Olimpiadi di Tokyo, le carte azzurre
27 Luglio 2021di Marco Sicari
Fossimo nei pressi di un autodromo, si sentirebbero i motori rombare. Manca poco, ormai, al via delle gare di atletica ai Giochi Olimpici. Nella notte tra giovedì e venerdì (venerdì mattina, in orario giapponese) la “regina” lancerà i suoi uomini e le sue donne sulla pista e sulle pedane dello stadio, in attesa che i protagonisti della strada si affrontino – negli ultimi giorni dei Giochi – per le vie di Sapporo, mille e più chilometri a nord, sull’isola di Hokkaido. Tokyo si confronta con l’arrivo del tifone, che ha contribuito ad abbassare repentinamente le temperature bollenti dei giorni scorsi, ma trasformerà presto il diluvio nell’umidità tipica di queste latitudini. I primi azzurri dell’atletica, usciti dalla Waseda University, sono finalmente al villaggio olimpico, probabilmente l’unico luogo che ha mantenuto (quasi) intatto il tipico clima festoso dell’Olimpiade. Fuori, in città, e soprattutto negli impianti, l’atmosfera è quella dei giorni del Covid, tra file per i tamponi, e spalti inevitabilmente vuoti. Tra poco non ci sarà più spazio per sogni e propositi: venerdì saranno ben 17 gli italiani in gara (tredici in prove individuali, più il quartetto della staffetta 4x400 mista, impegnato nel primo turno). Per tutti, sarà il momento delle qualificazioni o delle batterie, salvo che per Yeman Crippa, atteso dalla finale diretta dei 10000 metri (ore 13:30 italiane, le 20:30 locali), dove si correrà subito per le medaglie. L’uomo più atteso è senza ombra di dubbio Gianmarco Tamberi, che sarà impegnato nel round introduttivo dell’alto quando in Italia sarà notte fonda (le 2:15 del mattino, le 9:15 locali). Ed è come se il DT Antonio La Torre, seduto ad un ipotetico tavolo da gioco, calasse subito una delle sue carte più preziose.
L’uomo copertina
Per palmarès, storia, talento, Gimbo – capitano della squadra a cinque cerchi - è effettivamente l’uomo copertina di questa squadra. L’argento colto agli Europei indoor di Torun, nel marzo scorso, è l’alloro più recente, che in carriera si unisce (solo per ricordare i successi più importanti) al titolo mondiale indoor di Portland 2016, quello europeo outdoor di Amsterdam dello stesso anno, e quello continentale indoor del 2019. Tamberi, come noto, manca dai Giochi Olimpici da Londra 2012, quando vi prese parte poco più che ventenne. L’appuntamento con la storia sarebbe stato quattro anni più tardi, a Rio, se il destino non si fosse messo in mezzo, sotto forma del terribile infortunio che a Montecarlo, nell’ultima gara prima dei Giochi, lo lasciò a terra dopo avergli regalato il record nazionale di 2,39. Ora il nuovo appello, agognato, atteso dal marchigiano per cinque anni, anche se le premesse, ed il contesto, sono inevitabilmente diversi. La gara dell’alto è incertissima, e gli avversari (vecchi e nuovi) ci sono praticamente tutti, a cominciare dal bielorusso Nedasekau e dal russo Ivanyuk, appaiati sul trono di capolista stagionale con la misura di 2,37.
Tamberi vanta il 2,33 del Golden Gala di Firenze, ma è fin troppo chiaro che, ripulita la lavagna, gli unici numeri che conteranno qualcosa saranno quelli ottenuti a Tokyo.
