Schwazer già a mille: "Mi faccio paura"
E’ già tornato a Saluzzo, la “base” operativa nella quale prepara l’assalto al podio più ambito, quello di Olimpia. Alex Schwazer, il carabiniere altoatesino di Salice, è contento ma anche un po’ sorpreso del risultato ottenuto ieri a Maiori, nell’esordio stagionale dell’anno a cinque cerchi (vittoria nei 35km del Trofeo Invernale in 2h35:50). “Ho faticato il giusto, ma impiegando quattro minuti meno di quanto mi aspettassi. A fine gara il valore di lattato era a 1.8, il che vuol dire che se avessi continuato fino ai 50 chilometri, avrei potuto ottenere il tempo di Osaka dello scorso agosto. E siamo appena a fine gennaio!”. Paura? “Beh, insomma, un po'. Ma diciamo soprattutto sorpresa. Ho lavorato molto negli ultimi tre mesi con Sandro Damilano, ma non abbiamo assolutamente fatto ritmi veloci. Mi aspettavo di fare 2h39-2h40, e invece…Non vorrei essere entrato in condizione troppo presto, perché in realtà quest’anno sono molto più indietro rispetto al 2007. La preparazione è mirata, com’è giusto che sia, all’Olimpiade. Voglio arrivare al massimo solo in agosto”. Prima però prenderà parte ad altre due 50 chilometri. “Sì, anche se i Campionati Italiani di Rosignano (il 2 marzo, ndr) saranno poco più che un allenamento sulla distanza completa. Il vero confronto agonistico preolimpico, per me, sarà in Coppa del Mondo, a Cheboksary (l’11 maggio). So che molti dei cinquantisti in quella occasione faranno i 20 chilometri, ma io credo sia più giusto affrontare una 50 vera prima dei Giochi. Non c’è niente da fare, bisogna gareggiare, perché certe sensazioni non sono riproducibili in allenamento. Ho sempre fatto così: nel 2007, prima di Osaka, ha preso parte alle 50 di Rosignano e Dublino; nel 2006, invece, per citare l’esempio contrario, a parte le condizioni di forma non ottimali, alla fine ho pagato anche il fatto di non aver gareggiato quanto necessario”. A Osaka l'impegno su 20 e 50 km: e a Pechino? “No, solo i 50, non scherziamo. Ho capito che non è giusto andare in gara per allenarsi, come per certi versi ho fatto io a Osaka sui 20. Bisogna sempre andare al massimo”. L’Olimpiade è già un chiodo fisso? “Per niente. Qui a Saluzzo non c’è tempo di pensare, di lasciarsi andare dietro ai sogni. Bisogna lavorare, e la fatica tiene occupata la mente. Continuerò ad allenarmi tra qui e casa, senza andare in giro. L’unico break, inteso come cambiamento di sede, sarà probabilmente in luglio: andrò a Livigno, che conosco bene. Non penso sia opportuno sperimentare in un anno così importante”. I maghi dei pronostici, parlando di Olimpiade, spendono senza risparmio il suo nome. “Fanno benissimo! Si vede che capiscono di atletica…No, scherzi a parte, credo sia normale dopo quanto fatto a Osaka, e mi fa anche piacere. Ma non mi monto la testa… Essere tra i favoriti non mi cambia la vita, nemmeno nelle cose di tutti i giorni. Non è che dopo aver letto un giornale che mi mette tra i candidati per l’oro, Sandro mi dica: “Va beh, allora oggi facciamo dieci chilometri in meno…”. Ha fatto pace con sé stesso per la prova di Osaka? “Mah…la sintesi di quella giornata è la frase che mi ripeto spesso. Ovvero: c’è una bella differenza tra vincere una medaglia e perdere una gara. Ecco, io penso ancora che in quella circostanza ho perso la gara più di quanto abbia vinto una medaglia. La mia reazione (il pianto, cappello gettato a terra dopo il traguardo, ndr) è stata figlia dei 9000 chilometri percorsi in allenamento. Anche se, ormai sono convinto del fatto che un errore del genere, in quelle condizioni, poteva anche starci. Io non corro i 100 metri, non lancio il disco: per dire che non mi cimento in specialità in cui la gestione dello sforzo praticamente non esiste, visto che si va sempre a tutta. Le condizioni climatiche nella marcia, e in special modo nella 50, sono una variante troppo importante”. Che cosa ha imparato a Osaka, se ha imparato qualcosa? “Che c’è un limite per le rimonte. Azioni che in passato, tra l’altro non hanno quasi mai portato all’oro se partite da molto lontano. Ecco, quel limite io l’ho trasformato in una cifra: 90. Come i secondi di svantaggio massimo che posso arrivare ad accusare in una grande manifestazione. A patto che stia nelle migliori condizioni, è ovvio”. Marco Sicari Quella di Maiori è stata una giornata da ricordare anche sotto il profilo organizzativo. Il plauso va dato a quanti si sono spesi per fare del Trofeo invernale un vero e proprio evento: il Comitato Regionale FIDAL Campania, con il supporto del Comune di Maiori, dell'Azienda di Promozione turistica, e della Provincia di Salerno (quest'ultima tra l'altro già direttamente coinvolta nell'atletica, avendo sostenuto Casa Italia ad Osaka). Chi era sul posto, parla di un'atmosfera inusuale, e di un'accoglienza davvero speciale (con tanto di musica dal vivo per il bronzo mondiale Alex Schwazer), oltre che di un buon pubblico a fare da cornice sul percorso. E già si parla del prossimo anno, di nuove (e più impegnative) organizzazioni. Nella foto in alto, Alex Schwazer in conferenza stampa; in basso, sul podio mondiale di Osaka con il francese Diniz (a sinistra) e l'australiano Deakes (al centro). (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL)
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