Pechino, passa solo Galvan
Si salva Matteo Galvan, ma per il resto sono ossa rotte: nella mattinata di Pechino, 30° e umidità alle stelle, gli azzurri si sciolgono sulla pista di Chaoyang e tornano mesti in albergo con prestazioni da dimenticare. Una di quelle giornate che preferiresti non commentare: d’accordo la mancanza d’esperienza, d’accordo le condizioni difficili, ma qui ci vuole anche un po’ di autocritica, senza indulgere al protezionismo di maniera. Sara Balduchelli fuori in batteria nei 100hs: settima con 14.47 (+0.5), bastava 14.08 per andare in semifinale. Nessuno avrebbe preteso nulla di più dalla bresciana: fors’anche sarebbe bastata una decorosa prestazione cronometrica per una ragazza che lo scorso anno aveva corso in 13.94 nelle semifinali degli Europei di Kaunas. Sara ha iniziato questa stagione con calma, per gli impegni scolastici, e forse i nodi sono venuti al pettine proprio nella gara più importante della sua stagione: ma è comunque una giustificazione tirata un po’ per i capelli. Tra l’altro, vedendosi ormai fuori dai giochi, la ragazza ha mollato finendo al passo dopo l’ultima barriera: e questo è comunque un atteggiamento che può essere magari rivisto, soprattutto se si corre con addosso una maglia azzurra. In ogni caso, ci sarebbe stato da soffrire anche per una Veronica Borsi in grande condizione, quella dell’anno scorso per intenderci, allorchè sfiorò il bronzo agli Europei: la braccianese si starà vedendo in tivù le gare di Pechino, combattendo con i postumi dell’operazione al tendine, ma qui avrebbe comunque dovuto correre al meglio per districarsi in una semifinale che si giocherà a coltello tra non meno di una dozzina di pretendenti al podio. Idem come sopra per le ragazze dei 200 metri: Martina Giovanetti, che pure sui 100 metri aveva corso con coraggio e determinazione, qui è stata irriconoscibile e ha finito spenta in 24.99 (settima in batteria, vento -0.7). La trentina aveva anche una buona corsia, la quinta, frutto del 24.05 di Rieti che la metteva in corsa per il passaggio del turno. Certo, poi vedi che la trinidegna Hackett, 23.62 di personale, è rimasta fuori nella stessa batteria correndo un secondo sopra i suoi limiti: ma dall’altra parte c’è la ragazzina dello Zambia Racheal Nachula, 16 anni, che si migliora e va avanti. Per il ripescaggio occorreva 24.41, niente di eccezionale: e, tutto sommato, ci è andata abbastanza vicina l’altra azzurra, la 18enne umbra Beatrice Alfinito, che ha chiuso quinta nella sua batteria con 24.57 (+0.1). Passavano in 24 alle semifinali, Beatrice si è piazzata al 28° posto nella classifica complessiva del turno. Intanto sembra avviarsi a diventare uno dei personaggi-copertina di questi Mondiali la bulgara Tezdzhan Naimova: ieri sera ha vinto i 100 e stamattina ha dato sfoggio di un 23.60 (con -1.5 di vento!), miglior tempo delle batterie. La pallida atleta balcanica è l’esatto contrario della connazionale Nora Ivanova (poi diventata cittadina turca per matrimonio) che l’ha preceduta sulle scene della rassegna iridata juniores un decennio fa: Naimova è armonica, elegante, corre con frequenze leggere, mentre Ivanova era una specie di tornado di muscoli e aggressività. Un po’ quello che notavamo ieri sulle differenti tipologie di interpretazione di queste gare giovanili, si è rispecchiato nei due protagonisti dello sprint. Il britannico Aikines-Aryeteey sembra già un atleta fatto e finito: ha muscoli enormi e un busto scolpito nel marmo, davvero eccessivo per un ragazzo di 18 anni. Ci viene in mente quanto ci diceva Giorgio Frinolli a proposito degli attuali carichi di lavoro della velocista azzurra Jessica