Mondiali, l'ora dei bilanci, Italia promossa
Cala il sipario su un Mondiale indoor bello e ricco di risultati da vetrina, preludio di una stagione olimpica che non mancherà certamente di infiammare gli appassionati della “regina”. Valencia ha mostrato uno spettacolo godibile, dai contenuti tecnici di primo livello e confezionato con apprezzabile attenzione - salvo qualche fisiologico svarione - dagli organizzatori spagnoli. Il consueto match Russia-Stati Uniti si è risolto con un sostanziale pareggio (europei primi nella classifica a punti, americani nel medagliere); l’Africa continua a dettar legge nelle sue gare da battaglia (mezzofondo, ovviamente), con l'Europa che non avanza ma certamente non indietreggia più come un tempo: cinque paesi nei primi dieci sono del vecchio continente, con una Gran Bretagna, terza (cinque medaglie e dicei finalisti) che sembra già in preda dell'effetto Londra 2012. Il bilancio italiano, tra alti e bassi, non è affatto da disprezzare. La squadra si è complessivamente ben comportata, e anche le delusioni (più o meno grandi) non hanno i connotati della catastrofe, anzi, sono spesso – vedi il caso Di Martino – pienamente spiegabili. Per prima cosa, però, il dato più negativo e più evidente, ovvero lo zero nel medagliere (terza volta nelle ultime quattro edizioni, con la sola eccezione del bronzo di Howe nel 2006). Passo indietro rispetto al 2006, indiscutibile. Detto questo, va sottolineato il fatto che il numero dei finalisti aumenta di un’unità rispetto al 2006 (da tre a quattro: pareggia la cifra più alta dal 1993 a oggi, ottenuta a Budapest 2004 e Parigi 1997), così come crescono i punti della speciale classifica dei finalisti (da 12 a 14: il livello più alto dal 2003, cioè nelle ultime quattro edizioni). Nella classifica a punti 2008 l’Italia è 21esima, a pari merito con la Germania (e ad un solo punto dalla Cina); nulla di cui essere entusiasti, certo, ma non era questa spedizione di 13 atleti, che ci si poteva attendere una messe di straordinarie performances. Anzi, va probabilmente sottolineato il fatto che, proprio nel momento in cui le certezze vengono meno (vedi l’assenza di Howe, e le dificoltà della Di Martino), spuntano altri protagonisti, in un paio di casi in specialità fino a poco tempo fa (diciamo ore) definite depresse. Due dei quattro finalisti italiani sono infatti mezzofondisti, così come va notato che sono le donne ad aver fatto meglio degli uomini. L’Italia che non correva più – nel senso che non aveva praticamente più atleti nelle prove di corsa – adesso spunta qua e là anche nelle finali mondiali (Weissteiner e Cusma). E questo è un fatto. Insomma, vanno coltivati piccoli tesori come una Cusma combattiva e da record (abbattere un primato vecchio di 26 anni non è necessariamente un demerito...); come la Chiara Rosa capace di combattere ad armi pari con le migliori pesiste del globo (e con una forza comunicativa, che se per sbaglio arriva a vincere qualcosa, il suo peso diventerà più popolare del tressette); come una Weissteiner che prima o poi farà qualcosa di gigantesco (perché ha cuore, testa e da qualche tempo anche un po’ di gambe); o come un Donato finalmente privo dei tanti fantasmi del passato, e capace di proiettarsi là, tra i grandi del triplo, dove quel fisico fuori dall’ordinario dovrebbe portarlo stabilmente, ogni singolo giorno dell’anno. Senza contare Micol Cattaneo, che uscirà da questa prima esperienza di vertice ancora più cattiva tra le barriere (il ricordo della finale mondiale ad un passo animerà probabilmente le sue notti per un po’), e pronta ad acchiappare con un guizzo anche quei primati che ormai merita. Così come bisogna avere fiducia in Cosimo Caliandro, che a Valencia è stato un po’ sfortunato e un po’ distratto, ma che ha davvero imboccato la strada giusta per dare una bella scossa al mezzofondo. L’atletica italiana aspetta poi le sue carte outdoor per lanciarsi nella stagione olimpica: i marciatori Schwazer, Brugnetti, Rigaudo, le martelliste Balassini e Claretti, i maratoneti Baldini e Genovese. Piccoli tesori di un’Italia dell’atletica che merita considerazione. Solo un pizzico, però. m.s. Nella foto, Chiara Rosa (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL) File allegati:
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