Una storia al giorno
13 Agosto 201313 agosto. A Goteborg ’95 l’uomo dal braccio d’oro giunge più o meno a metà strada di una parabola di vita e di carriera alta quanto quella disegnata dal suo giavellotto: per Jan Zelezny è il giorno del secondo titolo mondiale, una pratica sbrigata senza troppi patemi, sfiorando i 90 metri e lasciando a quasi tre il britannico Steve Backley. Aveva già vinto a Stoccarda e, dopo un paio di colpi a vuoto per infortunio, avrebbe incamerato il terzo titolo a Edmonton. Soprattutto era il campione olimpico di Barcellona e si stava preparando a un’impresa che richiama un solo aggettivo – colossale – in un esercizio che speso ha meritato un altro aggettivo: aleatorio.
E così, se il ’95 stabilì il dominio del giovanotto nato a Mlada Boleslav nel ’66 sotto il segno dei gemelli, il ’96 gli recapitò la corona regia e imperiale: il 25 maggio, tre settimane prima del suo trentesimo compleanno, a Jena, si portò nei pressi dei 100 metri (98,48, media dei cinque lanci validi, 91,68) firmando il suo terzo record del mondo, tuttora imbattuto e con margine abissale – oltre cinque metri - su chi ha tentato invano di inseguirlo in quegli azzurri spazi.
Ad Atlanta Backley, eccellente agonista, provò ad impensierirlo sparando a 87,44 al primo lancio, Jan rispose con 88,16 e la gara non ebbe più scosse. A quel punto iniziò a pensare a un nuovo progetto che sfociò, appena finiti i Giochi, in un “provino” che chiese e ottenne per la squadra professionistica di Atlanta che al tempo giocava ancora nello stadio (successivamente abbattuto) vicino a quello Olimpico dove si è poi trasferita. E’ necessario dire che del braccio di Jan impressionò la potenza, non la precisione e la cosa finì lì.
A quel punto il ceko si pose un nuovo obiettivo: diventare il primo della storia a conquistare tre ori olimpici, nel suo caso consecutivi. L’impresa gli riuscì il 28 agosto 2000 a Sydney e ancora una volta fu Backley il più convinto nel tentativo di sbarrargli il passo sparando a 89,85. Jan, pieno di quella carica che i finlandesi chiamavano sisu, era impaziente di rispondere alla botta del britannico ma venne frenato dalla premiazione dei 100 femminili, un momento che indagini successive avrebbero dimostrato ben poco sacro. Quando gli finalmente data via libera, le velleità del massiccio Steve vennero debellate dal 90,17 che risultò decisiva per la gara e per la storia a cinque cerchi.
Giorgio Cimbrico
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