Un pomeriggio con Chiara Rosa
15 Dicembre 2016La lanciatrice azzurra ha incontrato i giovani della Scuola Marmi e si è concessa per un'intervista esclusiva.
Proseguono gli incontri tra i campioni azzurri ed i giovani delle Scuole di atletica romane del CR Lazio. Lo scorso martedì 13 dicembre, allo Stadio dei Marmi si è affacciata a sorpresa la pluricampionessa italiana di getto del peso, Chiara Rosa, 19 titoli vinti in carriera e 48 presenze in nazionale, nonché primatista italiana all’aperto con 19,15. Con la sua simpatia contagiosa, la lanciatrice in forza al Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre, che si ringrazia per la disponibilità, non ha esitato a raccontarsi ai ragazzi ed al nostro Lorenzo Minnozzi per un’intervista esclusiva. Buona lettura!
Diamo il benvenuto alla nostra super atleta Chiara. Ora ti chiediamo: chi è Chiara Rosa? Che passioni e hobby ha?
“Ciao a tutti! Sono contentissima di essere qui in questa bellissima giornata, che poi io essendo di Padova trovo abbastanza strano avere diciassette gradi a dicembre quindi fortunati voi, godeteveli tutti. Comunque sono una persona normalissima: vado al cinema, sto con gli amici, ascolto musica, un po’ come tutti. Forse ricomincerò a studiare per laurearmi in scienze motorie quindi questo mi impegnerà abbastanza.”
Il getto del peso è una disciplina molto tecnica e complicata. Come ti sei ritrovata a provare una disciplina del genere?
“Da piccola ho fatto un po’ di tutto, principalmente il nuoto, mi sono poi avvicinata ai centri di avviamento sportivo organizzati dal CONI, da lì sono arrivata a partecipare ai Giochi della Gioventù dove ho vinto la finale nazionale nel lancio del peso a tredici anni. A quel punto mi è sembrato normale continuare su quella strada e ho provato con tutti i lanci finché non mi sono concentrata più sul peso, allenandomi fino a diventare quella che sono ora.”
Da piccola atleta cosa vedevi nel tuo futuro sportivo?
“Nasco come una persona appassionata di sport, guardavo le Olimpiadi in televisione da quando avevo 9 anni e il sogno era quello di prendervi parte, con qualsiasi sport, volevo proprio andarci. Il sogno ha iniziato a materializzarsi quando ho siglato il nuovo record italiano junior, il precedente resisteva da ben 28 anni, poi due anni dopo sono entrata a far parte del gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre che mi ha permesso di fare atletica da professionista. Quattro anni dopo ero lì. Da piccola però non avevo idea di dove sarei potuta arrivare, sono partita semplicemente con tanta voglia, energia e anche fortuna.”
Tra tutte le tue partecipazioni ad ogni tipo di manifestazione ed evento sportivo c’e una gara che ti ha appassionata di più e che ricordi in particolar modo?
“A livello giovanile è stato l’europeo U23, perché arrivavo da due quarti posti dal mondiale junior e dal precedente europeo, è stata davvero una liberazione prendere quella medaglia di bronzo. Medaglia presa tra l’altro in una gara di altissimo livello, in quanto avevo siglato un 18,22, misura con la quale sarei arrivata prima in qualunque altra edizione della manifestazione, mentre quell’anno ho beccato due tedesche sopra i 19,60m. A livello assoluto, record italiano a parte, un pezzo di cuore va ai campionati italiani assoluti di Padova nel 2007, lì gareggiavo in casa e la sensazione che puoi provare a lanciare nella tua città è unica. Poi sicuramente il bronzo assoluto agli europei di Helsinki, quello è stato il realizzarsi di tutto, è stato un pomeriggio…interessante.”
C’è mai stato un momento in cui hai pensato di poter mollare tutto?
“Ce ne sono stati, soprattutto dopo brutte prestazioni. Nell’inverno precedente al 2007 e ai grandi risultati, in seguito all’europeo di Birmingham, dove mi presentavo come reale concorrente al podio e dove poi non mi sono neanche qualificata, è stato un brutto periodo. Poi, raccolte le energie e ripensandoci bene, ho considerato l’idea di insistere, a quel punto lo sconforto è diventata rabbia che si è tramutata poi in metri. L’ultima delusione è arrivata quest’anno dopo aver mancato la presenza ai giochi olimpici di Rio, anche qui ho fatto mente locale e ho deciso di continuare e riprovare.”
Invece il tuo più bel ricordo?
“Gare a parte, l’ingresso allo Stadio Olimpico di Pechino è indimenticabile. Dopo sedici anni di attività mirati a quell’obiettivo mi ritrovavo in questo stadio con 91.000 persone attorno, Lavillenie e Bolt che gareggiavano mentre io mi qualificavo per la finale centrando la misura al primo lancio, è stato davvero indimenticabile.”
