Mondo 2020: record nonostante tutto

28 Dicembre 2020

Le imprese di Duplantis, i primati di Cheptegei, la strada che prende il volo. Il talento, la giovinezza e lo specchio della normalità in un anno che di normale ha avuto poco

di Marco Buccellato

Il primo dietrofront viene reso noto ai media il 25 gennaio. La prima manifestazione che fa le spese del coronavirus outbreak sono i campionati asiatici indoor di Hangzhou (Cina, 600 km da Wuhan) previsti per metà febbraio. La valanga è alle porte e sta per travolgere tutto. Saltano i Mondiali indoor di Nanchino, poi le maratone di Tokyo e Nagoya, i campionati NCAA indoor, poi quella corsa così attesa, quell'altro evento di minor risonanza, poi tutto. La spianata della discesa libera del virus maledetto fa piazza pulita dell'atletica, dello sport, dei Giochi Olimpici che restano sospesi nel limbo, in attesa della clemenza di una natura che, al momento, chiude l'umanità e la normalità dietro una porta. Eppure, il segnale della normale bellezza è arrivato, si è srotolato lungo un anno difficilissimo, seppur con dinamiche nuove, più individuali che di massa. Meno concorrenti, meno spettatori a incorniciare le strade di maratona lungo le città. Il segnale è arrivato, ironia della forza e non della sorte, subito dopo i primi allarmi e notizie allarmistiche, poi nel pieno delle totali cancellazioni. Arriva l'8 di febbraio, in Polonia, per il primo dei record del mondo che hanno colorato a tinte forti un annus horribilis tutto bianco, come la distesa di neve effetto della valanga.

UNA SETTIMANA DA DIO - Sale dove nessuno mai. Armand Duplantis aggiunge un centimetro alla conquista di quello spazio figlio di Renaud Lavillenie, sulla pedana di Torun, in Polonia, dove il World Indoor Tour scrive una pagina storica. Mondo di qua, Mondo di là, ma a 20 anni non ci si ferma a guardarsi allo specchio. Sette giorni dopo, nell'arena di Glasgow, il 6,18 del ragazzo svedese nato in Louisiana fa già dimenticare il 6,17 polacco. Che importa se c'è il tetto, il record è assoluto come da regolamento. E poi a Armand, il tetto inizia ad andare stretto. Il suo 2020 sciorina meraviglie. Chiude le gare in sala con cinque gare tutte oltre i sei metri. Il 6,07 di Liévin, subito dopo l'abbuffata record, appare a palati grossolani come una delusione (sic!). All'aperto riparte da Oslo con le sagome a sostituire il pubblico, poi Montecarlo, Stoccolma, la meravigliosa sfida di Losanna con Capitan Kendricks, l'apoteosi del Golden Gala, per i 6,15 mai superati da un umano a cielo aperto. Imbattuto. Imbattibile.

LUNGA È LA STRADA - Il primo a scrivere un primato del mondo è un altro ragazzo del '99, Rhonex Kipruto, che il 12 gennaio sulle strade di Valencia corre i dieci chilometri in 26:24, togliendo il limite all'ugandese Cheptegei. Una specie di ampio compasso che parte dalla finale mondiale dei 10.000 metri a Doha, dove l'ugandese si era laureato campione del mondo e Kipruto, alla prima grande rassegna in pista, era salito sul podio con il bronzo. I loro destini, e la location valenciana, sono legati a doppio filo.