Paoletta, che in fondo ha la stessa età di quel colosso d’ebano: “Quattro sedute di allenamento al campo, iniziamo ora a fare dei lavori di qualità – diceva l’ex ostacolista azzurro, tecnico della romana – Poi, una volta alla settimana in palestra: ma non per lavorare con i pesi, bensì solo per imparare ad usarli nella maniera giusta”. Ecco, in un contesto come i Mondiali juniores, al di là della conformazione biologica – c’è chi a 18 anni è già uomo o donna e chi è ancora un adolescente in via di sviluppo – incide senz’altro la specifica “anzianità di servizio”: Aikines-Aryeteey - magari saremo smentiti, ma ci pare così – sembra proprio un atleta professionista, che sta sondando i propri limiti già a questa età. L’esatto contrario dell’impostazione che si cerca di dare da parte dei responsabili federali del settore giovanile in casa nostra, la ricerca della crescita graduale dei ragazzi. E poi, invece, c’è il talento, il tocco di classe: non conosciamo ovviamente i dettagli della preparazione della bulgara Naimova, eppure per le sue caratteristiche fisiche e le qualità tecniche messe in mostra a Pechino sembra ancora un’atleta in corso d’evoluzione, molto dotata e suscettibile di miglioramenti con il prosieguo della carriera. Un bel talento è anche la lunghista azzurra Serena Amato, ma questo non le è bastato per la qualificazione alla finale: la mantovana era una specie di scommessa, c’è da sottolinearlo. In questa stagione, forse la prima nella quale aveva cominciato a fare le cose un po’ più seriamente, aveva già saltato più volte oltre i 6 metri, con una punta di 6.28. Serena è un’atleta-lavoratrice, nel senso che è un’autentica dilettante dello sport: per di più, esperienza zero, praticamente questa dei Mondiali era la prima gara importante della sua carriera. Una scommessa, appunto: poteva andar bene, poteva andar male. Nelle qualificazioni di stamattina ha saltato 5.85 (+0.3), dimostrando che il primo impatto con la grande atletica un po’ l’ha scombussolata: un nullo marginale, un salto abortito e, appunto, un 5.85, per il 21° posto complessivo. Anche qui, in ogni caso, la qualificazione non era nulla d’impossibile, 6.14 il taglio della dodicesima per la finale. L’unico sorriso della mattinata, per quanto a denti stretti, è arrivato dalle batterie dei 200 maschili: anche se c’è il rammarico per l’uscita di Giuseppe Aita, che ha mancato il ripescaggio per pochi millesimi (quarto in batteria con 21.58 e vento nullo: esattamente lo stesso tempo centesimale che ha consentito al cinese Zhang di passare). Peccato per il “Toro di Salerno”, che ha comunque dimostrato di essere un atleta dal grande cuore, capace di lottare sempre e comunque sui suoi limiti. Per Matteo Galvan, ovviamente, il discorso di partenza era diverso: ma ha dovuto faticare lo stesso, snaturando un po’ la sua corsa, per riacciuffare l’australiano Mulchany che gli era scappato in curva. In ogni caso ha chiuso secondo in 21.33 nella seconda batteria, avversata da un vento di -1.1. Stasera le semifinali, e ci sarà da correre per provare a passare in finale: da quanto si è visto nel primo turno, occorreranno tempi dell’ordine dei 21 secondi netti e la concorrenza è molto agguerrita. Sembra rinato l’americano Willie Perry che, dopo una brutta esibizione sui 100, ha corso molto bene oggi in 21.11. Bene anche il canadese Brian Barnett, presentatosi con un 21.07 in batteria ma in possesso di un personale da 20.70, e anche l’ucraino Dmytro Ostrovsky, autore di un 21.00 nell’ultima batteria molto vicino al suo recente miglior tempo (20.98 un mese fa a Kiev). File allegati:
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