Sara Simeoni 70: il mondo visto dall’alto!
17 Aprile 2023di Fausto Narducci
Cosa sarebbe la storia dell’atletica senza Pietro Mennea e Sara Simeoni? Abbiamo appena finito di celebrare i 10 anni dalla morte del velocista pugliese (classe 1952) ed ecco che, girando le pagine del calendario, ci troviamo a festeggiare i 70 anni che la saltatrice veneta (classe 1953) compirà mercoledì. Le spirali del destino ce li ha messi di fronte quasi in parallelo: dall’esordio agli Europei juniores del 1970 a Parigi, dove furono entrambi quinti, all’oro olimpico di Mosca passando ambedue per il record mondiale, che Sara è riuscita addirittura a doppiare nello stesso mese di agosto 1978 prima a Brescia e poi a Praga con 2,01. Sara al culmine di un percorso più lineare si ritirò nel 1986 a 33 anni, Pietro fra tormentati ritiri e ritorni di fiamma arrivò fino al 1988 a 36 anni con tanti incroci comuni, anche nel campo di atletica di Formia.
Ma se vogliamo, proprio il fatto di essere donna ha dato a Sara una caratteristica in più, quella di rivoluzionaria dello sport: un “titolo” onorifico che lo storico di sport Sergio Giuntini le riserva insieme ad altre due rappresentanti dell’atletica (Lydia Bongiovanni e Paola Pigni), una nuotatrice (Novella Calligaris), una ciclista (Alfonsina Strada) e una cestista (Mabel Bocchi) per l’impatto che queste sportive hanno avuto nell’evoluzione del costume attraverso lo sport. Per capire il peso dell’oro olimpico di Sara Simeoni basti pensare però che sono solo quattro le olimpioniche azzurre dell’atletica: prima di lei Ondina Valla a Berlino ’36 (negli 80hs). Dopo di lei Gabriella Dorio a Los Angeles ’84 nei 1500 e Antonella Palmisano nei 20 km di marcia a Tokyo 2021. Sara è stata dunque una “rivoluzionaria” di successo senza divergere mai dalla sua dimensione di atleta non allineata.
Quasi isolata nella sua dimensione tecnica e familiare insieme al marito-allenatore Erminio Azzaro, Sara ha rappresentato la sintesi ideale della donna-atleta. Anche perché parliamo dell’azzurra più titolata della storia dell’atletica: oltre all’oro di Mosca e ai due record mondiali spiccano anche altri due argenti olimpici (quello quasi amaro di Montreal ’76 e quello miracoloso di Los Angeles ’84) in una carriera durata 22 anni, quasi tutti al vertice della sua specialità, a partire dal record italiano ragazze stabilito con 1,35 il 3 maggio 1966. Curiosamente, al suo eccellente curriculum, proprio come a Jacobs e Tamberi, manca solo il titolo mondiale anche se bisogna considerare che nella sua parabola temporale ebbe a disposizione solo la prima edizione iridata di Helsinki ’83 dove si presentò in precarie condizioni di forma e fu eliminata in qualificazione.
I suoi cantori
Nella sua carriera, dagli anni Settanta agli Ottanta, Sara ha avuto cantori d’eccezione ma forse è sfuggita a ogni definizione. Perentorio Elio Trifari sulla Gazzetta: “Sara ci ha dato più di quanto abbia ricevuto ma il destino di una vera leggenda è di essere sempre in credito con se stessa”. Quindi la chiave dei suoi successi è l’inappagamento. Roberto Quercetani la descrisse come “seria e simpatica” – quasi una contraddizione – sottolineando soprattutto il suo temperamento in gara. Candido Cannavò aggiornò i due aggettivi: “Mite e amabile”, senza cambiare la sostanza. Dopo l’incredibile argento strappato ai tendini a Los Angeles ’84 si chiese se la Simeoni fosse più grande come donna o come atleta, tema su cui si sono arrovellati in molti? Nell’antologia “Storia Sentimentale dello Sport Italiano” leggiamo a firma del direttore della Gazzetta: “Ma noi pensiamo che i muscoli di Sara, pur con le loro nobili fibre, avrebbero perso questa sfida temeraria se a sorreggerli, a vitalizzarli, a proiettarli al di là del tempo e del logorio non ci fosse stato un grandissimo spirito. La Simeoni donna, con la sua dolcezza, la sua fede, la sua tenacia… L’Italia e il mondo ne sono innamorati”. Come dire, quindi, che nel suo caso è stata la grandissima donna a fare la grande atleta. Ed è così che vogliamo ricordarla al giro di boa dei 70 anni in cui si presenta ancora accanto al marito (ex allenatore) Erminio Azzaro e nella nuova dimensione di “diva” televisiva che l’ha resa popolare anche agli occhi di chi non ha potuto seguire la sua parabola vincente in pedana.
