Un giorno, un'impresa
16 Maggio 201316 maggio. Steve Lewis, che viene al mondo in questo giorno del ’69, continua a resistere in testa alla classifica del più giovane vincitore dell’oro olimpico dei 400 e secondo in assoluto dopo il sudafricano Reggie Walker, oro nei 100 nel 1908. Piedone (inutile sottolineare che il soprannome nacque per quelle sue estremità taglia 46) è stato minacciato a Londra dal grenadino Kirani James, vicino ai 20 anni al momento dell’exploit. Lui, una delle stelle del St Monica Track Club, creatura di Carl Lewis, ne aveva poco più di 19 a Seul quando riuscì nell’impresa di resistere al serrate di Butch Reynolds, reduce dall’aver distrutto il leggendario 43”86 di Lee Evans: 43”29 sulla ribalta del Letzigrund meritò più di un punto esclamativo.
Steve si affacciò alla stagione ’88 con un limite personale eccellente per uno junior, 45”68, inadeguato per obiettivi assoluti, ma ai Trials fu capace di scendere a 44”11 (in semifinale) e di strappare la selezione per l’Olimpiade coreana dove pareva destinato a recitare da eccellente piazzato, assegnando al bel Butch i favori assoluti e all’efebico Danny Everett gli avanzi del pronostico. Reynolds fidò troppo nel suo travolgente finale: riuscì ad acchiappare Everett ma mancò per 6 centesimi (43”87 a 43”93) l’aggancio a Steve che vinse quella che non ebbe difficoltà a esser definita la gara della storia, andata in archivio il 26 settembre 1988: il settimo, Ian Morris di Trinidad, corse in 44”95 e l’ottavo, Al Malky dell’Oman, manco di tre centesimi di scendere sotto i 45”.
Cinque giorni dopo, Lewis fu la seconda gamba del quartetto che eguagliò al centesimo il record mondiale messicano, 2’56”16, di Matthews, Freeman, James e Evans. Il limite sarebbe caduto quattro anni dopo, sulla pista di Barcellona, e toccò proprio a Steve portare a casa il bastone con una frazione in 43”4. Meglio di lui, 43”1, Quincy Watts che lo aveva travolto nell’individuale, assestandogli un distacco-record (43”50 a 44”21) che ad Atlanta Michael Johnson avrebbe portato vicino all’abisso: 43”49 contro 44”41 di Roger Black.
Giorgio Cimbrico
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