Olimpiadi, Donato mette la quinta

07 Agosto 2016

Il triplista laziale, che sarà in gara a Rio de Janeiro il giorno di ferragosto, pronto per il pokerissimo di presenze ai Giochi (nella lista di sempre, raggiungerà in vetta Mennea, Pamich, De Benedictis). ''Sono pronto''

Un po’ assonnato, com’è ovvio che sia dopo un volo intercontinentale, ma desideroso di vivere i giorni della sua quinta partecipazione ai Giochi Olimpici. Fabrizio Donato, accompagnato da coach Roberto Pericoli, è arrivato nella tarda mattinata di ieri (il primo pomeriggio italiano) a San Paolo, quartier generale dell’atletica italiana in vista delle gare di Rio. Tra una settimana, il 14 agosto, 24 ore prima dell’esordio olimpico, compirà 40 anni. Anche se questo non lo renderà l’atleta più anziano della selezione azzurra. “Come si fa ad essere ancora qui? Semplice – risponde il triplista laziale – basta continuare a divertirsi come faccio io. L'atletica è esattamente ciò che mi piace fare. Sto bene, sento di avere ancora cose da dire e fare in questo mondo. Il fatto di essere alla quinta partecipazione olimpica (raggiungerà Mennea, Pamich e De Benedictis in testa alla graduatoria italiana di sempre, ndr) mi inorgoglisce, ma la mia ambizione è di essere considerato per quello che potrò fare in pedana, non solo per quello che ho fatto in passato”.

La storia olimpica di Fabrizio Donato inizia 16 anni fa, Sydney. “Ero solo un ragazzo, probabilmente non ancora pronto per questo tipo di manifestazione. Avevo paura, fondamentalmente temevo di non essere all’altezza. La cosa peggiore che possa capitare nello sport. Sono maturato con gli anni, probabilmente più tardi di altri, ed è per questo, forse, che sono ancora qui”. Quattro anni fa, a Londra, la sua medaglia di bronzo (successiva all’oro europeo di Helsinki, in una stagione da incorniciare) evitò lo “zero” alla squadra italiana. “Ero in condizioni strepitose, il 2012 è stato un anno memorabile. Ma oggi non sono lontano da quella forma. Agli Assoluti di Rieti, il piccolo stiramento subito in gara mi ha impedito di ottenere una buona misura. Ma il livello generale di efficienza, in termini di forza, velocità, capacità di balzare, era ai massimi livelli di sempre. Ora sto bene, nessun problema fisico. Ieri, prima della partenza per San Paolo, ho provato rincorse complete, anche con stacchi.

Tutto regolare, sono pronto”.

Il triplo ha perso più di un protagonista, a livello mondiale. “Tra infortuni e rendimenti altalenanti, la situazione è abbastanza incerta. I due statunitensi Taylor e Clay (oro e argento a Londra 2012) sono i migliori, non c’è dubbio, ma anche loro non sono molto costanti; da Cuba, tutto tace, Pichardo non ha gareggiato, ma ci sarà. E sicuramente farà bene. Il livello medio, in ogni caso, si è un po’ abbassato, così come le misure che potrebbero consentire di entrare in finale”. Donato sente di poter dire la sua. “Altrimenti non sarei qui. La cosa più difficile, e non solo per me, sarà il fatto di dover affrontare due gare, ovviamente a patto di entrare in finale, in due mattinate consecutive (la finale è in programma il giorno di ferragosto, alle 14:50 italiane, le 9:50 di Rio, ndr). Potendo scegliere, bisognerà provare a spendere meno salti possibile in qualificazione. Ci proverò”. Le donne di famiglia (la moglie Patrizia Spuri, e le figlie Greta e Viola) sono rimaste a casa. “Viaggio troppo impegnativo per la piccola. Ma anche da lontano, mi danno una grande energia. È bello vedere la partecipazione emotiva di mia figlia, che adesso ha l’età giusta per capire quello che faccio”. Un privilegio consentito a pochi. Anche tra gli atleti in grado di partecipare a cinque edizioni delle Olimpiadi.

Marco Sicari

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