Simeoni, un capolavoro d'argento

10 Agosto 2014

Il 10 agosto del 1984, quattro anni dopo l'oro di Mosca, Sara Simeoni tornava sul podio olimpico a Los Angeles con l'argento a quota 2 metri

di Giorgio Cimbrico

Il capolavoro ha trent’anni: 10 agosto 1984, Coliseum di Los Angeles, a Sara Simeoni occorrono dieci salti per tornare oltre i 2,00 (mancavano e le macavano da sei anni), arrendersi soltanto di fronte a 2,02, salire sul podio, seconda a 31 anni e 4 mesi, dietro l’ex-bambina prodigio Ulrike Meyfarth. Nel film di Bud Greenspan sui Giochi (“16 giorni di gloria”) un episodio le confronta, le affianca nell’avvicinamento alla sfida: Ulrike si dirige in palestra facendo scricchiolare le scarpe sulla neve; sullo sfondo, abeti scuri: Sara è sotto il sole di Formia. La Germania e, come diceva Goethe, il paese dove fioriscono i limoni: l’Italia.

Di quella gara si è parlato molto ed è stato agevole farla finire in un paio di scontate categorie: la morte del cigno e l’ultimo ruggito. Più che altro, fu una reazione offerta a chi, un anno prima, aveva cantato il suo de profundis quando Sara uscì dalla pedana di Helsinki (suo primo e unico mondiale) su una barella, il volto piegato nella sofferenza. A Helsinki aveva iniziato la sua gigantesca parabola, a Helsinki la chiudeva: le narrazioni hanno bisogno di schemi, di circolarità, di stilemi. Nessuno conosceva sino in fondo il cigno o la leonessa perché in realtà Sara non apparteneva a quel bestiario da cui spesso si attinge: era solo se stessa, una delle più feroci agoniste finite in scena. E qui è inutile riesumare per l’ennesima volta quel che fece sulla collina praghese di Strahov, dove le antiche magie di lontani alchimisti non servirono a mutare il vile metallo in oro. Lei ci riuscì.

Los Angeles, dunque, trent’anni fa, da campionessa in carica, contro Ulrike che aveva vinto da sedicenne  sotto il velario di Monaco di Baviera eguagliando il record del mondo a 1,92. Quel giorno, una diciannovenne Sara finì sesta. Dodici anni per ritrovarsi di fronte: Ulrike era finita fuori nelle qualificazioni di Montreal (Sara seconda, a due centimetri da Rosemarie Ackermann) e a Mosca non era presente per il boicottaggio della Germania Federale. Rilettura del foglio gara da trasformare in copione: l’una e l’altra passano 1,75 e saltano alla prima 1,80 e 1,85. A 1,88 Meyfarth salta (senza errori), Sara evita la misura: una piccola pausa per dar fiato ad un’autonomia relativa? A 1,91 e 1,94 oltre subito entrambe che vanno incontro al primo errore a 1,97, superati alla seconda. L’americana Joni Huntley ce la fa alla terza e in tre, in quel momento, hanno eguagliato il record olimpico di Sara in formato moscovita. 2,00: continua la gara parallela. Ulrike e Sara alla prima. C’è una foto entrata nella galleria dei momenti magnifici e indimenticabili: Augusto Frasca la trasformò in cartolina e la fece stampare in migliaia di copie. La cartolina del salto perfetto.

Quel che venne dopo fu il 2,02, ancora alla prima prova, di Ulrike (che, dopo esser stata la più giovane, diventò anche la più anziana campionessa olimpica di salto in alto), i tre assalti di Sara alla quota che riuscì a resisterle. Praga le aveva lasciato formidabili capacità alchemiche: quell’argento sembrava oro. Anzi, lo era.

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Sara Simeoni ai Giochi Olimpici di Los Angeles 1984 (archivio FIDAL)



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