Olympic Star: Allyson Felix

08 Agosto 2016

La velocista statunitense a Rio 2016 punta ad incrementare una collezione che al momento conta 19 medaglie tra Olimpiadi e Mondiali

di Giorgio Cimbrico

Piedini magici, sorriso compito, eleganza innata, aria adolescenziale che porta addosso anche se i 31 anni ormai non sono lontani, educazione solida, fede profonda, desiderio di aiutare il prossimo: pochi tratti, essenziali, come la sua figura, per l’ingresso in scena di Allyson Felix, la più forte liceale d’America del 2003, la più assidua collezionista di medaglie dell’atletica contemporanea: 4-2-0 alle Olimpiadi più 9-3-1 ai Mondiali offrono un bilancio (parziale) di 13-5-1. A Rio corre per la ventesima e la ventunesima. Ma avrebbe voluto qualcosa di più.

“Deve puntare al double”, aveva intimato, l’autunno scorso, la voce profonda di Michael Johnson, uno che di accoppiata 200-400 se ne intende. In quei Giochi georgiani di vent’anni  fa MJ risultò così tonante, con quel 19”32 che attraverso l’oscurità e quella cappa tropicale, da stendere un velo mimetico su quanto, quello stesso 1° agosto, un quarto d’ora prima, era stato centrato da Marie José Perec. L’Espresso di Waco era il primo uomo a riuscire nell’impresa; l’elegante francese di Guadalupa, la seconda. La prima serratura era stata fatta scattare dall’esuberante Valerie Brisco-Hooks a Los Angeles 1984, poco più di un anno prima che, nella stessa città, vedesse la luce Allyson, figlia del reverendo Paul e di Marlean insegnante, sorella di Wes che aveva buona polvere nei piedi (campione Usa junior dei 200 nel 2002) ma non quanto la piccola.

Obiettivi: diventare la seconda americana capace di un double, provare a fare rotta su quattro titoli, o perlomeno su quattro salite al podio. Il sogno finisce a gambe all’aria quando Allyson finisce a gambe all’aria: è aprile quando inciampa su una palla medica e ne esce con danni ai legamenti di una caviglia. Non si arrende e ai Trials di Eugene tenta di percorrere le due strade. I 400 diventano il teatro del clamoroso crollo di Sanya Richards, dell’ormai consueta controperformance della robustona Francena McCorory e della corsa sicura, in pieno controllo, di Allyson: 49”68, per scavalcare di un centesimo la miglior prestazione mondiale dell’anno dell’altissima e elegante bahamense Shaunae Miller che si riprenderà la vetta in 49”55 agli Anniversary Games di Londra.

Quella che viene rubricata come beffa, arriva sui 200: con un vento poco propizio rispetto a quello che di solito spira su Hayward Field, vince Tori Bowie in 22”26, quattro centesimi sulla 21enne Deajah Stevens. Il terzo posto, quello che regala la selezione, è, a prima vista, una questione di ardua interpretazione. L’esame del fotofinish chiarisce che, per un centesimo, la terza donna sarà Jenna Prandini. Allyson è quarta in 22”54 e questo record stagionale è eloquente sulle sue condizioni quando la caviglia viene sottoposta a sollecitazioni violente. Può consolarsi pensando che non le sarebbe toccato il ruolo di favorita (quello, con tutto il suo peso, è addosso a Dafne Schippers), ma in realtà non può consolarsi. I 200 sono stati il suo trampolino di lancio quando si è proiettata su una scena che non ha più abbandonato: a 18 anni e mezzo, argento olimpico ad Atene, alle spalle di Veronica Campbell, non ancora Brown.

Il flash back che porta così indietro nel tempo invita a riflettere sullo spessore assoluto espresso dalla ragazza di Santa Clarita Valley: 10”89 nei 100 (e primatista mondiale della 4x100 a Londra, nella prima e unica irruzione di una squadra sotto i 41”), 21”69 nei 200 (sesta di tutti tempi), 49”26 nei 400, ma con un’indimenticabile e inutile terza frazione in 47”72 l’anno scorso a Pechino. Inutile perché, consegnato il bastone in testa a Francena McCorory, viene costretta ad assistere al sorpasso negli ultimi metri, operato dalla giamaicana Novlene Williams-Mills, sull’asfissiata americana.

Con gli split è sempre bene essere prudenti, ma il rilevamento la spedirebbe davanti al 47”75 di Jarmila Kratochvilova quando la 4x400 cecoslovacca finì seconda ai Mondiali ’83, al 47”80 e al 47”82 di Olga Bryzgina-Vladykina e di Olga Nazarova in occasione dell’oro olimpico con record del modo a Seul ’88, e al 47”8 di Marita Koch nel record mondale della Ddr a Erfurt nell’84. In ogni caso, una delle più grandi combinatiste della storia. Capita quando si possiedono piedini magici.

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