Silvia Salis: “Il mio impegno per lo sport”
17 Maggio 2021Coincidenza: eletta nel giorno del record italiano dei 100 metri di Marcell Jacobs. “Una giornata meravigliosa per l’atletica italiana, e una serie di intrecci incredibili. Vi ricordate che proprio a Savona ho realizzato il mio primato personale nel martello?”. Trentacinque anni, due Olimpiadi all’attivo, una finale mondiale e poi una carriera da dirigente iniziata quattro anni fa e sfociata nella nuova, importantissima, carica: vicepresidente vicario del CONI. Dopo un quadriennio nel Consiglio Federale dell’atletica e nel Consiglio Nazionale del CONI, e il recente ingresso nella commissione atleti della European Athletics, per Silvia Salis comincia un nuovo percorso ai vertici del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, tra mille sfide da affrontare e due Olimpiadi (Tokyo e Parigi) sulla strada.
Partiamo da qui: il primo pensiero dopo il voto del Consiglio Nazionale a Milano?
“Soddisfazione, orgoglio e responsabilità. Gli ultimi quattro anni sono stati fondamentali per formare il mio interesse e l’attitudine per la politica sportiva e ora sono qui per continuare a impegnarmi come sto facendo, ad approfondire, ad imparare a conoscere la macchina. È il consiglio che mi hanno dato i dirigenti più esperti, da Petrucci, a Carraro, a Chimenti. Tutta la responsabilità l’ho avvertita quando il presidente Malagò ha detto di cercare me quando non c’è…”.
Cosa le ha insegnato l’atletica? Quanto c’è delle pedane, delle trasferte, della maglia azzurra in questa elezione?
“Avevo un fisico inadeguato allo sport che facevo, per questo ho dovuto faticare e non poco per lanciare il martello. Dovevo mettere su tanta massa muscolare. È lì che ho imparato ad avere pazienza, a lavorare ogni giorno. Non sono mai stata una campionessa, pur avendo ottenuto buoni risultati. Ma proprio questo ha esaltato la mia capacità di stringere i denti. E di pensare a cosa sarebbe stata la mia vita una volta terminata la carriera da atleta”.
Quattro anni da consigliere FIDAL e CONI. Esperienze dirigenziali con lo spirito di chi è stato atleta, le considera un valore aggiunto?
“Certamente è un valore aggiunto ma non è tutto: serve impegno, dedizione, capacità di capire i processi che stanno alla base della gestione. Ho studiato molto, in questi anni. Ho osservato tantissimo. Ho imparato dalle persone che avevano tanta più esperienza di me, io che ero l’ultima arrivata. Mi sono laureata in scienze politiche con una tesi che presentava una proposta di riorganizzazione delle federazioni sportive nazionali”.
Quali le battaglie che le stanno più a cuore?
“Il tema principale è non far morire le società sul territorio. Perché in tante, troppe, sono in agonia.
Nello scorso weekend sono stata invitata da un club di nuoto nel mio quartiere a Genova, la Sportiva Sturla, con cent’anni di storia: il presidente mi ha raccontato in che condizione si trovino e quanti sforzi abbiano fatto per restare in vita in quest’anno di Covid. È la prima grande urgenza che abbiamo e cercheremo un’intesa con il Governo. E sempre con il sostegno del Governo, spero si riesca a sanare il problema del professionismo sportivo”.
I traguardi dell’ultimo quadriennio dei quali va più fiera?
“Ho voluto fortemente il progetto FIDAL ‘AllenaMente’ a sostegno degli studenti-atleti, borse di studio delle quali hanno beneficiato un centinaio di atleti di interesse nazionale. E poi l’aver contribuito nella commissione atleti del CONI al tavolo che ha istituito il fondo maternità”.
Due donne vicepresidenti per la prima volta (ai vertici anche Claudia Giordani). Che messaggio parte da questa elezione?
“Un segnale forte. È vero che le quote rosa sono servite, e servono, per far accedere le donne in ambienti nei quali avrebbero fatto fatica ad entrare. Ma lo scatto da fare è che le donne in campo siano competenti, con curricula di un certo tipo e con competenze riconosciute. E quest’elezione, per come la vedo, ha dimostrato che non è un mondo che respinge la presenza femminile”.
Tokyo è alle porte. La vivrà più da atleta o più da dirigente?
“Entrambe. Mi è capitato di incontrare dirigenti che non avendo fatto sport di alto livello non si capacitavano di alcune dinamiche. Da atleta pensavo sempre che, fossi stata una dirigente, non mi sarei permessa di giudicare un risultato in maniera superficiale. Quindi non sarò mai quel tipo di dirigente. Sarebbe stranissimo non essere vicini agli atleti, in questo Giovanni Malagò è il numero uno”.
È un momento vivace per l’atletica azzurra. Che Olimpiadi si aspetta?
“Credo che negli ultimi anni sia stato fatto un lavoro straordinario, sul settore giovanile e poi nell’accompagnare gli atleti verso una carriera da professionisti. Si cominciano a vedere grandi frutti. Il palcoscenico delle Olimpiadi è complicato, lo sappiamo, ma questa è una squadra incredibilmente nutrita nei numeri, compatta e anche parecchio giovane rispetto ad altre edizioni”.
Cos’era per lei Alessandro Talotti?
“Un uomo felice, libero, sempre allegro e propositivo, leggero nella migliore delle accezioni: è il ricordo che voglio avere di lui”.
naz.orl.
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