Silvano Chesani: ''Indoor che passione!''
16 Gennaio 2017Il vicecampione europeo al coperto, che ha appena concluso uno stage di allenamento a Tenerife, esordirà sabato a Hirson, in Francia.
di Anna Chiara Spigarolo
È uno dei tre moschettieri dell’alto azzurro. Silvano Chesani, 28enne trentino delle Fiamme Oro trapiantato a Modena, è appena rientrato in Italia dopo tre settimane di raduno a Tenerife (Spagna) in compagnia dell’altra altista Desiree Rossit, finalista a Rio, del lunghista Marcel Lamont Jacobs e di Paolo Camossi nelle vesti di tecnico. Ex hockeista su ghiaccio, ex pallavolista, ex triplista, in estate è stato l’unico saltatore in alto italiano ad arrivare a Rio dopo gli infortuni di Gianmarco Tamberi e Marco Fassinotti. Un 2,22 in qualificazione arrivato al termine di una stagione travagliata ha messo fine però al suo sogno a cinque cerchi.
“È stato un anno faticosissimo dal punto di vista nervoso – racconta Chesani, che a casa, in Trentino, ha appena trovato la neve - Aperto con un 2,23 a Padova, che ha rotto il digiuno agonistico a 300 giorni dall’operazione al tendine d’Achille destro. Poi Banska, Trinec e Hustopece, i classici tre appuntamenti invernali di noi altisti, chiusi con un bel 2,30. Da lì sono iniziati i problemi, fra cui un edema osseo alla caviglia di stacco, tanto che all’aperto ho gareggiato solo a fine luglio. Ammetto che, dopo un 2016 così stressante – tra l’infortunio, il recupero, l’ansia di non arrivare preparato alle Olimpiadi – ero tentato di prendermi più tempo e bipassare la stagione al coperto. Che però, così concentrata in poche settimane, è quella che mi piace di più. Agli EuroIndoor di Belgrado, da vicecampione in carica, non voglio mancare”.
Se il 2016 era iniziato in Sudafrica, in tandem con Gianmarco Tamberi, il 2017 è partito in mezzo all’Atlantico, dall’isola di Tenerife. “È stato un raduno super utile, mi è piaciuto forse più di Potchefstroom. In entrambi i casi ero senza il mio allenatore, Giuliano Corradi, e provare nuovi approcci è sempre vantaggioso. Con Marco Tamberi, che porta avanti un’idea di alto completamente diversa dalla nostra, era stato come cambiare punto di vista tecnico, guardare il mio salto da un altro punto di vista. Quest’anno con Paolo Camossi invece ho sviscerato, ovviamente, i balzi: lavorare con un esperto come lui, campione mondiale di triplo, è stato più che prezioso. Con Giuliano ogni anno cerchiamo di cambiare qualcosa, quest’anno sono tornato a lavorare tanto sulla forza e sulla quantità di balzi. Ho iniziato a staccare solo a dicembre, cerco di moderare gli stress alla caviglia”.
In raduno ti sono mancate le sfide con Gimbo con le macchinine telecomandate? “Abbastanza, questa volta non ho portato nemmeno la playstation! Il massimo ‘sballo’ che ci siamo permessi con Marcel e Desiree sono stati i tornei di… burraco. Confesso di essere un patito dei giochi di carte, e l’isolamento del raduno aiuta… In tre settimane di allenamento siamo usciti tre volte, e una era a capodanno”.
Quando gareggi? “Sabato esordisco al meeting d’Hirson, in Francia. Poi tornerò a Banská Bystrica, l’8 febbraio, e salterò ai Campionati Italiani Assoluti di Ancona. Se sarò competitivo, andrò a Belgrado a difendere il mio argento”.
Ti consideri uno specialista delle indoor? “Mi divertono, e il secondo posto a Praga è stato uno dei momenti più belli della mia carriera. All’aperto, per un motivo o per l’altro, però da tre anni praticamente non riesco a saltare. Nel 2014 non ho mai gareggiato, nel 2015 dopo gli EuroIndoor mi sono dovuto operare e ho perso l’intera stagione outdoor, nel 2016 dopo i 2,30 a Hustopeče a febbraio ho passato la primavera e l’estate ad inseguire una forma decente. Quello olimpico è stato un anno davvero difficile.
Quali obiettivi per il 2017? “Ora sono in una fase altalenante, sto bene fisicamente ma sono instabile tecnicamente. Gareggiare mi servirà proprio a questo. Tra Ancona e Belgrado mi piacerebbe mettere al sicuro i 2,30 del minimo per i Mondiali di Londra, la manifestazione che è l’obiettivo dell’anno”.
Come ti sei trovato ad allenare, pro tempore, Desiree Rossit? “A Tenerife le ho fatto da tecnico, seguendola in base alle indicazioni di Gianfranco Chessa. È stato molto divertente, anche perché, quando deciderò di smettere di fare l’atleta, vorrei fare l’allenatore. Attenzione però… almeno fino a Tokyo 2020 non ne voglio sentir parlare!”.
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