Scossa al record
Sara ha incrementato il record italiano di 30 centimetri esatti all’aperto (partendo dall’1,71 di Padova il 9 maggio 1970 fino al 2,01 del ’78) e di 39 centimetri al coperto (dall’1,58 di Genova ‘70 all’1,97 di Grenoble ’81). Prendendo in esame l’insieme delle sue gare ufficiali (307) Sara si è imposta nel 73,6 per cento (235) e ha superato quota 100 (esattamente 101) nei salti sopra l’1,90. Il suo è stato sicuramente uno dei migliori adattamenti in chiave personale del neonato Fosbury flop, inventato da un altro grande campione che oggi non c’è più.
Ventidue anni di attività
Sara Simeoni ha gareggiato per ventidue anni realizzando 329 performance oltre l’1,60.
Ha chiuso 101 volte le gare oltre l’1,90 ma ha anche realizzato altri 74 salti intermedi oltre l’1,90. Quindi ha saltato 175 volte misure superiori agli 1,90.
Ha stabilito 2 record mondiali, 23 record italiani all’aperto e 21 record italiani indoor.
Ha disputato 4 Olimpiadi (dal ’72 all’84), un Mondiale (1983), cinque Europei, 7 Europei indoor, 2 Coppe del Mondo, 9 Coppe Europa, 5 Universiadi, 3 Giochi del Mediterraneo e un Europeo juniores.
Ha vinto 14 titoli italiani all’aperto nell’alto (più uno nel pentathlon) e 10 indoor. In più due titoli juniores (uno alto e uno pentathlon) e 3 allievi (due alto e uno triathlon).
Periodi di massima imbattibilità. A livello mondiale: 1 anno, 11 mesi e 3 giorni (settembre ’77-agosto ’79). A livello italiano: 5 anni e 18 giorni (giugno ’76-luglio ’81).
Gli scontri diretti con le grandi rivali. Ackermann 5-8; Kostadinova 0-6; Gusenbauer 1-6; Bykova 5-5; Meyfarth 13-7; Brill 17-6; Andonova 2-0; Blagoyeva 6-3.
Le grandi imprese
Il nome di Sara nell’immaginario popolare resta legato essenzialmente a due imprese, anche se sono tanti i momenti esaltanti della sua carriera.
Non si può che partire dal suo primo record mondiale. Il 2,01 di quel caldo pomeriggio del 4 agosto 1978 a Brescia prese in contropiede anche i giornali che, salvo qualche eccezione, dovettero ricorrere a seconde edizioni approfondendo la notizia il giorno dopo. Sara veniva dal record italiano di 1,97 (con tentativo di 2 metri) di due settimane prima in Finlandia ma la maggior parte dei giornalisti preferì indirizzarsi al triangolare maschile del giorno dopo a Venezia e la Rai disertò l’evento, al punto che solo attraverso un’emittente locale fu possibile recuperare trent’anni dopo le sequenze filmate della gara. Nel piccolo stadio bresciano, davanti ai genitori arrivati all’ultimo momento, Sara tentò i 2,01 dopo che qualche tecnico le aveva suggerito di fermarsi a 1,98: invece stabilì il record al primo tentativo e dovette rinunciare ai 2,03 solo perché fu travolta dai tifosi. Uno dei primi ringraziamenti della sportivissima Sara andò a Rosemarie Ackermann che l’anno prima aveva infranto la barriera dei due metri. Il 31 agosto Sara ripeté il record vincendo il titolo europeo a Praga, teatro del doppio oro di Mennea, battendo proprio la tedesca orientale che si fermò a 1,99 mentre l’azzurra superò la misura vincente al secondo tentativo in una gara durata tre ore con freddo e pioggia. Più forte di qualsiasi circostanza.
Sullo slancio del record mondiale Sara non ebbe invece avversarie all’Olimpiade di Mosca 1980 dove la Ackermann si fermò a 1,91 e l’azzurra si presentò all’1,97 insieme all’altra tedesca Kirst e alla polacca Kielan. Dopo il secondo errore della Kirst, intorno alle 19,30 Sara partì per il secondo tentativo che sarebbe entrato nella storia mentre Coe e Ovett si muovevano per la finale degli 800. Quando la Kielan fallì il terzo tentativo accontentandosi dell’argento la Simeoni, impazzita di gioia dopo le lacrime che avevano bagnato l’argento di Montreal ’76, corse a baciarla, quindi abbracciò la Ackermann e coinvolse nella plateale esultanza perfino un giudice sbigottito.
Era l’apoteosi ma per la regina dell’atletica non era certo finita lì: prima del ritiro la Simeoni ebbe il tempo di vincere il quarto titolo europeo indoor a Grenoble nel 1981 (portando il record al coperto a 1,97) e poi il bronzo agli Europei di Atene 1982 ancora con 1,97.
