Olimpiadi, la fine dei Giochi
La seconda parte dell'analisi delle gare olimpiche, iniziata la settimana scorsa, prende in considerazione gli ultimi giorni di competizione, dove le sorprese e le emozioni sono state ancora maggiori che nelle prime quattro sessioni di atletica dei Giochi Olimpici di Pechino.
Alto maschile: medaglia d'oro al buon senso
Quello dei responsabili della selezione russa, che dopo aver scelto per Pechino il trio di saltatori in alto Rybakov-Voronin-Tereshin (ed hanno assai intelligentemente iscritto il campione d'Europa Silnov come riserva), hanno fatto marcia indietro alla luce del 2.38 del biondo a Montecarlo. Risultato: alla faccia dei Trials in pedana ci va, per una volta, l'atleta più in forma. Medaglia d'oro a parte, di Silnov hanno impressionato due dei tre tentativi portati al nuovo record europeo di 2.42, che per quanto visto è largamente nelle possibilità del più grande talento visto in campo internazionale dopo il ritiro di Javier Sotomayor.
Bellissima la finale: nonostante gli scricchiolii di un ginocchio, il britannico ex-giamaicano Mason ha portato a casa un argento da incorniciare ed il giovanissimo tedesco Spank ha dimostrato cosa significa saltare con la testa prima ancora che con le gambe. In finale, in un ruolo solo sognato, e gran bella figura con primato personale. Lo svedese Holm, grande escluso dalle medaglie, continuerà fino a fine stagione. In caso di vittoria, avrebbe lasciato l'attività con un ultimo capolavoro.
Disco uomini: l'era di Kanter
Dopo il titolo mondiale di Osaka è venuta la conferma che il numero uno della specialità è davvero l'estone Kanter. Il lituano Alekna, dominatore dell'ultimo decennio, è bronzo dopo due ori, ed è riuscito a tornare su un podio assoluto dopo il clamoroso quarto posto di Osaka. Amarezza per Mario Pestano, il discobolo delle Canarie, rimasto fuori dai tre lanci di finale per un solo centimetro. L'amarezza è doppia se si considera che il centimetro in più è stato ottenuto dall'ungherese Fazekas, squalificato ad Atene.
400 femminili: oro sperperato
Delle tante sorprese riservate dalle finali dell'atletica, quella della sconfitta di Sanya Richards è stata una delle più sconcertanti: partenza jet, in barba alla distribuzione dellos forzo, e rettilineo sulle ginocchia. Il jolly lo ha pescato per il secondo anno consecutivo la britannica nera Ohuruogu, che si è laureata campionessa olimpica praticamente con la fotocopia della gara che le diede il titolo mondiale ad Osaka. Buon per la Richards che la sofferenza in rettilineo abbia avuto fine al metro numero 400. Le russe dietro di lei, con qualche metro ancora, se la sarebbero mangiata viva.
100 ostacoli: venti minuti da incubo per gli USA
E' il tempo trascorso dalla finale dei 400 a quella dei 100 ostacoli, dove si è consumato l'ennesimo dramma della storia olimpica della specialità. Nella memoria di molti è ancora ben presente il clamoroso errore di Gail Devers a Barcellona '92, con inusitata vittoria della greca Patolidou. A Pechino il "jolly nero" è toccato in sorte a Lolo Jones, favorita e lanciata verso la medaglia d'oro: scarpetta sull'ultimo ostacolo e addio sogni di gloria, ma almeno stavolta l'inattesa eredità è stata ssegnata ad un'altra statunitense, Dawn Harper, sulla carta la meno accreditata delle tre americane in finale. Parziale sorpresa anche per il bronzo, dove la nerboruta canadese Lopes ha vinto la battaglia dei centesimi. Dopo di lei, in due sospiri, ben tre atlete, tutte a mangiarsi le mani.