STRISCIA RECORD MOZZAFIATO - Il tris d'oro è firmato proprio da Cheptegei. Inizia dalle strade monegasche il 16 febbraio, con l'aggiornamento della fresca casistica del primato del mondo dei 5 km su strada. L'ugandese è il primo a scendere sotto i tredici minuti in 12:51. Toglie il primato a chi? A Kipruto, che nel record di Valencia era transitato al quinto chilometro in 13:18, ancorché un primato decisamente in via di evoluzione. Il Principato di Monaco pulsa per i garretti di Cheptegei alla vigilia di Ferragosto, è il primo ugandese a cifrare un record del mondo sui 5000 metri in 12:35.36, due secondi sotto al limite di Bekele ormai vecchio di oltre tre lustri. E' finita? No, torna in auge ancora Valencia, la nuova Mecca del cronometro. Il 7 ottobre, Cheptegei va in orbita sui 10.000, accoppiando il primato al titolo iridato di un anno prima. E' ancora Bekele il re detronizzato dall'ugandese, stavolta di sei secondi e mezzo, fino a un impensabile 26:11.00. Lussuoso affresco valenciano è la scorribanda sui 5000 donne di Letesenbet Gidey, etiope di flessuosa eleganza, che in 14:06.62 si prende il record di Tirunesh Dibaba. Tutto in meno di un'ora.

L'ORA DEI PRIMATI - Laddove manca il sale, viene buono il pepe. Lo aggiungono a Bruxelles il 4 settembre i nuovi primatisti mondiali Mo Farah e Sifan Hassan, che in un'ora altamente tecnologica percorrono rispettivamente 21,330 km e 18,930 km. A esser pignoli, ci scappa anche il limite ai 20.000 metri del belga Abdi (56:20.02), per pochi attimi capofila davanti all'ombra-killer del britannico pigliatutto. La Diamond League, mortificata dalle limitazioni, assicura comunque tre primati del mondo e il capolavoro romano di Duplantis.

RIVOLUZIONE MEZZA MARATONA - I limiti cadono quattro volte. Nell'esotica Ras al-Khaimah apre le danze l'etiope Ababel Yeshaneh, che in 1h04:31 toglie 20 secondi al record della keniana Jepkosgei, e strada facendo copre i primi venti chilometri in un crono mai visto (1h01:11). Secondo e terzo capitolo sono di stampo keniano, con la due volte iridata sulla distanza Peres Jepchirchir, che abbatte il limite della mezza per sole donne e non mista, prima a Praga in 1h05:34 poi nel Mondiale di Gdynia in 1h05:16. L'apocalisse cronometrica è una volta di più a Valencia, solo tre settimane fa. Il 6 dicembre le strade della capitale 2020 dei primati vedono l'impossibile, ben quattro atleti sotto il precedente record del mondo (58:01 del keniano Kamworor), con un altro keniano, Kibiwott Kandie, a disegnare un presente inimmaginabile in 57:32. Il delfino di Cheptegei, Jacob Kiplimo, gli finisce a cinque secondi a soli vent'anni, ma si prende il miglior crono di sempre al passaggio del 20esimo chilometro (54:42). Rhonex Kipruto, un habitué di questa review, è terzo in 57:49. Fuori podio, ma con prestazione sotto il record mondiale, il keniano Mutiso, 57:59, crono stordente, mani vuote.

APPENDICE - Come tralasciare altri grandi momenti dell'anno più sui generis? Il giusto riconoscimento va al pazzesco Karsten Warholm, che prima del piatto forte del record europeo dei 400hs a Stoccolma (46.87 urtando l'ultimo ostacolo) aveva firmato un 300hs in solitaria negli Impossible Games di Oslo, primo dei terrestri a chiudere sotto i 34 secondi (33.78). Da record mondiale indoor il triplo della venezuelana Yulimar Rojas, 15,43 in sala a Madrid. Ancora, il 10.000 metri di marcia più veloce di sempre (37:25.21) del nipponico Takahashi, e nella stagione delle distanze spurie, i 150 metri piani dell'olimpionica dei 100hs Brianna McNeal (16.41). Da Warholm a un altro figlio dei fiordi. Il tributo va a Jakob Ingebrigtsen, che all'european best di Oslo sui 2000 metri (4:50.01) nella sfida a distanza con i keniani, accoppia una delle perle della stagione, il record europeo sui 1500 metri in 3:28.68 nella magica serata di Montecarlo, cedendo solo al campione mondiale Timothy Cheruiyot (3:28.45).

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Da sinistra: Joshua Cheptegei, Peres Jepchirchir, Armand Duplantis, Sifan Hassan, Karsten Warholm (foto Vernon/WA, Sisk/WDL, Colombo/FIDAL)


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