Una storia al giorno
13 Gennaio 201413 gennaio. Ventitré anni fa andammo nell’Ontario perché il periodo di punizione era finito e il Grande Peccatore tornava a mordere una pista: il comeback di Ben Johnson poteva assomigliare a un sequel di Rocky, poteva rappresentare la fine di un’espiazione, la nascita di un mondo nuovo. In ogni caso, era una storia che meritava di esser narrata. Oggi è probabile – anzi, certo – che sarebbe seguita non di persona ma attraverso Facebook e/o Twitter. Ma queste sono considerazioni di uno che invecchiando e tutto sommato non ne è atterrito.
E così, dicevo, sfidammo il gennaio canadese e constatammo di aver avuto fortuna perché l‘Ontario è di gran lunga il territorio meno sferzato dai freddi artici (a Montreal i – 30 erano e sono abituali) e solo il breve viaggio tra Toronto e Hamilton, al fianco di Gianni Merlo, ebbe qualche risvolto avventuroso perché, esattamente all’ora annunciata, la tempesta si levò violenta e quando arrivammo alla meta la cittadina era irriconoscibile, sepolta sotto mezzo metro di neve, con manto in aumento. Altri vecchi colleghi e amici partirono dopo di noi e durarono fatica ad arrivare: cinquanta chilometri in sei ore, non male.
Prima del meeting il comune di Hamilton offrì un aperitivo. Erano tutti molto gentili e stupiti. “Sapete, di solito viene qualche giornalista da Toronto e un paio dagli Stati uniti che sono qua dietro l’angolo. Ma quest’anno siete 250”. Agli Spectator Games c’era ovviamente anche più pubblico di solito, 17.000 spettatori, a occhio un sesto della popolazione della città, che è zona di reclutamento delle truppe scozzesi che allietarono l’ouverture con cornamuse e tamburi. Ben era stato la gloria del Canada, era stato scaricato (il giamaicano, lo chiamarono i giornali dopo la positività più esplosiva della storia) e ora tentava di esser nuovamente accettato nella tribù della Foglia d’Acero. La gara fu un lampo (la corsetta in Canadà, la ribattezzò qualcuno) e Big Ben le prese di due centesimi (5”75 a 5”77) da Daron Council che, oltre che sprinter, era anche agente dell’Fbi (battute a non finire: Johnson sorvegliato speciale anche in pista?) e che, sottoposto al nefasto influsso del Lucifero del nostro tempo, di lì a poco finì nei guai durante l’indagine su un traffico di droga a New Orleans.
Per via del fuso, una volta tanto si lavorò con calma: Johnson, deluso ma non troppo, faceva roteare quei suoi occhi a palla e ogni tanto incespicava su qualche consonante insidiosa. Era sicuro di poter tornare quello che era stato o quello che non era mai stato. Dipende dalle visuali. Sei mesi dopo, altro viaggio per vederlo all’opera, nella supersfida su nove corsie messa in scena a Villeneuve d’Ascq la sera del trentesimo compleanno di Carl Lewis (coro in suo onore), un 1° luglio di pioggia fitta e con temperatura autunnale. Vinse Dennis Mitchell. Carl settimo e Ben nono. Due anni dopo lo beccarono ancora e fu squalificato a vita. Recentemente ha tirato di nuovo fuori la teoria del complotto.
Giorgio Cimbrico
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