1500 uomini: Ramzi al terzo podio globale
Dopo il ritiro di Hicham El Guerrouj è il marocchino che corre per il Bahrain il numero uno. La storia va avanti dai mondiali di Helsinki, quando fece l'accoppiata con gli 800. Ad Osaka fu impantanato nell'argento solo perché all'oro andò il miglior Bernard Lagat di sempre e perché non aveva alcuna gara nelle gambe. Ad Osaka ha vinto perché è ancora il più arcigno ed affamato. Appena però il kenyano Kiprop (fenicottero d'argento) metterà nelle gambe qualcosa che assomigli a dei muscoli, non ci sarà più storia.
Martellate: il trionfo dopo il brivido
Il sogno olimpico della cubana Moreno si è nuovamente infranto al cospetto di una specialista dell'Est europeo. Ad Atene l'oro andò alla Kuzenkova, noonstante la Moreno fosse imbattuta e super-favorita. A Pechino la medaglia più preziosa è stata appannaggio della bielorussa Miankova (conosciuta fino a un paio di stagioni fa come Menkova). I nervi saldi sono la dote migliore dell'atleta di Krichev, come si è visto nella tribolatissima qualificazione: dopo due lanci da dimenticare, la discussione con i giudici per il presunto nullo (tempo scaduto secondo loro, ma sbagliavano), una concentrazione da ricostruire in un battibaleno ed il passi per la finale con un quasi settanta metri.
200 uomini: one man show
La grandezza dell'Olimpiade di Usain Bolt risiede nella semplicità: abituati a sprinters che digrignano i denti in attesa di appollaiarsi sui blocchi, a movimenti da pantere o a occhi sbarrati, c'è un piacevole disorientamento nell'assistere alla nuova versione gigionesca del giamaicano: le telecamere a volte rendono più simpatici, o semplicemente ti permettono di bucare lo schermo.
Lo show selvaggio ha inizio, e la storia si riscrive per la seconda volta in pochi giorni. Sembrava dovesse durare in eterno il Dream Man di Atlanta, il Johnson del fantascientifico 19.32, invece Bolt si è preso tutto, anche il vento in faccia, limando due "enormi" centesimi ad un record che era già spaziale. Si dice che dopo quattro turni di cento (e un mondiale stratosferico) e tre turni di duecento le condizioni non permettano altra impresa storica che la conquista dell'oro. Non in questo caso: la finale di Bolt è sembrata una scommessa con la pista. Stavolta avanti tutta fino in fondo, con la leggenda ad aspettarlo assieme ai flash dei fotografi.
400 ostacoli femminili: l'erede della Hemmings
All'oro olimpico dodici anni dopo Atlanta, e dopo il buio di Atene (nessuna atleta in finale). L'Olimpiade d'oro della Giamaica è passata anche attraverso la straordinaria velocità di Melaine Walker, ostacolista arrivata a Pechino dopo sette vittorie consecutive in altrettante prove del circuito del Grand Prix, compresa la Golden League di Roma. Stranamente non si è dato grande risalto alla prestazione cronometrica dell'atleta (52.64, miglior risultato degli ultimi cinque anni a tre decimi dal primato del mondo), che se solo riuscisse a passare l'ostacolo decentemente potrebbe avvicinare i 52 secondi.
Marcia femminile: piove sul bagnato, per fortuna
L'acqua benedetta scesa a catinelle su Pechino durante la gara della venti chilometri ha rigenerato il valore tecnico della competizione: a Osaka il caldò e l'umidità stroncarono atlete di valore, a Pechino la vincitrice Kaniskina ha migliorato il primato olimpico, e tutte le atlete dal secondo al decimo posto hanno realizzato il primato personale. In proporzione, una delle gare col miglior significato tecnico complessivo. Elisa Rigaudo, che ad Atene partiva con grandi ambizioni e fu sesta, ha tratto vantaggio dal ruolo di outsider. Mezzo giro ancora e sarebbe stata d'argento.
