Una storia al giorno

05 Gennaio 2014

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

5 gennaio. I muri degli anglosassoni non sono i nostri. Quando nel 1912 George Horine scavalcò 2,00, i giornali americani scrissero che un uomo aveva superato 6 piedi e 7 pollici: non fa la stessa impressione. E così oggi, a dieci anni dalla scomparsa, è il caso di ricordare tutti assieme Charles Dumas, originario di Tulsa, Oklahoma e venuto al mondo quando molti abitanti di quello stato ne fuggivano, incalzati da terribili tempeste di polvere. Fu il primo a superare 7 piedi (2,15) e così destinato a transitare tra gli esploratori di nuovi confini, di limiti umani che finiscono spesso in oziosi e ridicoli dibattiti.

Che l’uomo stesse salendo sempre più in alto, era diventato evidente in piena guerra quando, nel ’41, Lester Steers si era portato a 6 piedi e 11 pollici (2,11) e aveva scavalcato i 7 piedi in un’esibizione che mai ottenne riconoscimento. Poi, per dodici anni, nulla, sino a quel mezzo pollice strappato da Walt Davis, campione olimpico in carica, ai campionati americani ospitati in quel 1953 da Dayton, Ohio.

Per Charlie e per l’atletica il giorno dei giorni venne il 29 giugno 1956, tre anni dopo, al Coliseum di Los Angeles, sede dei Trials di qualificazione ai Giochi di Melbourne: Dumas aveva 19 anni e, a parte un tentennamento a 2,07, offrì una perfezione che in dieci tentativi lo portò a superare i 7 piedi e una frazione di pollice che gli assicurarono un posto nella storia. La misurazione e la messa a libro furono in realtà piuttosto complesse: in un primo tempo la misura fu convertita in 2,1495, poi in 2,1463, ma in ogni caso la federazione americana, al momento di richieder l’omologazione, optò per scrivere 2,15 sul modulo da inoltrare alla IAAF.

Cinque mesi dopo Dumas era una delle grandi stelle dei primi Giochi australi attirando fotografi e telecamere ma deludendo questi primi avidi media: le sue sedute di allenamento si risolvevano in qualche esercizio di scioglimento e qualche salto. In gara venne costretto a subire gli adrenalinici assalti di Charles Porter, detto Chilla, che gareggiava in casa e si migliorò di cinque centimetri salendo sino a 2,10. Non abbastanza per insidiare sino in fondo Dumas che con il suo straddle si liberò di 2,12, record olimpico migliorato di otto centimetri, diventando l’undicesimo americano a conquistare una medaglia d’oro che negli anni a venire sarebbe stata assai più problematica per i saltatori dello zio Sam.

Giorgio Cimbrico

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