Le carte del DT La Torre
Marcell Jacobs e Filippo Tortu nei 100 metri, le marciatrici Antonella Palmisano ed Eleonora Giorgi, la staffetta 4x100 metri uomini (con il boost dato dal trio Jacobs-Tortu-Desalu); ma poi, in un contesto tanto equilibrato, si può non sognare l’esplosione dei triplisti (uno, o tutti e tre: Bocchi, Dallavalle, Ihemeje), una spallata memorabile da Leo Fabbri, una cavalcata clamorosa di Yeman Crippa o dei maratoneti, una rimonta tra le barriere di Alessandro Sibilio, l’ennesima conferma delle mai sufficientemente apprezzate sprinter della 4x100 (finaliste mondiali e trionfatrici nella rassegna iridata di specialità)? Sognare, certo, perché mettere tutte le tessere a posto sarà impossibile, se non altro perché, senza scomodare la legge di Murphy, in campo ci sono anche gli avversari. Ma tutti gli azzurri hanno dei loro obiettivi, che vanno letti ed interpretati in maniera corretta, e che spesso possono essere rappresentati da un primato personale, dal passaggio di un turno, in qualche caso, ove l’età lo consenta, anche da un’esperienza preziosa in vista del futuro. E allora ogni gara è attesa da chi ama questa atletica azzurra con trepidazione: venerdì saranno in pista i siepisti (occhio ad Abdelwahed) e Nadia Battocletti nei 5000 metri, sabato Daisy Osakue nel disco, Bogliolo e Di Lazzaro nei 100hs, e poi ancora, con il passare delle giornate, Gaia Sabbatini nei 1500, Dalia Kaddari nei 200, Paolo Dal Molin negli ostacoli alti… Allo scorrere dell’elenco si aprono infiniti pop-up. La realtà olimpica sarà dura, ma da affrontare con quello che più serve (oltre a talento e preparazione) in questi contesti: un pizzico di faccia tosta. Con l’augurio, poi, che certi risultati non vengano dati per scontati, come fossero dovuti e ormai addirittura già ottenuti. Un caso su tutti: Marcell Jacobs e i 100 metri. Vale la pena ricordare che l’Italia, in oltre un secolo di Olimpiadi, non ha mai piazzato un uomo in finale nei 100 metri. Qualcosa vorrà pur dire…
Il confronto con i numeri
Bisogna sempre voltarsi indietro, prima di guardare avanti. Se non altro, per capire da dove si proviene. Nelle ultime due edizioni dei Giochi, l’Italia ha colto complessivamente una medaglia, il bronzo di Fabrizio Donato nel triplo a Londra 2012; quattro anni più tardi, arrivò il doloroso “zero” di Rio de Janeiro, il primo dal 1956, inevitabile termine di paragone per la spedizione giapponese del 2021. Dal Brasile a oggi, nel corso di questi ultimi cinque anni, l’atletica italiana è cresciuta da ogni punto di vista. I 76 componenti la squadra olimpica (con 5 staffette qualificate sulle cinque in programma) sono un dato obiettivo – basato su qualificazioni, conseguimento dello standard o posizione nel ranking - che testimonia la maggiore competitività del movimento.
A sua volta, certificata anche dai passi avanti ottenuti in tutte le rassegne recenti (Euroindoor, Mondiali di staffette, Coppa Europa di marcia, Campionato Europeo a squadre, rassegne giovanili). Quella che prenderà parte ai Giochi di Tokyo 2020 è la squadra più numerosa di sempre, con numeri più che raddoppiati rispetto a Rio e Londra; fatto che non va certamente esaltato (non sono i numeri a determinare le graduatorie), ma che, per le ragioni precedentemente esposte, non si deve rischiare di banalizzare. L’augurio è che una base allargata sappia produrre, anche in prospettiva, nuove vette, in termini di miglioramento dei propri limiti, piazzamenti, accessi alle finali. Certo, la scena mondiale è diversa da quella continentale, ormai in quasi tutte le discipline; ma in una logica di crescita, l’ultima cosa di cui avere paura è il confronto. Perché è proprio lì, guardando in faccia gli avversari, anche quelli inarrivabili, che si costruiscono le carriere.
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