Un giorno, un'impresa

04 Aprile 2013

Appuntamento quotidiano con le storie dell'atletica

4 aprile. E’ il 1960 e guidato da un presidente poeta (Leopold Sedar Senghor, creatore della negritude) il Senegal ottiene l’Indipendenza. Il campione francese di salto in lungo del ’58, il campione francese universitario del ’59 muta nazionalità, diventa cittadino della sua terra, un africano. Doveroso riconoscere che, come lunghista, Lamine Diack era assai più valido e competitivo del presidente di cui fu a lungo vice: Primo Nebiolo non riuscì mai a spingersi oltre i 6,80, l’uomo di Dakar arrivò al di là dei 7,70, risultato di spessore assoluto oltre mezzo secolo fa.

Quindici figli, quindici anni di vicariato alla iaaf, Diack è diventato il quinto pontefice della federazione mondiale che ha ormai cancellato dalla sigla l’anacronistico termine “amateur”. In 100 anni, quasi 101, un breve elenco di guide: lo svedese Sigfried Edstroem, l’aristocratico britannico lord Burghley, altrimenti noto come marchese di Exeter, l’olandese Adrien Paulen e Primo Nebiolo da cui l’ex sindaco di Dakar ereditò il trono nella notte tra il 6 e 7 novembre del 1999 quando il vecchio re si spense. Ancora una volta l’atletica seppe recitare da antesignana, da occupante di nuove frontiere, affidando il vertice a un dirigente nativo di quello che viene sbrigato come Terzo Mondo, proprio la sfera a cui la Iaaf si è rivolta con programmi di sviluppo che hanno portato sulla scena nuovi paesi, nuove realtà, giovani campioni spesso strappati a realtà drammatiche. Diack, entrato nel suo 14° anno di presidenza, festeggerà gli 80 anni il 7 giugno.     

Giorgio Cimbrico



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