Soprattutto c’era tempo per un secondo argento olimpico a Los Angeles ’84 dove a ogni salto Sara rischiava di rompersi i tendini e invece tornò ad assaporare i 2 metri a sei anni dai record mondiali. Solo l’incredibile ritorno dell’ex enfant prodige Ulrike Meyfarth, capace di superare i 2,02, le sbarrò la strada per l’oro ma possiamo paragonare questa impresa, strappata agli infortuni, all’oro di Mosca e ai due record mondiali.
Il suo ultimo Europeo
Il 27 agosto 1986 si consumò il suo ultimo assalto alle medaglie. Agli Europei di Stoccarda la sua corsa si era fermata però nelle qualificazioni intorno a mezzogiorno: dopo aver superato l’1,86 al terzo tentativo, era stata costretta ad aspettare la fine della gara di peso del decathlon ed aveva fallito abbastanza nettamente i tre tentativi a 1,89. Nel gruppo B, guidato con 1,91 dalla Kostadinova (che poi avrebbe conquistato l’oro con 2,00), era arrivata settima con la magra consolazione di vedere alle sue spalle l’antica rivale sovietica Bykova: entrambe eliminate. Perché, ironia della sorte, erano state esattamente in 12 le saltatrici qualificate a 1,89.
La sua ultima gara
Era il 14 settembre 1986 quando Sara annunciò a sorpresa l’addio alle scene che in origine era programmato più in là nella stagione. Al meeting Terra Sarda di Cagliari l’azzurra con 1,85 finì seconda dietro alla primatista mondiale Stefka Kostadinova (2,06) e davanti alla svedese Nordstroem (1,85). Alle 5 del pomeriggio, dopo aver fallito i tre tentativi a 1,88 annunciò all’inviato Gianni Merlo che si trattava dei suoi ultimi salti in pedana e non ci sarebbe stata la prevista gara d’addio a Como. Una scelta anche sentimentale per ringraziare gli amici sardi che l’anno prima le avevano consegnato a casa un cavallo di nome Laru. Un addio in sordina, lontano dai riflettori che denunciava la sua stanchezza, con vaghi accenni polemici. Ma a celebrarla era stata proprio la bulgara Kostadinova che deteneva il record con 2,08 e, dopo aver fallito sulla pedana sarda il nuovo record (che sarebbe arrivato l’anno successivo ai Mondiali di Roma con 2,09), le consegnò la sua coppa in segno di rispetto.
Un primo addio
In realtà il primo annuncio di un possibile addio alla maglia azzurra era avvenuto l’anno prima, il 21 settembre 1985 al Cibali di Catania nella sfida con la Svizzera dove Sara si era accontentata di 1,85. Gli occhi le si erano riempiti di lacrime quando al Villaggio La Perla Jonica aveva officiato la cerimonia di giuramento delle quattro matricole azzurre (Cilimbini, Wielander, Tauceri e Benedet) e nel discorso da capitana aveva ricordato la sua prima volta: il 19 luglio 1970 a Zenica (Jugoslavia) era toccato a lei farsi battezzare dalla Pigni e dalla Govoni. Il giorno dopo aveva però chiuso la stagione a Como saltando 1,92.
L’ultima Coppa Europa
Nell’agosto 1985, in occasione della Coppa Europa di Mosca, chi vi scrive aveva avuto l’onore di essere scortato da Sara Simeoni e Tamara Bykova nella visita al mausoleo di Lenin sulla piazza Rossa, aggirando le file dei turisti e il servizio d’ordine. E anche in quella occasione Sara aveva confessato all’amica-rivale la volontà di mettere fine a una carriera usurante, ricevendo in compenso un caloroso incoraggiamento a continuare. Il 18 agosto la gara le aveva portate vicine ai rispettivi obiettivi: la sovietica con 2,02 aveva lasciato l’oro alla solita Kostadinova (2,06), l’azzurra aveva fatto il pieno di applausi con un incoraggiante 1,91 ma poi si era accontentata del quinto posto senza migliorare la misura.
Una storia azzurra
Sara ha esordito con la maglia azzurra il 19 luglio 1970 a Zenica in Jugoslavia giungendo seconda con 1,65. Meno di due mesi dopo, il 12 settembre, gareggiò per la prima volta per una medaglia giungendo quinta con 1,70 agli Europei juniores di Colombes, guarda caso lo stesso piazzamento di Pietro Mennea nei 200 metri. Una rassegna passata a posteriori alla storia per aver tenuto a battesimo i due ori dell’atletica di Mosca di 10 anni dopo. Avrebbe ricordato Sara: “Gli Europei juniores di Parigi sono stati una bella esperienza con Mennea, la Amici, Benedetti. Ci siamo divertiti ma pioveva sempre. Il massimo della trasgressione è stato salire sulla Torre Eiffel…”.
A 70 anni guarda ancora il mondo dall’alto. Auguri Sara!
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