Una storia al giorno

11 Gennaio 2014

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

11 gennaio. L’atleta di Dio oggi compie 66 anni, con la sua bella voce non mancherà di cantare inni nella chiesa di Tulsa, Oklahoma, e finirà per ricordare quei suoi giorni di gloria per cui non ha mai smesso di ringraziare il Signore. Ma in quella trama, a vantaggio di Madeline Manning, ebbero la loro parte anche i nervi tesi, troppo tesi, di Vera Nikolic.

Mexico ’68, i Giochi più alti della storia: è la jugoslava, primatista del mondo con 2’00”5 (né l’1’58”1, né l’1’58”0, entrambi firmati dalla sospetta nordcoreana Sin Kim Dam andarono mai a libro), la favorita degli 800, ma in semifinale finisce diritta nelle tenebre: dopo 300 metri esce di pista, lascia lo stadio e nasce persino la voce che si diriga verso un ponte con l’idea di suicidarsi. Fermata in tempo dal suo proccupatissimo allenatore. A quel tempo non veniva ancora usata come oggi, ossessivamente, la parola pressione, ma proprio quella finì per subire l’atleta serba.

Madeline vinse quella semifinale e due giorni dopo diventò campionessa olimpica con un margine che venne stimato tra gli otto e i dieci metri, chiudendo in 2’00”9, a quattro decimi dal record del mondo, non andando lontana da quando aveva saputo fare Ralph Doubell che, all’alta quota dei 2200 metri, con 1’44”3 aveva pareggiato il mondiale di Peter Snell. La prima discesa, piuttosto violenta, sotto i 2’ sarebbe venuta tre anni dopo quando la tedesca ovest Hildegard Falck divorò il mezzo miglio in 1’58”5. 

Nata in uno stato che ha regalato molti campioni, l’Ohio (uno per tutti? Edwin Moses), la signorina Manning stava facendo i suoi studi all’Università del Tennessee, famosa per la squadra femminile di atletica: delle Tigerbelles aveva fatto parte anche Wilma Rudolph, la regina di Roma ’60.

Una delle più olimpiche della storia: dopo l’oro messicano, vennero il bronzo nella 4x400 a Monaco di Baviera, un biglietto strappato per Montreal e uno non utilizzato per la boicottata Mosca. Poi, da Seul a Pechino, una raffica di presenze come “cappellana” della squadra americana, nel segno di una fede profonda, manifestata anche davanti al microfono. Un suo disco di gospel ebbe un successo così vasto da guadagnarle l’ingresso nella Hall of Fame musicale dell’Oklahoma. Capitò nel 2005, vent’anni dopo esser stata ammessa in un’altra Casa della Gloria, quella dell’atletica americana.

Giorgio Cimbrico

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