Giavellotto donne: spallate storiche
Il duello tra la giovane russa Abakumova e la ceka Spotakova è stata una delle cose più esaltanti dell'intero parco-concorsi. In sei turni abbiamo assistito ad un primato russo (nonché record europeo under 23) e a due primati europei, con mondiale sfiorato. La sorprendente Abakumova, in ragione della potenza, ha sorpreso quanti non la conoscevano. La ceka Spotakova, iridata ad Osaka, si è superata fino a superare anche lei i 70 metri e piantare il dardo dove nemmeno lei credeva. Finale bellissima.
200 donne: frequenze impossibili
L'oro è ancora saldamente al collo di Veronica Campbell, confermatasi regina olimpica della distanza. A cose fatte la mancata qualificazione sui 100 non è stata poi così ignominiosa (visto anche l'incredibile 10.78 della Fraser). Battuta la Felix, fantastica ad Osaka un anno fa, che in ragione della rinuncia ai 400 olimpici per problemi di orario è passata per tutta la stagione dai 100 al giro di pista senza impressionare come nel recente passato. Il 23 netti di Londra è suonato, invano, come campanello d'allarme.
Triplo: Portogallo oro dopo lo shock
Svanite nell'assurdità di una qualificazione surreale (della Gomes) le speranze di portarsi a casa l'oro in due finali di salti in estensione, ai lusitani era rimasta da giocare solo la carta Evora. Carta pesantissima, un oro mondiale in dote e potenzialità ancora non espresse nell'arco della stagione. Il 24enne atleta di origine ivoriana c'è riuscito in una finale dai contenuti magnifici, con il quarto classificato a 17.52. Il principale concorrente, l'inglese Idowu, partito sparato nei primi tre salti, ha perso la trebisonda dopo il 17.67 di Evora e si è fermato all'argento. Cuba non ha ripetuto l'exploit in extremis del lungo (con Camejo) ed è rimasta ai piedi del podio con Giralt, argento indoor ai mondiali di marzo.
400: Wariner, spenta la luce
Dopo il parziale di due a due nei confronti diretti 2008 con LaShawn Merritt, si attendeva la resa dei conti sportiva tra i due statunitensi, amici e compagni di stanza. C'era del vero nella tesi sostenuta che il vincitore sarebbe stato colui che avrebbe avuto in sorte la corsia più interna. Merritt la quarta, Wariner la settima. Lontanucci, ma il risultato ha avvalorato la sensazione. Il dato bruciante per Wariner è l'essere terminato ad un secondo da Merritt, con il peggior abbrivio degli ultimi quattro anni. Bronzo con un tuffo degno di Johnny Weissmuller per David Neville. Bruciati i sogni color bronzo del bahamense Brown, sempre dietro Merritt e Wariner per tutta la stagione.
110 ostacoli: accademia cubana
Venuta meno la delizia per palati fini del duello Liu-Robles, al cubano primatista del mondo è bastata una danza elegante senza il coltello tra i denti per raggiungere l'oro olimpico e rinverdire le imprese di Aniel Garcia, suo mentore. Senza spingere fino in fondo, Robles ha chiuso in 12.93, prestazione superlativa. La fortuna, oltre che la bravura, ha dato un'altra grossa mano a David Payne. Ad Osaka partì da riserva e si ritrovò titolare per altrui infortunio, e raggiunse il bronzo. Ai Trials di luglio il suicidio di Anwar Moore sull'ultimo ostacolo gli ha spalancato le porte di Pechino, dove si è trovato il doppio gentile omaggio dell'uscita di Liu Xiang prima e del connazionale Trammell poi.
Cinquanta: Schwazer, poi il bis di Tallent
Altra gara di indubbia enormità, con dieci "personal best" tra i primi venti classificati, oltre al record olimpico di Alex Schwazer. Indimenticabile Olimpiade anche per l'australiano Tallent, che dopo essersi messo al collo il bronzo nella 20 chilometri ha avuto l'argento nella cinquanta. E' coetaneo di Schwazer (solo due mesi più vecchio): ha onorato al meglio il compito di sostituire il campione del mondo Deakes, infortunato.