Ricordiamo che sei soprattutto la detentrice del record italiano assoluto con 19,15m, misura con cui hai scalzato Assunta Legnante, la prima italiana sopra i 19m. Come ci si sente ad essere la più forte italiana di sempre?
“Intanto bisogna dare atto ad Assunta che ha un personale di 19,20m, il record italiano indoor, mi va di ricordare questo. Poi è vero che ho il record italiano outdoor ma più che il 19,15m, fatto due volte, sono le volte che ho lanciato sopra i 19m a farmi sentire più in alto, ma è comunque una cosa che vado a spartire con Assunta, siamo entrambe le primatiste.”
Con tutte questa esperienza e il tuo carisma non senti il fardello e il peso della responsabilità di essere considerata una delle atlete da prendere come guida per gli altri della nazionale?
“Mancando l’appuntamento agli Europei non ho potuto essere il capitano, non è un segreto che ci sia rimasta male, ma credo che i ragazzi abbiano capito quanto fosse importante per me, questo è l’importante. Cerco sempre di essere d’esempio anche solo ricordandomi di vestire il materiale di rappresentanza della nazionale, cosa non semplice (ride).”
E’ un periodo in cui i lanci in Italia non spiccano a livello internazionale. Qual è il motivo di questo gap con gli altri paesi del nord magari?
“In altri paesi i lanci sono lo sport nazionale, è un dato di fatto, in Finlandia regalano i giavellotti ai bambini. Poi essendo un settore in cui per emergere servono tanta applicazione e fatica magari qualche grandissimo talento preferisce praticare altri sport che possono essere fin da subito più soddisfacenti. Il rugby per esempio sarebbe una fucina di lanciatori, soprattutto a livello femminile, so che che la nostra nazionale è una delle più forti del mondo, sicuramente molte di quelle atlete sarebbero ottime lanciatrici. Bisogna poi fare molta attenzione alla specializzazione precoce, è importante dirlo e inutile nasconderlo.”
E cosa diresti ad un giovane lanciatore che fa fatica a migliorarsi?
“E’ inutile dire falsità, è difficile. E’ importantissimo essere costanti, perché nella costanza ho trovato la possibilità di tirar fuori ogni tanto qualche bella gara. Se ti fai trovare sempre pronto è statisticamente provato che il risultato verrà, lì capirai che è bene insistere e avere la testa dura. E’ importante poi essere umili perché a livello giovanile le cose vanno in un modo, da assoluto in un altro.”
Ora una domanda divertente: c’è un’altra disciplina che avresti voluto provare?
“Considerando la mia grande amicizia con Simona La Mantia avevo deciso di darmi al triplo! Poi con Elisa Cusma avevamo deciso di sfidarci a chi totalizzava meno punti io negli 800m e lei nel lancio del peso, una cosa assurda, sarebbe veramente stata una sfida alla pari. Non abbiamo avuto il coraggio di farlo, ci siamo vergognate troppo…ecco, piuttosto avrei giocato a calcio.”
Che ricordi hai legati allo Stadio dei Marmi?
“L’ultimo che ho in mente è legato alla felicità del mio amico discobolo Federico Apolloni. Ricordo la felicità nei suoi occhi nel riscaldarsi qui in questo stadio al suo primo Golden Gala. Io poi ho partecipato a molti meeting e tappe della Diamond League, di stadi ne ho visti, ma nessuno è circondato da questo spettacolo, è davvero unico. Qui ho anche girato un film, Cento Metri Dal Paradiso, mi sono divertita tantissimo a fare l’attrice!”
Chi è che più di tutti ha lasciato un segno nella tua carriera?
“Il mio gruppo lanci, una grande famiglia che si è formata con amici storici, con i quali ho condiviso tutto, tra cui Silvia Salis, la persona con cui ho riso di più nella mia vita, poi Paolo Dal Soglio, Diego Fortuna, Agnese Maffeis, Claudia Coslovich, il grande Vizzo (Nicola Vizzoni n.d.r.), come anche i più giovani Federico Apolloni, Daniele Secci e Roberto Bertolini, lanciatori anche di una o due generazioni prima della mia ma che mi hanno dato davvero tanto, come atleti, capitani e amici. Sono gli unici che arrivati ad un certo punto possono davvero capirti e sostenerti in tutto quello che fai. I ringraziamenti più sentiti vanno al gruppo sportivo delle Fiamme azzurre, al mio allenatore storico Enzo Agostini e ai miei genitori, senza di loro tutto quello che ho fatto non avrebbe neanche avuto un inizio e ora non sarei qui con voi a parlarne.”
A cura di Lorenzo Minnozzi
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