi dovranno fare i conti con lui. Chi si è dato da fare nei 400 metri è stato certamente LaShawn Merrit, unico a correre su tempi degni del proprio palmarès: 44.37 il crono che ha regalato al campione olimpico la vittoria nella seconda batteria, e l'ammissione alla finale. Per l'avversario di sempre, Jeremy Wariner, trentaude centesimi in più, a completare la cifra del 44.69 del terzo tempo assoluto. Per qual che si è visto, l'oro se lo contenderanno sempre loro. Ultimo tempo dei ripescati, il 44.88 dell'irlandese Gillick; con lui, altri due europei tra gli otto (Bingham e Djone), a testimoniare la risalita del vecchio continente. Nel momento di "bassa" della specialità.

m.s.

Nella foto in alto, Matteo Galvan; in basso Usain Bolt (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL)




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