Lungo: Lebedeva ancora seconda
Dopo tre finali mondiali la brasiliana Maggi ha trovato la gara della vita, lasciando un altro argento alla Lebedeva, russa che puntava all'accoppiata lungo-triplo. Al primo salto la traiettoria vincente con 7.04, anche se la Lebedeva ha fatto correre i brividi lungo la schiena alla sudamericana con un ultimo assalto da 7.03. Bellissimo il bronzo della nigeriana Akagbare, poco meno che un outsider, ripescata per la finale dopo lo stop alla ucraina Blonska, squalificata per cattiva condotta nell'eptathlon.
Asta: canguro volante
Dopo aver inseguito per metà gara il russo Lukyanenko (ed aver rimediato la finale dopo due nulli d'entrata in qualificazione), il possente australiano Hooker ha chiuso la partita a 5.90. A telecamere spente, si è preso anche la soddisfazione del primato olimpico a 5.96. Australiano vero, dopo i successi di Markov (ex-bielorusso).
5000 donne: la guerra dei nervi
Data inizialmente per partente solo sui 10000 per spartirsi senza danni (con la Defar) gli ori delle distanze più lunghe della pista, Tirunesh Dibaba ha avuto la possibilità di schierarsi al via anche sui 5000 metri, e per la Defar è calata la notte. Gara su ritmi lentissimi, in cui tra le due "liltiganti" si è saputa inserire ancora (già argento sui 10000) la turca Abeylegesse, che etiope è nata. Dodicesima la Galkina-Samitova, oro con record sui 3000 siepi.
4x100 donne e uomini: festival dei rimpianti, record per Bolt & Co.
Il suicidio di massa nelle batterie (sei teams squalificati tra i maschi e cinque tra le donne, tra cui entrambe le staffette USA) si è replicato nelle due finali, ma soprattutto in quella femminile ha fatto delle vittime illustrissime: le giamaicane. Mai occasione fu più ghiotta, e la collaudatissima staffetta russa è volata all'oro seguita dal grande quartetto belga, che continua a stupire da Monaco 2002. Bronzo alla Nigeria, ospite inatteso sul podio.
Cambi a secco, maretta tra federazione e manager, nessun serio collaudo pre-olimpico. Ma al quartetto giamaicano composto da Frater, Carter, Bolt e Powell è servito, e molto, assistere da bordo pista al pateracchio combinato dalle compagne di nazionale un'ora prima. Nonostante un cambio un po' lungo (il secondo) e passaggi del testimone mai tirati allo stremo, è arrivato l'oro numero sei ed il terzo primato del mondo targato Giamaica. Nessuno ha fatto ciò che ha fatto Usain Bolt in passato, 3 ori e 3 primati assoluti. Tre decimi meglio di un doppio primato USA datato diversi anni. Un solco abissale.
Decathlon: Clay a passo record
Solo l’impossibilità di stracciare il proprio primato personale sui 1500 metri ha impedito a Brian Clay di realizzare, assieme alla conquista dell’oro olimpico, il nuovo record del mondo della specialità. Alcune prestazioni inferiori alle attese hanno influito sui punteggi dei piazzati, non stratosferici. Parziale sorpresa il bronzo del cubano Suarez, miglioratosi in tutti i decathlon della stagione, salito sul podio in extremis.
Alto: Vlasic caduta con onore
Nonostante le interruzioni del cerimoniale (premiazioni), il caos degli staffettisti e le incomprensioni con i giudici di pedana, la croata Vlasic ha recuperato con un salto-capolavoro il 2.05 mancato alla prima prova. La croata non ha affatto deluso. L'oro è della Hellebaut, la belga con gli occhiali, che si è letteralmente superata. Straordinaria la Chicherova, con un piede nella fossa a 1.99 e capace di arrivare ancora a medaglia a 2.03. L'olimpionica Slesarenko, con 2.01, è rimasta a guardare.
