Una storia al giorno
09 Novembre 20139 novembre. La sera di 24 anni fa il Muro iniziò a sgretolarsi e uno dei primi ad accorrere fu Mstislav Rostropovich, primatista mondiale nel lanciare le note del suo antico violoncello Amati nel cielo sopra Berlino: le razionali danze di Bach divennero il primo strumento di riunificazione. Difficile trovare una città che unita, rasa al suolo, divisa, riunita abbia dato tanto all’atletica. Oggi l’etichetta ancor fresca e di gran pregio è quella stampata nel 2009: la miglior annata di Usain Bolt ebbe vendemmia nell’Olympiastadion, 9”58 e 19”19 e altro non può esser detto, a meno di scendere sull’asfalto per rinvenire i prodigi scritti nella maratona che ha scelto di concludersi poco oltre la Porta di Brandeburgo, nei pressi del memoriale dei carristi dell’Armata Rossa. La prima discesa sotto le 2h04’ di Gebre ha scatenato i kenyani e dato linfa all’interminabile derby dell’Africa Orientale. Ora sono 123’ a esser minacciati.
E’ rovistando nello spazio-tempo che può esser rinvenuto un patrimonio degno delle collezione dell’Alte Museum, di Pergamum, della Neue Pinakotek. I record berlinesi partono da un passato lontano: uno dei primi, firmato da Otto Pelzer, giunge in fondo a una sfida, che oggi i giornali definirebbero stellare, tra i maggiori interpreti del miglio metrico: terzo, tanto per dire, finì Paavo Nurmi. Quel che avvenne dieci anni dopo, ai Giochi del ’36 (Owens, Long, Kitei Son, i “canguri” giapponesi, lo scultoreo Stock, Ondina Valla) è tanto noto che, per una volta, può esser tralasciato.
Il problematico dopoguerra è una storia di ponti aerei, di divisioni, di fughe, di una cortina di Ferro – la definizione è di Winston Churchill - che a a Berlino aveva spina dorsale. Il match tra Germania Est e Urss del ’61, possiede aspetti emblematici: Hildrun Claus diventa uno dei primi astri della Ddr: record mondiale, anche se soltanto terza, nella gara ventosa per le lunghiste sovietiche ospiti d’onore. Sono i primi raggi del sole nascente della Ddr: I record stordenti allo Friedrich Ludwig Jahn Sportpark e al Dynamo Sportforum sarebbero diventati acuminati vertici.
C’è l’imbarazzo della scelta pescando nel mazzo: la prima che viene fuori è una Regina, Rosemarie, fraulein Witschas, poi frau Ackermann, appassionata d fotografia, capace di fornire un primo saggio delle sue capacità di elevazione nell’agosto del ’74, di disegnare il capolavoro tre anni dopo, scegliendo come sede l’Olympiastadion, dall’altra parte: sette salti validi, senza un fallo, per due record mondali, prima 1,97, poi 2,00. Altre date, altri prodigi su cui sono calate ombre. 20 luglio 1984: il giavellotto di Uwe Hohen diventa aliante e quando atterra va a piantarsi a 104,80 dalla linea bianca che delimita la pedana e Lyudmila Andonova non si ferma sino a 2,07 e solo 2.10 le è fatale. 22 settembre 1985: Heike Drechsler Sabine Busch e Ulf Timmermann assestano scosse telluriche: 7,44, 53”55, 22,62 sono le cifre di un pomeriggio che odora forte di storia. Uno dei tanti, a Berlino, tra canali e parchi, vecchi ricordi spaventosi e quelle Allemande e Gighe che ancora navigano nell’aria attorno a quel poco che rimane del Muro.
Giorgio Cimbrico
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