Mondo: la mosca bianca di maratona

07 Novembre 2016

Nessun maratoneta caucasico tra i primi cento perfomer della specialità. Il migliore è Galen Rupp, il bronzo olimpico di Rio.

di Marco Buccellato

Dopo la New York Marathon è tempo di bilanci per il pianeta delle 42 km. Nel consueto festival africano di prestazioni di altissimo, alto e medio-alto livello, si ripropone anche nel 2016 la sparizione degli specialisti caucasici di genere maschile tra i primi 100 performers stagionali. Era già successo nel 2013 e nel 2010, il che peggiora la casistica. Significa che nessun maratoneta bianco ha guadagnato l'ingresso nel top-100 per tre volte negli ultimi sette anni. Il paradosso, nemmeno tanto a pensarci bene, è che il primo caucasico delle graduatorie della maratona, lo statunitense Galen Rupp (2h10:05, posizione provvisoria n. 109 nelle liste 2016), ha messo al collo il bronzo olimpico, potendosi presentare ad armi un po' più pari (limite di atleti per nazione) rispetto alle grandi maratone del calendario. Altro esempio: due azzurri tra i primi dieci nella maratona iridata di Pechino 2015, con Pertile quarto e Meucci ottavo. Ciò che latita è però la densità dei caucasici a livelli competitivi e soprattutto cronometrici. Due presenze caucasiche tra i migliori 100 l'anno scorso, due anche nel 2014, tre nel 2012, una nel 2011, due nel 2009 (con l'ultimo italiano tra i primi 100 del mondo, Ruggero Pertile), solo uno nel 2008 e la bellezza di dieci nel 2007. Ventuno presenze sulle mille disponibili.

LA STRADA SMARRITA - Se i caucasici piangono, le caucasiche non ridono: il contigente femminile nelle prime 100 stagionali è, al momento, ridotto a undici unità. Con una presenza più nutrita, le caucasiche sanno però fare appena meglio dei caucasici in zona medaglia, avendo centrato tre metalli nell'ultima decade di "global-events" (Olimpiadi e Mondiali), con Valeria Straneo, Tatyana Petrova e Constantina Dita, rispetto ai due podi degli uomini.

Oltre al bronzo olimpico di Rupp, c'è anche il bronzo dell'elvetico Röthlin a Osaka all'inizio del ciclo di dieci anni, fino a oggi. I caucasici più presenti tra i sopravvissuti del ciclone di prestazioni non-caucasiche (Africa subsahariana, e in netta minor misura Maghreb, Asia, statunitensi afroamericani, centro e sudamericani) sono lo statunitense Ryan Hall e il già citato Röthlin, tre volte ciascuno, nel top-100, poi due volte il polacco Szost e l'ucraino Sitkovskyy. Urge inversione di marcia, anzi di corsa.

INFATICABILI: DUE MEZZE MARATONE IN 24 ORE - Altra 42 km a Seul: vince in 2h08:07 il keniano Joel Kiplimo Kemboi sul connazionale Ronald Kipkoech Korir (2h09:01) e sull'etiope Chala Dechase (2h09:19). Parti invertite (un etiope e due keniani) nella maratona cinese di Hangzhou: vittoria di Regasa Mindaye in 2h11:22 su John Komen (2h11:25) e Raymond Bett (2h11:30), ma una keniana, Anne Bererwe Cheptanui, fa sua la gara donne in 2h31:21. Kenya-Kenya anche a Porto, dove vincono Samuel Theuri in 2h11:48 e Loice Jebet Kiptoo in 2h29:13, con due lusitane sul podio (Ribeiro in 2h30:10, esordio sui 42 km, Costa in 2h30:27). Sulle altre distanze, l'etiope Buze Diriba ha centrato la miglior prestazione mondiale stagionale sulle dieci miglia a Pittsburgh in 51:38. Due mezze maratone in Polonia, con keniani pigliatutto e prestazioni al limite dell'incredibile, perché ottenute nell'arco di ventiquattr'ore: sabato a Swidnica Hillary Kimaiyo (1h03:37) e Stellah Barsosio (1h16:39), ieri a Koscian ancora Kimaiyo in 1h03:19 e la Barsosio in 1h13:57.

PRESIDENTE HAILE - Haile Gebrselassie è stato eletto presidente della federazione etiope.

Il grande campione etiope volerà in settimana a Atene per ricevere il premio alla carriera in occasione del Gala per il Best Marathon Runner dell'AIMS (i campioni olimpici Kipchoge e Sumgong saranno gli atleti premiati). Nel consiglio della federazione etiope fa il suo ingresso anche l'ex-iridato di cross e vincitore della New York Marathon Gebremariam. In rappresentanza degli atleti spiccano le figure di due grandissimi, Sileshi Sihine e Meseret Defar. Per l'elezione del presidente della federazione russa, in programma tra un mese, sono ufficiali le candidature di due campioni olimpici, Yelena Isinbayeva e Andrey Silnov. Altro ex-atleta eletto, anzi confermato, è l'ex-marciatore Korcok, alla guida della federazione slovacca. Gabriela Szabo punta ancora più in alto: si è candidata per la presidenza del comitato olimpico della Romania.

PENSANO IN GRANDE - Dopo Asbel Kiprop, che ci ha provato un paio di volte andandoci assai vicino l'anno scorso a Montecarlo, anche Elijah Manangoi ha nel mirino il record mondiale dei 1500 metri, quel 3:26.00 ottenuto sulla pista dello Stadio Olimpico di Roma e che, in assenza di prestazioni clamorose, si avvia sereno verso un ventennale di vita. Inarrivabile il record mondiale del disco donne, Sandra Perkovic sogna almeno di lambire o superare i 72 metri, misura mai raggiunta dal lontano 1989. Un'altra grande croata, Blanka Vlasic, ha invece espresso il proposito di proseguire la carriera per un altro quadriennio, chiudendo la carriera nell'anno olimpico 2020. I riconoscimenti della settimana internazionale sono stati assegnati in Sud Africa (sportivi dell'anno i campioni olimpici Wayde van Niekerk e Caster Semenya), e in Polonia (il premio Golden Spikes all'olimpionica del martello Anita Wlodarczyk e al discobolo argento di Rio Piotr Malachowski).

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