Giavellotto uomini: bis di Thorkildsen
Ci voleva la finale olimpica per scompaginare anche i vertici "metrici" della specialità. Nonostante il regno sia spartito tra il norvegese Thorkildsen ed il finlandese Pitkamaki, nella casella del primo posto del 2008 splendeva l'89 e rotti dell'australiano Bannister. Al quinto turno l'olimpionico Thorkildsen ha chiuso la lotta col primo over-90 della stagione. Applausi e inchino al pubblico. Al lettone Kovals il colpaccio dell'argento. Pitkamaki è rimasto di bronzo, e di sale.
800: i sopravvissuti
Dopo le eliminazioni a sorpresa di Kaki, Borzakovskiy, Laalou e Mulaudzi, la vecchia volpe Wilfred Bungei ha colto il successo più importante della carriera, al termine di una finale degna della classe dei grandi assenti. Il sudanese di riserva, Ismail (bellissima stagione la sua), è riuscito a cogliere un risultato sorprendente (argento) e rintuzzare il piccolo Yego, iridato a Osaka.
1500 donne: crollo della Jamal
Aveva l'oro già al collo, sulla carta, ed ecco un'altra sorpresa. Fuori le russe, fermate dall'antidoping, fuori l'etiope Burka in batteria, la Jamal ex-Tola pareva non avere rivali, invece ha ceduto di schianto negli ultimi cento metri. Finale strana, con oro meritatissimo per la kenyana Nancy Langat, e due ucraine sul podio, con la Lyshcynska e la Tobias.
5000: favoloso Bekele
Ultimo mille, ma anche ultimo duemila e ultimo tremila da lustrarsi gli occhi. Kenenisa Bekele (come la Dibaba ha deciso per la tentare il dopio colpo dopo l'oro sui 10000) ha vendicato la sconfitta di Atene con una gara perfetta. Non poteva fare di più Kipchoge, argento dopo il bronzo di quattro anni fa.
4x400: finalmente USA
Meno probabili i danni visti nella staffetta veloce, e gli Stati Uniti hanno chiuso in bellezza l'Olimpiade su pista. Mentre gli uomini hanno sfoggiato sicurezza, per le ragazze non è stato facile. La russa Kapachinskaya, in ultima frazione, ha messo alla frusta Sanya Richards, che non ha ripetuto la gara dissennata della finale individuale ed ha portato la sua squadra all'oro. Tra i maschi sontuoso 2:55.39 di quattro medagliati individuali: i tre dei 400, più Angelo Taylor, re dei 400 ostacoli.
Martina spera ancora
I dirigenti antillani sperano ancora che venga rivista la decisione di squalificare il velocista Churandy Martina per invasione di corsia nella finale dei 200 maschili (19.82, inizialmente argento). La tesi fa leva sul ritardo della federazione USA nell'inoltrare il reclamo, poi accettato.
Zurigo: parata di stelle
Usain Bolt, Dayron Robles, Yelena Isinbayeva, Kenenisa Bekele, Tia Hellebaut, LaShawn Merritt, Pamela Jelimo, Rashid Ramzi, Andres Thorklidsen, Nancy Jebet Langat, Dawn Harper, Angelo Taylor. Sono i nomi di maggior peso che vedremo in pista venerdì prossimo al Letzingrund. Una Olimpiade in una manciata d'ore. Bolt correrà i cento metri anche a Bruxelles, mentre a Losanna sarà in pista per i 200.
Marco Buccellato
Nella foto piccola Tia Hellebaut, oro nell'alto femmnile (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL)
Nella foto grande, Usain Bolt dopo il primato del mondo sui 200 metri (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL)
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